Geenna, parla Antonio Raso: «La ‘ndrangheta è la cosa più schifosa che esista»
Al ristorante La Rotonda, secondo l'imputato «si parlava di politica da bar. Venivano tutti a chiedere un sostegno»
Geenna, parla Antonio Raso: «La ‘ndrangheta è la cosa più schifosa che esista».
«La ‘ndrangheta, per quello che ho visto anche in questo periodo (in carcere ndr), è la cosa più schifosa che esista. Lo posso dire con il senno di oggi, fino a due anni fa non lo sapevo». Così il ristoratore Antonio Raso, imputato per associazione mafiosa, sentito durante il processo Geenna ad Aosta. L’imputato, rispondendo a una domanda del presidente del Tribunale Eugenio Gramola, ha detto: «Io non sono affiliato alla ‘ndrangheta. Sono stato affiliato solo alla massoneria».
Precisando più volte che «io conosco tutti e tutti conoscono me perché Aosta è così», Raso ha raccontato in aula la sua vita dopo il trasferimento da San Giorgio Morgeto (Calabria) nella regione alpina. «Sono arrivato in Valle nel 1987 – ha riferito il ristoratore rispondendo alle domande del pm della DDA di Torino Valerio Longi -. Ho iniziato a lavorare da mio cugino alla Rotonda. Io in Calabria facevo in cameriere. Poi ho lavorato in un panificio e anche al ristorante».
Dopo aver fatto il militare, Raso poi «mi attivai perché volevo trovare un bar da gestire io. Devo dire che adesso sono a Opera (il carcere lombardo in cui è detenuto dal 23 gennaio 2019 ndr), ma lavorare in un ristorante non è tanto diverso perché non esci mai – ha sdrammatizzato l’imputato -. Poi ho lavorato per nove anni come manovale, mentre il sabato e la domenica lavoravo al ristorante». Poi, a causa di un tragico incidente d’auto, perse la vita il cugino di Raso, che era il titolare della Rotonda. Dopo alcune vicissitudini, nel 2006 Raso fondò una snc e iniziò a occuparsi in prima persona del ristorante».
Politica al ristorante
«Nel suo ristorante si parlava di politica?», ha chiesto il pubblico ministero. Risposta di Raso: «Sì, politica da ristorante o da bar. Da me venivano tutti. Venivano a mangiare, poi però non erano lì solo per chiedere la milanese, mi chiedevano se qualcuno poteva dare una mano per le elezioni. Io mi prestavo a tutti, anche perché avevo il ristorante. Parlavo di voti». E promesse elettorali ne avrebbe fatte «a tutti». «Ma era necessario promettere qualcosa a qualcuno?», ha incalzato Longi. «Loro (i politici ndr) promettevano mare e monti, io perché non dovevo promettere?».
Oltre che per Marco Sorbara (imputato di concorso esterno) «questo discorso» il ristoratore lo avrebbe fatto «anche per Zucchi, Ego Perron e un’avvocato della Lega…Paolo Sammaritani. Io però non ero di nessun partito». Raso ha poi aggiunto: «Al ristorante venivano tutti, dal MoVimento 5 stelle a Forza Italia. Ringraziando Dio lavoro ce n’era».
Contattato telefonicamente, Sammaritani ha precisato: «Non ho mai chiesto voti e non ho mai fatto promesse a nessuno, tantomeno al signor Raso».
L’incontro con Centoz
E nell’aprile 2015, in piena campagna elettorale, anche l’allora candidato sindaco di Aosta Fulvio Centoz si era recato, insieme a Salvatore Addario (presidente di Cna Valle d’Aosta e cugino di Raso) nel ristorante La Rotonda.
Centoz parlò con Raso e « chiese di votare tre persone». Un candidato però era una donna e «io risposi che non voto le quote rosa», ha precisato Raso.
(f.d.)