20 anni di Cva: «investimenti per 600 milioni in cinque anni e potenziamento della rete elettrica»
Celebrato online l'anniversario della Compagnia Valdostana delle Acque
Un tesoretto da 600 milioni di euro di investimento nei prossimi cinque anni, la volontà di cavalcare la transizione energetica e l’idea di potenziare anche la rete elettrica sul territorio, sia questa di uso domestico oppure “viario”. Sono i punti cardine emersi dalla celebrazione in streaming dei 20 anni di Cva, organizzata per ricordare il lontano 1° giugno del 2001, giorno dell’acquisizione da parte della Regione degli impianti Enel.
L’evento
E per farlo la Compagnia valdostana delle acque ha chiamato a “rapporto” non solo le “guide” attuali, il presidente Marco Cantamessa e l’amministratore delegato Enrico De Girolamo, ma anche due personaggi politici che all’epoca ci misero più di uno zampino per rendere possibile questo evento: l’allora deputato Luciano Caveri e il presidente della Regione Dino Viérin.
Il presidente
Ad aprire le danze il presidente di Cva, che ha ricordato come «il ventennale è un appuntamento importante» ha detto Marco Cantamessa, sottolineando come la «decisione strategica della Regione di acquisire gli impianti dell’Enel» abbia portato alla creazione di «una vera e propria azienda, in grado di produrre, vendere e distribuire l’energia, attuando le iniziative strategiche che ci accompagneranno in questi anni venti del secolo».
Ricordato come dopo «dieci anni di consolidamento» e i secondi dieci che hanno visto l’ingresso di Cva «nella distribuzione elettrica», ma anche l’uscita dai «confini della Valle» e dell’energia esclusivamente idroelettrica, Cantamessa ha evidenziato come l’azienda sia «uno dei maggiori produttori italiani di energia da fonti rinnovabili», pronta a una «rivoluzione energetica paragonabile a quella di cento anni fa, quando nacque questo settore».
E visto che il futuro «va verso le rinnovabili, la nostra competenza core» Cantamessa ha concluso ponendo l’accento sull’impegno legato a «nuove tecnologie come idrogeno verde e la produzione», nelle quali si punta a «essere leader come avvenuto in questi primi vent’anni».
L’amministratore delegato
A scendere nei dettagli “operativi” ci ha pensato l’ad Enrico De Girolamo, evidenziando la «maturità raggiunta dal nostro gruppo», sia come presenza sul mercato che come «competenze acquisite dalle nostre risorse umane».
De Girolamo punta il dito sul «nostro piano industriale, ambizioso e coerente con gli obiettivi europei in termini di sviluppo sostenibile e lotta al cambiamento climatico» e ne evidenzia i tratti salienti, a cominciare dai «600 milioni» di investimenti «nei prossimi cinque anni», fino ad arrivare ai sei obiettivi.
In prima fila, De Girolamo pone l’esigenza di «rafforzare la struttura operativa per essere pronti alle gare per il rinnovo delle concessioni». A questo si va ad aggiungere la volontà di «intensificare la diversificazione, cosviluppando e realizzando oltre 400 megawatt» in tutta Italia, provenienti da «fotovoltaico ed eolico».
Sottolineata la volontà di «potenziare la business unit dell’efficienza energetica», l’amministratore delegato ha ricordato anche il lavoro di «Deval, impegnata in investimenti sulla rete elettrica» al fine di renderla «resiliente, meno impattante dal punto di vista ambientale e adatta ai futuri scenari di mercato».
Il quinto obiettivo chiama in causa «Cva Energie, impegnata a implementare il nuovo piano commerciale, volto a trasformarci da venditore di commodity a erogatore di servizi a valore aggiunto», mentre il sesto si concentra sull’innovazione, al fine di far partire «i progetti pilota per le comunità energetiche locali, la produzione di idrogeno verde e l’incremento dell’infrastruttura di ricarica per la mobilità elettrica».
L’ex deputato
Tra gli artefici della svolta del 2001, come detto, c’è stato l’assessore regionale con delega alle Partecipate, Luciano Caveri.
L’allora deputato ha sottolineato come il suo mandato, soprattutto dopo la «delusione di inizio anni ’60», che aveva visto la Corte Costituzionale «confermare il principio della nazionalizzazione dell’energia», che di fatto aveva fatto perdere «poteri e prerogative alla Valle d’Aosta», fosse quello di «stare all’erta su modificazione del contesto giuridico».
L’occasione si presentò con «il principio di liberalizzazione dell’energia elettrica» che apparì dalle norme comunitarie, e fece pensare all’inizio dell’iter per «smontare il macchinone Enel».
Serviva uno «strumento giuridico adatto» e questi si presentarono nel 1995 e poi nel 1999 con «la legge per il Mercato interno dell’energia elettrica».
Da qui si sono costruite le basi, rafforzate con le interlocuzioni avute dallo stesso Caveri con l’allora ministro dell’Industria Pier Luigi Bersani «cui raccontai le speranze di tornare a gestire il settore idroelettrico», nonché l’interesse dell’Enel, «che voleva dimostrare di non essere più monopolista».
Insomma, è la conclusione di Luciano Caveri, «immodestamente gettai alcuni semi – ha chiuso -, poi altri si occuparono della crescita della pianta».
