Geenna, parla Giachino: «Con Renzo Testolin ottimi rapporti ma non ho mai fatto campagna elettorale»
Il dipendente del Casinò è imputato per 416 bis e, in aula, ha spiegato: «Al massimo ho dato il mio voto e quello dei miei famigliari»
Marco Fabrizio Di Donato (condannato in abbreviato a Torino e presunto vertice della consorteria criminale) «mi parlò di organizzazioni criminali in generale. Parlando di droga diceva che spacciare era un reato odioso e l’unico che poteva sembrare meno grave erano le truffe. Parlando di organizzazioni criminali mi disse che in Valle d’Aosta non c’è la ‘ndrangheta. Aggiunse anche che qui se trovavano un valdostano che aveva commesso degli illeciti non veniva trattato come un calabrese». E’ quanto ha riferito in aula Alessandro Giachino, dipendente del Casinò di Saint-Vincent imputato per associazione a delinquere di stampo mafioso nel processo Geenna.
Rispondendo alle domande del pubblico ministero Valerio Longi, Giachino ha spiegato che «Marco Di Donato per me era una brava persona, ma ogni tanto faceva delle banfate. Era un gran lavoratore e io non ho mai avuto sentore che potesse commettere illeciti o far parte di qualche associazione». Eppure, la pubblica accusa ha letto in aula alcune intercettazioni in cui i protagonisti erano Marco Di Donato e suo fratello Roberto Alex. Quest’ultimo, in una telefonata, aveva riferito di voler aggredire fisicamente una parente di una persona con cui aveva avuto da ridire. Per quanto riguarda Marco Fabrizio, invece, in un’ambientale «si vantava dei lestofanti conosciuti in carcere e dei suoi parenti, anche latitanti – ha riassunto Longi -. Secondo lei Giachino, aveva voltato pagina?». E Giachino ha ribadito: «Non mi ha mai chiesto di commettere reati e io non ne ho mai commessi. L’ambientale è brutto, ma lui faceva un po’ il banfone. A me sembrava che c’erano tante chiacchiere e pochi fatti. Tra gli imputati c’era chi si atteggiava ma poi in realtà…».
«Ma visto che lei non era un delinquente, non ha precedenti, perché non è scappato a gambe levate da quell’ambiente? Si parla di delinquenti che si vantano di esserlo. C’è qualcosa che non torna», ha incalzato il pm. «Per prima cosa non è che non ero un delinquente, io non sono un delinquente – ha replicato l’imputato -. Marco Di Donato dopo aver pagato debiti con la giustizia era un gran lavoratore e un ottimo padre di famiglia. Io non ero preoccupato».
Secondo quanto riferito dall’imputato, comunque, «fu Nicola Prettico (anche lui imputato nel processo ndr) a presentarmi Marco Di Donato. Prima di conoscerlo non sapevo dei suoi precedenti penali. L’ho saputo dopo che me lo ha detto lui. Una volta, ero a pranzo da lui, ed è arrivato Bruno Nirta (presunto boss condannato in abbreviato a Torino ndr) con Francesco Mammoliti (anche lui condannato a Torino ndr). Ci siamo presentati e abbiamo parlato del più e del meno, ma non di associazioni o di reati».
Il taglio della coda
Riguardo al presunto “taglio della coda” (cioè il rito di affiliazione alla ’ndrangheta), Giachino ha riferito: «Ho letto l’intercettazione in cui Marco Di Donato ne parla con Prettico. Stavano scherzando e, tra l’altro, io ero presento ma entravo e uscivo dalla cucina. Quindi non ho sentito quella frase. Io non sapevo cosa volesse dire, quindi se avessi sentito avrei chiesto spiegazioni visto che si parlava di me».
Laurent Viérin «un mio grande amico»
Giachino ha poi parlato dei suoi rapporti con alcuni politici valdostani. «Laurent Viérin (ex assessore dimessosi perché indagato in Egomnia, l’inchiesta “costola” di Geenna ndr) lo conosco, è un mio grande amico. Abbiamo tre anni di differenza e ci conosciamo da quando siamo ragazzini. Si parla quindi di 30 anni di conoscenza, non di un’amicizia nata per le elezioni e per uno scambio di voti. Capitava spesso che con Laurent ci vedevamo per aperitivi e qualche cena».
Con Renzo Testolin «sempre ottimi rapporti»
L’imputato ha poi parlato del suo rapporto con l’attuale presidente della Regione Renzo Testolin: «Siamo amici perché è un mio vicino di casa e mi ha visto crescere. Abbiamo sempre avuto ottimi rapporti. So, anche se sono detenuto, che la sua famiglia ha chiesto ai miei come stessi dopo l’arresto.
Con Luca Bianchi (ex consigliere indagato in Egomnia ndr) l’amicizia è nata perché si parla di 20 di lavoro al Casinò. In campagna elettorale non mi sono mai interessato perché non mi sono mai candidato. Al massimo ho dato il mio voto e quello della mia famiglia, un aiuto ai miei amici. Parlo di miei amici, non di Di Donato o di Raso. L’unico che ha avuto un incontro con loro è stato Roberto Alex», il quale ha incontrato l’allora presidente Laurent Viérin.
(f.d.)