Ridusse sul lastrico due donne spacciandosi per uno 007: maxi stangata per Gianluca Porreca
Si sono guardate negli occhi, si sono abbracciate scoppiando entrambe a piangere. «Un pianto di liberazione», hanno sostenuto i legali di parte civile, gli avvocati Andrea Balducci di Aosta e Filippo Maria Girardi dello Studio legale Francini di Torino.
E’ quanto avvenuto questa mattina all’aula al primo piano del Tribunale di Aosta alla lettura della sentenza da parte del giudice monocratico Davide Paladino: Gianluca Porreca, 46 anni il prossimo 23 novembre, di Rondissone, in provincia di Torino (FOTO), è stato condannato a 7 anni di carcere, oltre ai pagamenti di una multa di 2.000 euro e di una provvisionale alle parti civili di complessivi 100.000 euro, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e all’interdizione legale per tutta la durata della pena nell’ambito del processo che lo ha visto imputato per furto aggravato, tentata estorsione e appropriazione indebita nei confronti di due donne aostane, una parrucchiera 43enne e una commessa in un supermercato 41enne.
La storia, emersa nel gennaio scorso all’atto della fissazione della data dell’udienza preliminare da parte del gup del Tribunale di Aosta, Eugenio Gramola, udienza preliminare tenutasi il 5 marzo scorso, fa riferimento al fatto che Gianluca Porreca – cuoco pizzaiolo disoccupato, sposato con quattro figli – sin dal 2011 si finse un colonnello dei servizi segreti alla James Bond così da poter adescare donne sulla quarantina e spogliarle di tutti i loro beni.
In un simile contesto, a cadere nella sua rete sono state anche due donne valdostane, anche se secondo gli inquirenti ce ne sarebbero altre che per vergogna o paura hanno preferito non sporgere denuncia.
Fatto sta che questo James Bond tarocco, facendo leva sia sul suo presunto fascino da ‘uomo con licenza di uccidere’ sia sulla fragilità di alcune donne sole che stavano attraversando un periodo della loro vita poco felice, ha fatto irruzione all’interno della quotidianità della parrucchiera e della commessa aostane.
«All’inizio si pose in maniera normale, con modi garbati ed educati. Dopodiché, col passare del tempo, le sue richieste di denaro diventarono sempre più pressanti, sfociando alla fine anche in minacce di morte rivolte a me, ai miei figli e ai miei genitori», ha spiegato in aula una delle due persone offese, scoppiata più volte a piangere nel ricordare il «calvario» a cui è stata costretta.
Più nel dettaglio, la commessa è stata obbligata a dargli «10.000 euro in contanti prelevati dal mio conto corrente, altri 10.000 consegnatimi dai miei genitori, 10.000 attraverso l’attivazione di un finanziamento presso una banca (la filiale Barclays di Torino, ndr) e altri ancora che chiesi a mia zia», ha raccontato la donna, che dopo essere rimasta vittima in un primo tempo del fascino di quell’uomo misterioso (e contaballe), è stata tenuta sotto scacco da minacce e comportamenti persecutori e violenti perpetrati nei suoi confronti. «Davanti ai miei figli era verbalmente cattivo, ma è soltanto in loro assenza che diventava violento, arrivando anche a strattonarmi contro il muro. Lui voleva sempre e soltanto soldi».
Una condotta, quella posta in essere dall’imputato, che il pm Pasquale Longarini (che al termine della requisitoria ha chiesto una condanna a 7 anni di reclusione e a 2.500 euro di multa) ha definito «una professione: finiva un rapporto e ne iniziava un altro, sempre con l’intento di spillare soldi alle compagne».
Per quanto riguarda l’altra donna costituitasi parte civile nel processo, la parrucchiera aostana – tra le altre cose – subì minacce da Gianluca Porreca in quanto questo pretendeva di entrare in possesso del 50% dei 7.000 euro che la società Ina Assitalia le aveva riconosciuto nell’ambito di una polizza assicurativa attivata in occasione di un infortunio.
Minacce e ritorsioni che – nel caso nuovamente della commessa – andarono a intersecarsi con un furto di identità, così come confermato dalla diretta interessata: «Il signor Porreca a tutt’oggi è in possesso delle identità mia e dei miei figli», visto che con le generalità della donna – a sua insaputa – attivò una carta prepagata emessa a suo nome attraverso una «firma falsa che io non ho mai apposto».
Nell’ambito delle battute conclusive della discussione, in aula è stata ascoltata come testimone anche una cliente del negozio di parrucchiera: «Gianluca Porreca si poneva con comportamenti ambigui, sicuramente arroganti. Per un certo periodo era direttamente lui a incassare le prestazioni, era solito rivolgersi con epiteti alla titolare, che un giorno venne trascinata nel retro del negozio perché il Porreca doveva costringerla a firmare delle cambiali».
Gianluca Porreca, assistito dall’avvocato Giampaolo Fabrizio Nucera di Torino, che questa mattina – per la seconda volta – non si è presentato in aula, è stato difeso da un avvocato d’ufficio che, all’atto della sua arringa, si è limitato a chiedere l’applicazione del minimo della pena.
(patrick barmasse)