La nuova vita nel tennis da coach di Martina Caregaro: «Vorrei portare qualche giovane dove io non sono arrivata»
La 32enne valdostana ha chiuso la sua carriera da giocatrice professionista ed è entrata nei quadri tecnici della federazione, diventando responsabile nazionale del settore Under 12 femminile
La nuova vita da coach di Martina Caregaro.
La tennista professionista aostana classe 1992, dopo aver interrotto l’attività internazionale nella passata stagione, ha chiuso definitivamente l’attività nel 2024, partecipando ancora al campionato nazionale di serie A con il Palermo.
Martina saluta con 9 tornei ITF vinti in singolare e altrettanti in doppio.
Il successo più prestigioso è del giugno 2019, quando vinse il Padova Challenge Open da 25.000 dollari.
In carriera ha giocato anche il Courmayeur Open, torneo WTA vinto nell’ottobre 2021 da Donna Vekic.
Il momento più alto, però, era arrivato tre anni prima, con il debutto in Federation Cup (la Coppa del Mondo a squadre), nel febbraio 2016 a Marsiglia, in doppio con Sara Errani (sconfitta contro le francesi Caroline Garcia-Kiki Mladenovic).
Caregaro ha raggiunto il best ranking in singolare il 30 novembre 2015, issandosi al 254° posto della classifica WTA (in doppio è arrivata alla 301ª piazza).
Complessivamente, nel circuito femminile ha vinto 381 delle 691 partite giocate in singolare (123 vinte e 118 perse in doppio), per un prize money totale di 155.728 dollari.
La nuova vita da coach di Martina Caregaro
Martina, che è maestra e allenatrice, è entrata nei quadri tecnici della Federazione Italiana Tennis e Padel.
La valdostana è responsabile per il Lazio delle categorie Under 12-14-16 maschili e femminili e responsabile femminile nazionale Under 12.
Nell’anno appena concluso ha avuto due parentesi nel tennis delle grandi, seguendo Virginia Ferrara e Lisa Pigato.
Nel 2025, invece, seguirà per 6-8 settimane la 21enne Jennifer Ruggeri.
Martina Caregaro: «L’infortunio di giugno 2023 mi ha fatto capire che era il momento di chiudere»
Martina, com’è maturata la decisione di smettere?
«Ci ho pensato dopo l’infortunio di giugno 2023. Mi stavo allenando ad Anzio, provavo i servizi e nessuno si è accorto che una pallina era tornata indietro. Ci sono finita sopra, sono caduta e ho battuto violentemente il ginocchio a terra. Sembrava una cosa da poco, invece avevo la rotula fratturata. Mi ero data ancora due anni di attività, ma verso agosto ho iniziato a maturare l’idea di smettere, cominciando a seguire qualche ragazzina del circolo. A fine anno ho interrotto l’attività internazionale, nel 2024 ho giocato soltanto un paio di tappe del campionato italiano a squadre di serie A. Dopo il match di Genova ho chiuso definitivamente».
Martina Caregaro: «Una carriera tra il 7 e l’8»
Dia una voto alla sua carriera.
«Direi tra il 7 e l’8. Ho vissuto momenti altalenanti, sia per il rendimento che per gli infortuni».
Che ricordi ha del suo esordio nel circuito professionistico?
«Ero piccola e molto aggressiva, non guardavo in faccia nessuno, mi chiamavano Occhi da Tigre. Non ero ben consapevole di quello che c’era dietro all’attività da professionista, pensavo esclusivamente a giocare, andavo avanti per la mia strada senza dare peso alle pippe mentali, che sono poi arrivate dopo».
Martina Caregaro: «Tornassi indietro, non andrei via di casa così presto»
C’è qualche decisione che prenderebbe in maniera diversa?
«Non andrei via di casa così presto, sono partita per Roma a 14 anni. Alla lunga mi sono resa conto che mi mancano pezzi di vita. Nella capitale ho avuto la fortuna di trovare una seconda famiglia: Silvia Farina e Francesco Elia non sono stati soltanto due allenatori, ma dei secondi genitori, però mi sono persa tutta la parte dell’adolescenza con parenti e amici e avrei fatto volentieri anche un paio di anni di liceo in più ad Aosta. In quel momento, però, avevo un obiettivo in testa e pensavo soltanto a raggiungerlo. Se riavvolgo il nastro, probabilmente cambierei anche qualche scelta di allenatore».
Martina Caregaro: «Francesco Elio è il tecnico che mi ha dato di più»
Chi è il tecnico che le ha dato di più?
