Dalla Valle d’Aosta a X Factor, la storia della stilista Silvia Nogara
Il bel percorso di Silvia Nogara, partita dalla nostra regione per arrivare alla Naba e diventare socia di Humpty Dum, il brand di moda street style fondato da Federica Pessina che è arrivato a vestire la vincitrice del programma di Sky, Sofia Tornambene
Dalla Valle d’Aosta alla conquista del mondo della moda, passando dalla Nuova Accademia delle Belle Arti di Milano, dalla crescita di un brand portato avanti insieme alla socia e fondatrice Federica Pessina, fino ad approdare al prestigioso palcoscenico di X Factor.
In brevissimo è questo il percorso di Silvia Nogara, 23 anni, partita dalla nostra regione e dal Liceo linguistico di Courmayeur con un bagaglio di sogni e approdata alla ribalta nazionale, costituita dalla finalissima del programma di Sky e dal kimono rosso indossato dalla vincitrice, Sofia Tornambene, e dal suo corpo di ballo.
Gli inizi
Tutto è cominciato quattro anni fa «quando ho deciso di venire a Milano per frequentare la Naba – racconta Silvia -. Qui ho iniziato il corso di studi in Fashion design e a breve mi laureerò in Fashion styling comunicazione e art direction. Durante gli studi ho conosciuto Federica, abbiamo iniziato a creare delle cose insieme e poi tutto è partito».
Silvia, com’è nata la tua passione per la moda?
Mi sono appassionata sin da bambina, ho sempre seguito grandi riviste, film e documentari legati alla moda, ma l’ho sempre vissuta da lontano, abitando in Valle. Grazie anche ai miei genitori, che mi hanno sempre appoggiata, ho avuto la possibilità di trasferirmi a Milano e da qui intraprendere il percorso di studi che mi ha permesso di trasformare la mia passione in lavoro.
Com’è nata Humpty Dum?
Da quando sono entrata in Naba ho sempre avuto il pallino di creare una cosa tutta mia, un brand, perché è una cosa che mi ha sempre attirato e che avrei sempre voluto fare. Ho avuto la fortuna di incontrare Federica (26 anni di Magenta ndr.), anche lei uscita dall’accademia. Quando ci siamo conosciute, lei realizzava pochette e borsette artigianali e aveva creato un brand, Humpty Dumpty. Sono diventata sua cliente, poi abbiamo iniziato a frequentarci e a collaborare. Ci siamo trovate. Nel 2017, poi, Federica mi ha coinvolta nella realizzazione di un suo progetto legato a Radio Deejay. È andata bene a abbiamo aumentato la collaborazione; il marchio si è evoluto, fino a realizzare vere e proprie collezioni di moda: qui è nato Humpty Dum. Il nostro rapporto? Ci completiamo, sia dal punto di vista artistico che umano; litighiamo, è vero
, ma poi tiriamo fuori le cose migliori. È un bel matrimonio a tutti gli effetti.
Che tipo di creazioni fate?
Creiamo abbigliamento street style, che di solito è prodotto in serie, mentre noi realizziamo abbigliamento sartoriale pop. Abbiamo due linee: una di collezioni (70% donna e 30% uomo), fatta di completi e abiti sportivi, ma in chiave pop. La linea basic, invece, prevede anche felpe caratterizzata da una patch di velcro che dà la possibilità di personalizzare un prodotto già di per sé molto colorato e per il quale siamo conosciute nel panorama milanese e della provincia.
Come siete arrivate a X Factor?
X Factor è stata davvero una bella sorpresa, non ce l’aspettavamo. Come detto, abbiamo iniziato a collaborare con Radio Deejay, poi con Outrun production e abbiamo vestito il corpo di ballo di Gué Pequegno, Dj Shorty e Ciao mi chiamo spinelli. Queste collaborazioni ci hanno aperto un mondo e ci hanno fatte conoscere.
A un certo punto, poi, una collega stylist ci ha proposto un progetto legato a X Factor: “Ci sono tanti artisti e vorrei vestirne almeno due con i vostri abiti” ci disse. Insomma, siamo partite. Nella prima puntata e primo live abbiamo vestito i Booda, con una giacca verde della prima linea. È stata una grande emozione, ma la cosa migliore è che la gente ci ha riconosciuto subito. Poi abbiamo fornito gli abiti per Luna Melis, con determinati outfit per le sue dirette di X Factor Daily.
In ultimo è arrivata la proposta di “vestire” un intero palco, nel corso dell’esibizione della vincitrice Sofia Tornambene, vestita totalmente Humpty Dum, con un kimono rosso della nostra collezione estiva, come tutti i ballerini. Dopo questo abbiamo deciso di regalare l’abito a Sofia, era contentissima, perché siamo state le prime a vestirla e a fornirle qualcosa. Si è affezionata a noi, tanto che dopo la finale, prima delle interviste, si è cambiata per indossare il nostro marchio.
Inoltre, abbiamo collaborato per il live di Robbie Williams. Insomma, abbiamo vissuto un grande mix di emozioni. È difficile stare dietro a una produzione simile, con ritmi serrati e tante aspettative, ma ne siamo uscite vive e molto soddisfatte.
Avete proposto voi la collezione o vi sono stati commissionati dei modelli?
È una produzione enorme, con Nicolò Cerioni (stylist e direttore creativo per quanto concerne i costumi), che decide tutto. Abbiamo inviato dei book di proposte, ma alla fine l’ultima parola l’ha avuta lui.
Con chi altri collaborate? C’è qualche testimonial in particolare?
Posso dire che abbiamo progetti futuri con artisti nazionali e internazionali del panorama rap. Finora, abbiamo vestito Keemosabe, seguendoli anche nel tour appena concluso, realizzando capi nostri, ma personalizzati per ogni membro della band.
Come mai hai scelto di vivere a Milano?
Frequento Milano almeno una volta al mese da quando sono piccola, diciamo che l’ho sempre sentita come una seconda casa. Quando ho dovuto decidere che strada prendere, non potevo che scegliere Milano: è la mia casa, posso dire di aver trovato il mio posto nel mondo.
Altri valdostani hanno provato a sfondare in questo mondo. Al momento, il solo ad avere un risalto nazionale appare Fabio Porliod: secondo te cosa serve per fare strada in questo ambito?
È un mondo molto difficile, fatto di tantissima gente che prova a ostacolarti, più che a venirti incontro. Devi farti una corazza e formarti un carattere forte, devi sempre dare il meglio, perché non hai orari e dedichi tutta la tua vita a questo. C’è tanta concorrenza, c’è spazio per poche persone, ma bisogna crederci veramente e non mollare mai.
Ad Aosta avresti avuto le stesse possibilità?
Assolutamente no, per questo sono venuta a Milano. Ad Aosta, purtroppo, in questo mondo non ci sono proprio possibilità, men che meno per gli abiti che realizzo io. Per assurdo, ho tanti clienti valdostani, molti ragazzini per la linea basic, ragazzi più grandi per la prima linea.
Ho provato a portare il brand in Valle, ma non ho avuto molta fortuna, perché credo che Aosta non sia così adatta, o almeno lo è solamente ad alcuni pezzi. È un peccato perché tanti clienti ci cercano, ma ora ci riproveremo.
Cosa consiglieresti a chi vuole intraprendere questa strada?
Credete in voi stessi e fate di tutto per coronare il vostro sogno. Tanti ragazzi valdostani mi dicono che vogliono fare la Naba e vogliono scoprire la moda, ne ho aiutati parecchi, ma tanti altri mi dicono che i genitori non appoggiano la loro volontà. Lo so, è un mondo che spaventa, forse ha più competizione di altri, ma il mazzo bisogna farselo in tutti i settori. Se ci si crede veramente, bisogna farlo, perché qui ogni giorno è diverso, c’è tanta creatività e permette di portare, anche ad Aosta, un po’ di colore.
Ci sono stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto?
Più che altro mi è capitato di dire “chi me l’ha fatto fare di aprire una cosa tutta mia”, potevo andare a lavorare per un grande brand. Poi ci penso e so che è ciò che voglio fare. Sono contentissima, non potevo chiedere di meglio. È tutto una bellissima sorpresa, abbiamo un ottimo riscontro; sono felicissima e credo in tutto ciò che faccio.
(alessandro bianchet)