Dopo elezioni, in Giappone formare il governo è un rebus
Roma, 29 ott. (askanews) – La batosta subita nelle elezioni per la Camera dei rappresentanti dal Partito liberaldemocratico giapponese del primo ministro Shigeru Ishiba, che ricopre solo dal primo ottobre l’incarico di capo del governo di Tokyo, apre a possibilità e scenari inediti per il sistema politico giapponese. Sebbene, infatti, fosse attesa una marcata flessione della formazione politica che dagli anni ’50 del secolo scorso ha mantenuto una presa quasi ininterrotta sul potere, non ci si aspettava addirittura che lo scranno di premier potesse diventare contendibile.
L’esito delle elezioni del più potente dei due rami della Dieta nipponica, il parlamento giapponese, ha restituito la fotografia di un sistema politico più frammentato del previsto. La coalizione che sostiene Ishiba – formata dal suo Partito liberaldemocratico (Jiminto) più il partito d’ispirazione buddista (Soka Gakkai) Komeito – ha perso la maggioranza assoluta, ottenendo 215 seggi. Le opposizioni, sommate agli indipendenti, hanno raggiunto i 250 seggi. E’ venuta a mancare, insomma, la maggioranza a Ishiba e ora parte una corsa che vede opposti Ishiba e il suo Jiminto al Partito costituzionale democratico (Rikken-minshuto), guidato dall’ex primo ministro Yoshihiko Noda, per raccogliere voti alla Dieta in modo da esprimere un nuovo governo.
Il pallino resta, per il momento, in mano a Ishiba. Il Jiminto, pur perdendo 88 seggi rispetto alla Camera dei rappresentanti precedente, resta partito di maggioranza relativa con 191 rappresentanti. Mentre, l’alleato minore, il Komeito, è passato da 32 a 24 seggi. Questo vuol dire che Ishiba, se vuole rimanere capo del governo, deve riuscire a raccattare voti in altri partiti.
Ieri Ishiba ha annunciato che intende restare premier. “La mia responsabilità è dimostrare al popolo che l’LDP (acronimo inglese del Jiminto, ndr.) lavorerà per loro, indipendentemente dalle nostre divisioni interne”, ha dichiarato in una conferenza stampa. Ishiba ha anche segnalato che il suo partito non intende formare immediatamente un governo di coalizione, ma che prima terrà colloqui politici con altri partiti per guadagnare la loro fiducia.
Ha 30 giorni, cioè fino al 26 novembre, per raggiungere questo risultato: tanti la legge ne concede per la prima riunione della Camera neo-eletta. Anche se, in realtà, la coalizione di governo starebbe considerando di convocare una sessione parlamentare speciale l’11 novembre. L’attuale gabinetto di Ishiba si dimetterà in occasione della prima sessione e la camera bassa appena eletta, insieme alla Camera alta, terranno un nuovo voto per selezionare un primo ministro. Se Ishiba dovesse perdere, diventerebbe il primo ministro giapponese con il mandato più breve dalla Seconda guerra mondiale. Se nessun candidato otterrà la maggioranza al primo turno, i due con più voti andranno al ballottaggio e il vincitore di questo turno diventerà primo ministro, anche senza una maggioranza.
Accanto al lavorìo di Ishiba, tuttavia, c’è anche quello di Noda e del Partito costituzional-democratico, che ha incrementato la sua presenza alla Camera dei rappresentanti da 98 seggi a 148. “Ovviamente puntiamo a far eleggere il primo ministro dal nostro partito”, ha affermato Noda durante un’apparizione televisiva domenica. Sarebbe una rottura della prassi che vede il capo del partito di maggioranza relativa in maniera quasi automatica anche a capo del governo, ma la situazione che si è venuta a determinare nella camera bassa apre anche a questa prospettiva.
Noda ha incontrato ieri Tomoko Yoshino, la presidente della Confederazione dei sindacati giapponesi Rengo, la più importante organizzazione sindacale del paese, per chiedere sostegno all’ipotesi di un governo con lui a capo. Si tratta di una mossa strategica che punta a raccogliere anche i voti degli eletti del Partito democratico per il popolo, altro frammento dello scisso ex Partito democratico (come il Partito costituzionale democratico), che riuscì a battere nelle elezioni del 2009 il Jiminto aprendo una breve e sfortunata stagione al governo.
A questo punto, insomma, diventano cruciali i partiti minori dell’opposizione. E qui la partita si trasforma in un mercato, che si giocherà per lo più sottobanco: la situazione restituita dalle urne è molto frammentata. Per esempio, il Partito democratico per il popolo, uno dei più corteggiati al momento con i suoi 28 seggi ottenuti (+21 rispetto alle elezioni precedenti), ha chiarito che intende attendere e vedere cosa accade. Il suo leader, Yuichiro Tamaki, oggi ha detto che, per l’elezione a primo ministro, l’indicazione di voto al partito sarà per lui stesso. Ma che il Partito democratico per il popolo intende “collaborare su politiche valide e dire no a quelle che non lo sono”, sia che le proponga il Jiminto, sia che le proponga il partito di Noda. Non entrerà nella coalizione Jiminto-Komeito, mentre si è detto disponibile a vedere Noda e il leader dell’Alleanza per l’innovazione (Ishin no kai) – il secondo partito dell’opposizione, che ha ottenuto 38 seggi (-6 rispetto alle elezioni precedenti) – Nobuyuki Baba. Tuttavia trovare la quadra sarà opera complessa. Lo ha chiarito lo stesso Tamaki: “Sarà difficile collaborare senza un accordo sulla sicurezza nazionale, sull’energia nucleare e altre politiche energetiche, e sulla costituzione”. E d’altronde, come Tamaki, anche il leader di Ishin no kai, Baba, non ha escluso neanche alla fine di collaborare con il Jiminto di Ishiba.
Un’altra formazione su cui si appunta l’attenzione in questa fase politica il Partito comunista giapponese (Kyosanto), che è passato da 10 a 8 seggi nella camera bassa. La segretaria Tomoko Tamura ha espresso apertura alla collaborazione con chi presenterà l’alternativa alla maggioranza uscente. “Questo risultato rappresenta un giudizio sulla politica del Partito liberaldemocratico. Desidero impegnarmi a fondo nella collaborazione con altri partiti, laddove sia possibile, per apportare cambiamenti nella politica”, ha detto l’esponente comunista. Per quanto riguarda l’elezione del primo ministro, Tamura ha affermato: “Valuteremo la nostra posizione, ma il risultato di queste elezioni rappresenta un ‘no’ alla coalizione LDP-Komeito. Agiremo in risposta a questa richiesta e giudizio del popolo”.
Per qualsiasi primo ministro, è impossibile governare senza un controllo della camera bassa, che la più potente delle due camere. Approvare i bilanci e sopravvivere alle mozioni di sfiducia richiede una maggioranza proprio in questo ramo della Dieta. La situazione attuale, quindi, costringerà il prossimo primo ministro a una contrattazione continua. Ishiba vorrebbe costruire un rapporto duraturo anche con il Partito democratico per il popolo e Ishin no kai, il che gli garantirebbe una maggioranza solida. Inoltre, Ishiba potrebbe reintegrare i parlamentari che in precedenza sono stati privati del sostegno del partito e costretti a candidarsi come indipendenti a causa del loro coinvolgimento in uno scandalo di fondi neri. Ma questo sarebbe visto dagli elettori come un voltafaccia imbarazzante.