L’ex presidente della Regione
A firmare materialmente il passaggio fu l’allora presidente della Regione, Dino Viérin, che ha ricordato come nel 2001 «la Valle d’Aosta acquisì il ramo Enel – ha raccontato -. Per 375 milioni di euro» arrivò il «100% del ramo produzione, 25 impianti – ha spiegato Viérin -. Stanti esistenti limiti normativi, per 19 milioni acquisimmo il 49% della distribuzione, mentre il 51% fu acquisito nel 2011 per 37.2 milioni di euro».
Le idee, alla base, fondamentalmente, erano quattro e riguardavano la volontà di «di avere la piena titolarità delle acque in mano pubblica», «mantenere la presenza e l’unitarietà del comparto elettrico in Valle d’Aosta», così da garantire «livelli occupazionali e un’unica politica idrica», nonché rafforzare l’autonomia finanziaria della Regione.
«Questo – ha rivelato Dino Viérin -, ci permise di aumentare le nostre risorse a bilancio, superando la logica della finanza derivata» e sostanzialmente anticipando il venir meno del «versamento compensativo legato alla soppressione dell’Iva da importazione».
Infine, ci fu anche la possibilità di garantire «una politica tariffaria a favore di imprese e famiglie».
L’ex presidente ha trovato anche spazio per due aneddoti.
Il primo ha riguardato il mezzo ripensamento dell’allora presidente del Consiglio Massimo D’Alema, che dopo il mezzo “tonfo” in borsa di Enel una volta uscita la notizia, provò a convincere l’ad Franco Tatò a ripensarci, ma lui ormai «era in viaggio, non annullò» e, dopo una cena, «decidemmo».
L’altro riguarda l’emissione di un bond sui mercati internazionali.
«Ebbe grande successo – ha concluso Viérin -, tanto che il giorno dopo vennero a offrirci il doppio del prezzo a cui avevamo acquistato il ramo d’azienda». E ha chiosato. «L’abbiamo pagata due volte, abbiamo fatto sacrifici, facciamo in modo che rimanga ad aeternum di proprietà dei valdostani».
La storia
Ma com’è nata Cva? Partita occupandosi principalmente di gestione e manutenzione degli impianti idroelettrici in Valle d’Aosta, la Compagnia Valdostana delle Acque è oggi un’azienda in crescita, un marchio forte in Valle d’Aosta, presente anche fuori dai confini regionali e che guarda al futuro volendo cogliere le sfide che lo sviluppo sostenibile e il cambiamento climatico impongono.
Fatturato e dipendenti
Alcuni dati fotografano bene lo sviluppo della società nel corso dei primi vent’anni di vita: dai 270 dipendenti contrattualizzati il 31 dicembre 2001, l’azienda, anche a seguito delle acquisizioni di Vallenergie e Deval, può contare a fine 2019 su un numero di lavoratori più che raddoppiato, 605 in totale, inclusi gli interinali.
Ancor più considerevole il dato relativo al fatturato: il valore della produzione nel 2002 (nel 2001 CVA fu operativa solo per 7 mesi) era di 149,4 milioni di euro, mentre lo stesso dato – riferito in questo caso al gruppo consolidato – è di 805,4 milioni, con un utile netto di 75,1 milioni.
Le tappe
Ma facciamo un passo indietro. La CVA muove i primi passi già nel 1995, quando la Regione acquisisce dalla Cogne Acciai Speciali Ilva Centrali Elettriche, la società proprietaria degli impianti idroelettrici di Verrès, Champagne e Lillaz.
Ilva viene rinominata e appare per la prima volta, appunto, il nome della Compagnia Valdostana delle Acque. Due anni dopo viene trasferita alla CVA anche la centrale idroelettrica di Issime.
La svolta
Nel 2001, la svolta. Tramite la Finaosta, la Regione acquista da Enel il 100% del capitale di Geval, a cui erano stati conferiti 26 impianti idroelettrici, 25 in Valle e uno in Piemonte.
Sempre nel 2001 vede la luce CVA Trading la controllata a cui è stata affidata l’attività di vendita ed energy management.
Un altro momento di crescita si verifica tra il 2009 e il 2013, quando CVA inizia l’espansione nei settori dell’energia rinnovabile, in particolare nell’eolico e nel fotovoltaico, acquisendo partecipazioni in società e procedendo alla realizzazione tramite le proprie controllate di impianti in Valle d’Aosta.
È il periodo che vede la società espandersi anche in altre parti d’Italia, in un percorso che continuerà anche negli anni seguenti.
Lo scorso anno, per ovviare alle limitazioni della Legge Madia, che rende complesse le attività di sviluppo come acquisizione di nuovi impianti e l’ingresso in settori complementari, l’azienda gioca un’altra carta.
Tramite la controllata CVA EOS, infatti, ha stipulato accordi di co-sviluppo per la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici che hanno permesso un risparmio di 340.000 tonnellate di CO2 in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Sicilia e Sardegna.
I presidenti
Al vertice della società, nel corso di questi vent’anni, si sono succeduti quattro presidenti: Francesco Guerrieri (dal 2001 al 2006), Augusto Rollandin (2006-2008), Riccardo Trisoldi (2008-2017) e l’attuale presidente Marco Cantamessa. Fino al 2016 il presidente aveva il ruolo anche di amministratore delegato, in seguito l’ad è diventato Enrico De Girolamo.
(alessandro bianchet)
(thomas piccot)