Tutto il Teatro Splendor in piedi per Giovanni Allevi
Il compositore e pianista Giovanni Allevi si è esibito giovedì sera per la pre-ouverture della Saison culturelle nell'ambito del Piano Solo Tour
Teatro Splendor in piedi per Giovanni Allevi, il compositore e pianista marchigiano protagonista della pre-ouverture della Saison Culturelle.
Un lungo e caloroso applauso già accoglie il musicista all’inizio, «sembra quasi l’applauso finale» dice con la sua voce timida, Giovanni Allevi sale sul palco del Teatro Splendor per regalare al pubblico di Aosta oltre un’ora di musica e parole.
La Saison culturelle ha voluto iniziare la stagione dei suoi primi 40 anni festeggiando, senza torte né clamore, con un concerto intimo e delicato.
All star, jeans e lupetto neri Allevi è rimasto l’eterno adolescente che passava le giornate alternandosi tra il lavoro da cameriere e la musica, nel suo monolocale milanese.
«Sono molto emozionato, quasi non respiro più per l’emozione» si schernisce il pianista marchigiano dopo il lungo applauso che l’ha accolto, e per prendere fiato ha esordito con Aria.
«Suonerò con tutta l’anima»
Il concerto prosegue tra i brani di maggior successo e le nuove composizioni raccontate dall’artista, che non ha nascosto i suoi gravi problemi di salute, con aneddoti e ironia.
Seguono Qui danza, Kiss me again, «che ho composto per festeggiare la fine della pandemia, quando le persone hanno potuto riavvicinarsi e baciarsi di nuovo».
Tra un brano e l’altro Allevi si sostiene al pianoforte, lo accarezza, si porta le mani al cuore per ringraziare degli applausi, spiega di avere due vertebre schiacciate e neuropatie dovute agli antidolorifici che gli provocano un tremolio alle mani «se doveste vedere dei tremori o sentire qualche nota fuori posto è per le mie neuropatie».
«Non potendo contare più sul mio corpo suonerò con tutta l’anima» ribadisce Allevi, mantra che ripete sempre da quando, dopo il ricovero per il mieloma multiplo, è tornato sul palco.
Chi però ha avuto la fortuna di ascoltarlo nel suo periodo migliore, chi, per esempio, era nel pubblico del Forte di Bard nel 2007, non percepisce le stesse emozioni, come se lo sforzo per far correre le dita sui tasti fosse troppo grande per un reale trasporto.
Si prosegue con Monolocale 7.30 am ispirata da un raggio di sole rosso che ha illuminato il monolocale milanese «e che mi ha infuso uno straordinario entusiasmo, che poi se n’è andato, ma per fortuna è rimasto il pezzo».
È la volta di Tomorrow, il brano con cui Giovanni Allevi è tornato sul palcoscenico del Festival di Sanremo, un brano con cui l’artista affronta la nuova percezione del futuro «il domani per me è piuttosto un presente allargato, ogni alba una promessa, ogni tramonto un arrivederci».
Scorrono veloci No more tears, Japan, la prima composizione di un diciassettenne «totalmente disadattato, non che adesso sia meglio», Our future e poi ancora Ti scrivo, dedicato all’unico amico dell’epoca, don Mauro, L’idea ispirata dal ritmo delle mele cadute dal sacchetto di una signora, Luna il «notturno malinconico, dolce però» dedicato al gatto Bastet e alla divinità femminile, Go with the flow.
Si alza, porta le mani al petto, ringrazia, spiega di dover fare un piccolo esercizio di stretching per i dolori alla schiena, si appoggia al pianoforte, si piega e poi prosegue a far scorre le dita tremolanti sui tasti.
Riprende con My angel, dedicato all’angelo custode, la divinità sul gradino più basso della scala gerarchica ma quello più vicino a noi, