Cognetti, scrittore e utopista: «Amo la montagna, non lo sci»
I brutsonet: «Di turismo alternativo non si campa»
Cognetti: «Amo la montagna, non lo sci»
La malattia e la delusione per l’irriconoscenza della Valle d’Aosta
«Dopo l’ultimo libro Giù nella valle, sono diventato il nemico: a Brusson, dove ho la baita, qualcuno si gira dall’altra parte quando passo. È uscito da poco il mio documentario Fiore mio, ambientato proprio in quelle valli, ma dalle istituzioni, in particolare dalla Regione Valle d’Aosta, non mi arriva neanche mezzo grazie, né alcuna menzione».
Sono le parole pubblicate da Il Corriere della Sera di Paolo Cognetti, autore di Le otto montagne (2016), Premio Strega nel 2017 e diventato film nel 2022, che ha reso famose Brusson e Graines.
Lo scrittore ha voluto parlare della depressione, dei pensieri di suicidio, dell’alcolismo e del tradimento della sua montagna, dove aveva scelto di vivere, almeno per parte dell’anno.
Lo spartiacque: “Sapete cosa comporta la realizzazione di una pista da sci?”
Era un personaggio, ai tempi dell’uscita del film non c’era articolo o trasmissione in cui non venisse citato o invitato. Ma si è bruciato quando ha iniziato a sparare a zero contro lo sci e contro il collegamento Champoluc-Cervinia. Idee idilliache e bucoliche che non hanno riscontro nella realtà socio-economica locale, e che nessuno può condividere. Dal punto di vista letterario ha contribuito notevolmente allo sviluppo di una letteratura naturalistica intesa come “ristoratrice”, ma lo spartiacque è stato un suo post Facebook, di un paio di anni fa, che iniziava più o meno così: «Sapete che cosa comporta la costruzione di una pista da sci?…».
Il sindaco di Brusson: “Il personaggio è divisivo, ma ha dato tanta visibilità alla valle”
«A livello personale e di amministrazione ho un buon rapporto con lui, non frequente perché vive anche altrove, non è più residente a Brusson e quando è qui è a Estoul. Per noi è motivo di orgoglio che Cognetti sia affezionato a Brusson, ha dato tanta visibilità alla Val d’Ayas», dice il sindaco Danilo Grivon. «È un personaggio noto, anche divisivo perché non si fa problemi a esprimere le proprie opinioni sulla natura e sullo sci, e per questo può non incontrare il consenso di molti che sul turismo la pensano diversamente. È una dialettica che fa parte della libertà di espressione».
Su “Fiore mio” una serata in estate
Per quanto riguarda il documentario, «è uscito un po’ in sordina, non sono riuscito ancora a vederlo. So che riguarda la Val d’Ayas e la Valsesia e, con l’assessore Roberta Esposito Sommese, abbiamo intenzione di proiettarlo in estate, organizzando una serata con l’autore. Siamo tutti dispiaciuti per la sua salute. Ho apprezzato molto che abbia parlato schiettamente di un tema delicato, esponendosi in prima persona pur essendo un personaggio pubblico, l’ho trovato meritevole».
I maestri di sci di Estoul
Anche Fausto Revil, maestro della scuola sci Brusson Palasinaz, è dispiaciuto per la sua salute ed è grato per il fatto che abbia portato Brusson ed Estoul agli onori letterari, facendo conoscere meglio la valle. Certamente, «la massa viene per altro a Brusson, per il paesaggio, per il clima, per l’altitudine ideale per giovani e anziani, e conosceva la località già da prima». È innegabile che le sue idee, un po’ talebane, un po’ utopistiche, siano anacronistiche oggi, secondo Revil, che non le condivide. E conclude: «Gli impianti di sci hanno determinato la svolta e trainano il 90 per cento dell’economia. I paesi, con relative attività economiche, e le persone, che devono mantenere le famiglie 365 giorni all’anno, non potrebbero vivere senza gli impianti, sarebbero costrette a emigrare».
“Le soluzioni alternative allo sci non sono sostenibili”
«Le sue opinioni sulla montagna spesso sono risultate non in sintonia con la maggior parte dei local, però riconosco che il personaggio ha dato tanto a Brusson e alla valle, creando interesse, tanto che i turisti chiedono spesso di lui e dei luoghi del film. Anch’io vorrei trovare soluzioni alternative allo sci, ma bisogna capire se sono sostenibili e se portano altrettanti ricavi», commenta Davide Grosjacques, direttore di Estoul Ski School, gestore del Carrefour Express e dell’area Laghetto di Brusson.
La replica dello scrittore
«Le piccole stazioni sciistiche hanno gli anni contati», ribatte Cognetti. «Sono le località dove il turismo alternativo dovrebbe essere già realtà, mentre nelle grandi stazioni potrebbe essere integrativo allo sci. Avrei voluto dare il mio contributo per ripensare Brusson, “fare politica”, nel senso di essere propositivo, ma mi è stato impedito».
Tra le idee dello scrittore milanese, tutte respinte: il trekking anche invernale, che attrae molto i turisti stranieri, che apprezzano la natura e la montagna autentica, portare le scuole di città a vivere la montagna nelle mezze stagioni, quelle più scariche di turismo, insegnando scienze in montagna(«spesso i bambini di Milano o Torino non sanno neppure cosa sia un bosco»).
Quanto allo sci, prosegue Cognetti, «rispetto l’economia e i lavoratori degli impianti, ma ho una personale antipatia per le piste, che rappresentano un utilizzo del paesaggio distruttivo, e per il turismo dello sci, di massa, costoso, indifferente al territorio, non improntato al rispetto e alla lentezza e dolcezza della montagna. È importante anche attrarre target diversi, amanti della natura. Ci vorrebbero coraggio e immaginazione, e dare spazio alle risorse intellettuali di persone che la pensano diversamente».
«Da persona nata in città è impossibile adattarmi a un paese di 900 abitanti. Nella varietà umana di una città puoi trovare più facilmente chi è più simile a te. Mantengo quindi i miei carissimi amici di Brusson, ma ho rinunciato a sentirmi parte di quella comunità».
(elena rembado)