Alice canta i suoi maestri emozionando lo Splendor
Elegante, sorridente e raffreddata la cantante forlivese Alice ha portato ad Aosta il suo Master Songs, il concerto omaggio ai maestri della canzone italiana
Alice entra in scena una sera di gennaio e fioriscono gli alberi alle sue spalle.
Elegante, nel tailleur nero, sorridente a dispetto dell’immagine imbronciata che la contraddistingueva negli anni ’80, e raffreddata.
La cantante forlivese ha portato ad Aosta, venerdì 17 gennaio, per la Saison Culturelle, il suo Master Songs, il concerto con cui rende omaggio ai maestri della canzone italiana e ai suoi brani più noti.
In poco meno di due ore di spettacolo Alice accompagna il pubblico in un viaggio tra alberi fioriti e nevicate, volti di donne e pietre d’inciampo, distese marine e scorci di città con le sue canzoni, le sue mani che disegnano pensieri nell’aria e le videoproiezioni che rendono ancora più suggestivo lo spettacolo.
La voce calda e profonda della cantante, anche se a tratti limitata nell’estensione dalla raffreddatura, è inconfondibile.
«Sono passati un po’ di anni dall’ultima volta ad Aosta, è bello ritrovarci» saluta l’artista.
Una carrellata di emozioni
«Ad Auschwitz c’era la neve…» canta Alice, mentre alle sue spalle sullo schermo compaio tante immagini di pietre d’inciampo, le piccole mattonelle di ottone con i nomi delle vittime del nazismo e del fascismo.
«Grazie a voi e grazie a Guccini che ha scritto questa straordinaria canzone che ci aiuta a non dimenticare e a ricordare che la vittima può diventare carnefice» dice l’artista, con chiaro riferimento all’attualità della guerra di Gaza.
Altra neve sulla Prospettiva Nevski con i volti di Nijinski, Igor Stravinsky e («… il mio maestro m’insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire») di un giovane Franco Battiato che compaiono dallo sfondo nero, attraverso una nevicata.
Tra una master song e l’altra Alice trova spazio per i suoi brani tra i quali Dammi la mano amore, «nata dopo una delle esperienze più importanti della mia vita» e Il contatto, «scritta in un periodo in cui avevo un’attività onirica molto intensa e ho voluto fermare un sogno con questa canzone».
Non mancano Lucio Dalla, con Almeno pensami, l’inedito che la cantante aveva cantato in coppia con Ron, nella serata dei duetti del Festival di Sanremo 2018, Gaber con Non insegnate ai bambini, «brano che si può considerare come suo testamento»e ancora tanto Battiato con Veleni, «l’ultima canzone che ha scritto per me con cui ha voluto condividere quello che gli stava maggiormente a cuore», E ti vengo a cercare, I treni di Tozeur, Il vento caldo dell’estate, Nomadi.
C’è spazio anche per la poesia con i versi di Maria Grazia Di Gleria, Anín a gris, e Pierluigi Cappello, Inniò, poeti che canta in friulano, lingua della sua terra d’adozione.
Alice saluta e ringrazia più volte i musicisti che l’accompagnano, il maestro Carlo Guaitoli al pianoforte e tastiere, Antonello D’Urso alle chitarre elettriche e acustiche e Chiara Trentin al violoncello acustico e elettrico che creano per lei un accompagnamento avvolgente, mai invadente, essenziale.
Il grazie dell’artista, al termine della serata, va anche al regista dello spettacolo, a chi ha curato le luci, le immagini, ai tecnici di palco, agli elettricisti, a tutti coloro che hanno lavorato per lo spettacolo salutati uno per uno per nome e cognome.
Ma il pubblico dello Splendor ne vuole ancora e chiede a gran voce il bis che arriva, riportando sul palco la ragazza imbronciata degli anni Ottanta con Per Elisa e Chanson egocentrique. Aplausi a scena aperta.
(erika david)