Corruzione a Oyace, il sindaco intercettato: «Sono anni che manovriamo»
Il primo cittadino Remo Domaine e l'imprenditore Flavio Petitjacques sono finiti ai domiciliari; l'accusa è di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio
Corruzione a Oyace, il sindaco intercettato: «Sono anni che manovriamo».
«Sai cosa fa ridere? Una cosa…che sono anni che manovriamo. Adesso che siamo arrivati alla fine…adesso abbiamo il permesso di fare la centrale…finita la purga». E’ il 3 febbraio di quest’anno e il sindaco di Oyace Remo Domaine, finito ai domiciliari lunedì 8 giugno, parla al telefono con l’imprenditore Flavio Petitjacques, anche lui raggiunto da una misura cautelare. Non sanno che la loro telefonata è intercettata.
I due sono indagati per corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio (il primo cittadino di Oyace anche per falso in atto pubblico).
La vicenda riguarda la realizzazione di una centrale idroelettrica in località Gallians, a Oyace.
Secondo l’impianto accusatorio, infatti, Domaine e Petitjacques negli ultimi quattro anni avrebbero formato una “società di fatto” finalizzata alla realizzazione dell’opera (non ancora realizzata). In particolare, il sindaco avrebbe agito attraverso una continua perversione delle proprie funzioni pubbliche, venendo ricompensato dall’imprenditore attraverso la promessa della metà degli utili che sarebbero arrivati con la realizzazione della centralina.
I fatti
Ma andiamo con ordine. L’inchiesta nasce da un esposto presentato da un residente, il quale segnalava alcune presunte anomalie relative alla realizzazione della centrale idroelettrica.
Nell’esposto venivano evidenziati anche presunti interessi personali del sindaco. Tant’è che la realizzazione dell’opera era stata autorizzata attraverso una deroga ai vincoli paesaggistici gravanti sui terreni di proprietà del primo cittadino.
Già dalle prime indagini sarebbero emerse conferme riguardo al contenuto dell’esposto. Non solo: gli inquirenti avevano scoperto che il 6 giugno 2016 il sindaco, interessato alla costruzione della centralina in quanto proprietario del terreno, sarebbe stato presente durante la discussione in Consiglio comunale. Ma la circostanza sarebbe stata obliterata – attraverso una falsa attestazione – nel verbale, in cui veniva precisato che il primo cittadino si era assentato (cosa che sarebbe stata necessaria). E Domaine non si sarebbe limitato a non lasciare l’aula consiliare, infatti avrebbe anche esercitato pressioni sui consiglieri affinché venisse riconosciuta la “pubblica utilità” della centralina.
I fari degli inquirenti quindi finiscono su Domaine e Petitjacques. Secondo la ricostruzione della Procura l’autorizzazione alla gestione della centralina viene rilasciata a Petitjacques. Il 30 ottobre 2019, viene trasferita a una società posseduta al 50% da Petitjacques e al 50% dalla figlia del sindaco Domaine. Ecco perché, secondo gli inquirenti, Domaine si sarebbe negli anni messo a disposizione dell’imprenditore, esercitando la propria funzione pubblica in modo distorto e al fine di perseguire gli interessi di Petitjacques.
Ma come sarebbe stato ripagato il sindaco? Appunto con la cessione del 50% della società creata da Petitjacques e dalla figlia del primo cittadino.
Le intercettazioni e gli incontri
Secondo il pm Luca Ceccanti, sono numerosi i dialoghi intercettati da cui emergerebbe un’attività criminosa tipica del mercimonio corruttivo.Significativo poi – sempre secondo gli investigatori – il fatto che i due non si incontrassero mai nei luoghi istituzionali, ma in altri posti come i magazzini della Protezione civile (dove lavora Domaine). E proprio nei magazzini viene ad esempio captata la conversazione in cui il sindaco dice: «Io ti ho detto…non fare i nomi qui dentro va. Non so se sono ancora qua…ti ho detto che mi sarei incontrato e gli ho dato ordine di fare, però praticamente…».
Un’intercettazione rilevante – secondo gli inquirenti – risale poi al 18 febbraio, quando Domaine afferma: «Io non ho il pentimento di avergli dato un colpo di mano per questa storia qua…ma ci mancherebbe ancora». Per la Procura di Aosta non vi sono dubbi: si tratta di una rivendicazione degli interventi illeciti posti in essere.
E i due erano convinti di aver celato il presunto accordo: «Ascolta….senti ben..vedi ben…eh…come si dice: tutto che quello che noi riusciamo a leggere nella loro testa, loro non sono riusciti a leggere nella nostra testa», dice Petitjacques a Domaine in un’intercettazione.
(f.d.)