Bimbo diabetico non può andare all’asilo, i sindacati: «le colpe di un sistema non ricadano sugli insegnanti»
Cisl Scuola e Snals Confsal VdA intervengono sulla vicenda del bimbo diabetico di 3 anni che non può iscriversi alla scuola dell'infanzia perché le insegnanti non hanno dato disponibilità a formarsi per la somministrazione di farmaci
«Le colpe di un sistema in affanno non ricadano sugli insegnanti», intervengono i sindacati sulla vicenda del bimbo diabetico di 3 anni che non può iscriversi alla scuola dell’infanzia perché nessuno degli insegnanti del plesso ha dato la disponibilità a frequentare il mini corso per il monitoraggio e la somministrazione di farmaci previsto per alcune patologie.
In una nota di Cisl Scuola e Snals Confsal Valle d’Aosta, firmata dai segretari Alessia Démé e Alessandro Celi, portano alcune precisazioni all’articolo “Tre anni e il diabete, niente asilo «Nessun insegnante disponibile»” pubblicato sul numero di lunedì 3 marzo di Gazzetta Matin.
I sindacati segnalano che «nel caso specifico, non si chiedeva ai docenti di somministrare un medicinale nebulizzato per inalazione o, comunque, senza pratiche invasive» si legge nella nota.
«La richiesta rivolta agli insegnanti era di praticare un’iniezione intramuscolare, dopo aver diluito in acqua il contenuto di una fialetta (conservata in precise condizioni di temperatura non sempre garantibili nel plesso) che doveva essere aspirato con la siringa in quantità variabile a seconda del peso del minore».
«Tutta questa operazione avrebbe dovuto essere appresa dagli insegnanti tramite il “mini corso” di cui tratta l’articolo, corso somministrato online con una “parte pratica” costituita dalla “visione di alcuni filmati esplicativi”. Quando il personale della scuola frequenta i corsi di primo soccorso viene addestrato a praticare il massaggio cardiaco o all’uso del defibrillatore attraverso l’impiego di un manichino e in quel caso è indispensabile dimostrare di possedere la manualità richiesta dalle pratiche salvavita» aggiungono i sindacati.
«Nel caso specifico, invece, si riteneva sufficiente aver mostrato su uno schermo come procedere per autorizzare gli insegnanti a somministrare un medicinale, tra l’altro preparato da loro stessi, con tutte le conseguenze civili e penali nel caso qualcosa non funzionasse».
Cisl e Snals concordano con la dirigente scolastica intervistata nell’articolo che evidenza un problema pesante di responsabilità per gli insegnanti.
I sindacati però dicono come la dirigente sia «apparsa, invece, meno consapevole di obblighi e diritti dei lavoratori quando ha dato per certo che le insegnanti fossero obbligate a somministrare il farmaco prescritto dalla pediatra per i diabetici in caso di ipoglicemia, da determinarsi tramite il controllo costante dei livelli glicemici».
«Agli insegnanti del plesso, la dirigente scolastica avrebbe dovuto richiedere preliminarmente la disponibilità alla somministrazione del farmaco e non darla per scontata, così come è avvenuto nella prima fase» dicono i sindacati sulla base del Nel Protocollo, reperibile sul sito della Sovrintendenza.
«In seguito, a fronte delle osservazioni ricevute, avrebbe potuto verificare con l’Usl se il corso online «di sole due ore» risultasse sufficiente a svolgere le pratiche sanitarie richieste con adeguata garanzia, tanto per la salute del bambino quanto per le responsabilità di cui le insegnanti avrebbero dovuto farsi carico» prosegue la nota.
«La formazione dei docenti è didattico-pedagogica non sanitaria»
I sindacati ricordano che «la formazione dei docenti è di tipo didattico-pedagogica, non sanitaria, e che le Raccomandazioni ministeriali del 25 novembre 2005 prevedono che “il dirigente scolastico, qualora non vi sia alcuna disponibilità da parte del personale alla somministrazione, può stipulare accordi e convenzioni con altri soggetti istituzionali del territorio” (…). Se nessuna delle soluzioni sopra indicate fosse possibile, il DS allora ne dovrà dare comunicazione alla famiglia e al Sindaco del Comune di residenza dell’alunno per cui è stata avanzata la relativa richiesta”».
Le Raccomandazioni prevedono inoltre, in caso di situazione di emergenza di ricorrere al Sistema Sanitario Nazionale di Pronto Soccorso.
«Pertanto, prima di rifiutare l’iscrizione del bambino, occorreva verificare la disponibilità di tutte le agenzie citate dalla normativa vigente, senza addebitare la responsabilità della mancata accoglienza alle maestre, che, consapevoli della situazione oggettiva del loro plesso, si sono correttamente preoccupate di non essere in grado di gestire la complessità derivante dalla presenza di altri bambini portatori di disabilità, dalla presenza di un solo insegnante per sezione in diversi momenti della giornata scolastica, dalla mancanza di personale ausiliario specificamente formato».
«A loro va la nostra completa fiducia – concludono Alessia Démé e Alessandro Celi -: se si sono rifiutate di attuare il Protocollo nella parte che a loro compete, è perché sono in possesso dei criteri di valutazione adeguati. D’altra parte, a loro affidiamo i piccoli dalle 8 alle 17 di ogni giornata ed esse ben conoscono il contesto in cui lavorano».
(e.d.)