«Francesco Elia. Quando ho iniziato a lavorare con lui ero molto piccola ed è stato importante. A livello umano mi ha dato tanto Gino D’Angelo, con cui ho collaborato già da più grande. Ho avuto una brevissima parentesi con Ercoli ad Anzio e mi sono trovata molto bene».
Martina Caregaro: «Il rammarico più grande è non essere arrivata a uno slam»
Qual è il rammarico più grande?
«Non essere arrivata a giocare le qualificazioni di un torneo del grande slam. Il treno giusto è passato nel 2016, sono arrivata vicina a salirci, ma mi è mancata un po’ di convinzione, di decisione. La convocazione in Fed Cup è stata un’arma a doppio taglio. L’esperienza è stata stupenda, ma non mi sentivo ancora pronta e nell’inconscio mi è sembrato che tutto potesse arrivare di conseguenza. Arrivavo da un ottimo finale di 2015, avevo diversi punti da difendere e ne dovevo conquistare altri per salire in classifica e quando pensi troppo, ti incasini dentro la testa ed è difficile uscirne. Come gioco potevo arrivarci, sono mancata a livello mentale. I mental coach? Ti possono aiutare tanto, ma devi essere predisposta ad affrontare il lavoro con loro, bisogna accoglierli e affrontare le proprie paure».
Martina Caregaro: «Che emozione sentire l’inno in Federation Cup»
Qual è stata l’emozione più forte?
«L’esordio in Federation Cup. Il momento dell’inno di Mameli è stato pazzesco, ti fa capire che sei lì a giocare per l’Italia; ancora adesso, se ci penso, ho la pelle d’oca alta così. Tutta la settimana è stata molto intensa, esordire in doppio con Sara Errani è stato molto bello».
La vittoria più bella?
«Non dimenticherò mai il successo nel mio primo 10.000 dollari a Pomezia e quello nel 25.000 dollari di Padova nel 2019».
Martina Caregaro: «Quella volta a Biella quando ho frantumato la racchetta di Silvia Farina»
La sconfitta più dura da digerire?
«Nel 100.000 dollari di Biella. Avevo vinto il primo set ed ero avanti 5/0 nel secondo contro lo slovena Andrja Clepac. Ero nera, ho frantumato la racchetta, che tra l’altro era molto speciale, me l’aveva data Silvia Farina, ma quanto ti si tappa la vena, ti si tappa e non riesci a controllarti».
Chi è la giocatrice più forte che ha affrontato?
«Ho giocato contro Naomi Osaka in Giappone prima che sbocciasse, ma era già impressionante, perché ti dava zero tempo di reazione. E poi Qinwen Zheng: non facevo tempo a servire, che la palla mi era già tornata indietro».
Martina Caregaro: «Mi manca l’adrenalina che senti in partita»
Cosa le manca di più della vita da atleta?
«Le sensazioni prima di entrare in campo, la tensione e la paura, che poi si trasformano in adrenalina. Mi manca la routine della vigilia, a partire dalla sera. Sono sempre stata fissata con l’avvicinamento al match, facevo colazione 3 ore prima di giocare, assumevo i miei integratori, cambiavo il grip al manico, controllavo di avere le corde nuove. Prima di entrare in campo ascoltavo musica, non c’era una canzone particolare, anche se per tanto tempo mi ha accompagnato la colonna sonora del film I pirati dei Caraibi. Ancora oggi, quando la sento, torno a quei momenti».
Martina Caregaro: «Sorpresa dal 2024 del tennis italiano»
Si aspettava un 2024 come questo del tennis italiano?
«Assolutamente no, sono rimasta sorpresa soprattutto da quello che hanno fatto le donne. Nel circuito femminile non ci sono più le regine ingiocabili come Serena Williams e Maria Sharapova e le nostre sono state brave a infilarsi».
Qual è il segreto di questo boom?
«Lavorare bene e la federazione italiana lo sta facendo. Adesso che sono nei quadri tecnici della Fitp, ho toccato con mano il salto di qualità fatto. I ragazzi e le ragazze vengono seguiti fin da piccoli, sia a livello tecnico e fisico, che a livello economico».
Martina Caregaro: «Sinner non sbaglia mai una scelta»
Cosa la colpisce di più di Jannik Sinner?
«La sua freddezza. Nei momenti importanti fa sempre la cosa giusta, da quel punto di vista è quasi noioso, non sbaglia mai una scelta».
Martina Caregaro: «Sinner esempio di pulizia, ma temo che una piccola sospensione possa arrivare»
Da professionista, cosa pensa della vicenda Clostebol che lo tiene sotto pressione da nove mesi?
«Jannik è pazzesco anche per come sta gestendo tutto questo. È un atleta che dà sempre l’impressione di trasparenza e pulizia, io credo nella sua correttezza. D’altronde gli hanno trovato una infinitesima quantità di Clostebol, immagino che in caso di doping le percentuali sarebbero molto più alte. Spero che non venga sanzionato, anche se temo che una piccola sospensione possa arrivare, anche per calmare l’ambiente».
Martina Caregaro: «Jasmine Paolini ha dovuto costruirsi tante armi da mettere in campo»
Il 29 giugno 2013 lei ha vinto la SMA Cup Sant’Elia a Roma, battendo una certa Jasmine Paolini: si aspettava la sua esplosione?
«A questo livello, no. Giocava bene, aveva tanta energia, ma non avrei mai pensato di vederla tra le prime 5 del mondo. Jas è una ragazza molto umile, super tranquilla, che lavora tantissimo. Essendo piccola, non poteva risolvere tutto con servizio e dritto; fin dall’inizio ha dovuto preparare tante armi da mettere in campo. È stata davvero brava, in questa stagione ha giocato parecchi tornei di singolo e doppio, il doppio aiuta, ma ti toglie anche tante energie».
Martina Caregaro: «C’è tanto da imparare da una professionista come Sara Errani»
Il suo esordio in Fed Cup fu quasi nove anni fa in doppio con Sara Errani: la 37enne bolognese è reduce da una stagione meravigliosa. Qual è il suo segreto?
«Sara è un esempio, ho avuto modo di conoscerla, ci scriviamo ancora, è una ragazza disponibile, tranquilla. C’è molto da imparare da una come lei. Senza un colpo particolare è riuscita a fare cose pazzesche, regalandosi tre carriere diverse, tutte stupende. Vive di tennis, si alimenta dell’agonismo, il doppio lo gioca benissimo, legge il gioco in maniera perfetta. A Roma, a maggio, mi aveva detto che voleva smettere, invece poi ha vinto l’oro alle Olimpiadi, è andata alle finals e si è presa un’altra Fed Cup. In questo sport bisogna essere pronti a cavalcare il momento e lei è bravissima a farlo».
Martina Caregaro: «I miei oscar vanno a Roger Federer e Serena Williams»
Si discute tanto tra addetti ai lavori (e sui social si litiga) sui migliori di sempre. Martina Caregaro a chi dà i suoi Oscar?
«Tra gli italiani dico Jannik Sinner e Francesca Schiavone. A livello assoluto, Roger Federer – un Dio del tennis, inarrivabile per eleganza e fascino, che manca un sacco nel circuito – e Serena Williams, una vera animale da gara».
Martina Caregaro: «Vorrei portare una giovane dove io non sono arrivata»
Cosa la stimola di questa nuova avventura da allenatrice?
«Il tennis fa parte della mia vita, mi piace sempre entrare in campo. Sono responsabile per il Lazio delle categorie Under 12-14-16 maschili e femminili e responsabile femminile nazionale Under 12. Nel 2025, poi, seguirò per 6-8 settimane la 21enne Jennifer Ruggeri. Quest’anno ho avuto due parentesi con Virginia Ferrara e Lisa Pigato: mi sono trovata bene, mi piace trasmettere la mia esperienza, aiutare le giovani a non ripetere i miei errori, da fuori è più facile. In futuro vorrei raggiungere uno slam con una ragazza che seguo, portandola dove io non sono arrivata».
È attratta dal padel o dal pickleball?
«Con il padel ci ho provato un po’, ma non mi ha stregato. Il pickleball è simpatico, ma rimane un gioco. Quando sei tennista al 100% non riesci a snaturarti».
Martina Caregaro: «A chi inizia consiglio di non bruciare le tappe»
Cosa consiglia alle bimbe che stanno prendendo in mano una racchetta?
«Di posarla e cambiare sport (ride, ndr). Alle piccoline che seguo, dico sempre di divertirsi più che possono, per ammalarsi di questo sport c’è tempo. Il tennis vero arriva anni dopo e bisogna essere belli freschi, soprattutto di testa. Bruciare le tappe non serve, è fondamentale fare un passo alla volta. Jasmine Paolini, esplosa a 28 anni, dimostra che c’è sempre tempo per conquistare quello che si vuole».
Come vede Martina Caregaro tra 8 anni?
«Mi piacerebbe lavorare con ragazze grandi, Under 18 o Under 20, fare da traghettatrice verso il professionismo».
Martina Caregaro: «Grazie a chi mi ha sempre sostenuto»
In conclusione, a chi va il grazie più grande?
«Sicuramente ai miei genitori, Enrica e Luca, senza i quali nulla sarebbe stato possibile. E poi ai miei nonni e a Davide Sciulli per il sostegno e il supporto che mi hanno dato durante tutto il mio percorso».
(davide pellegrino)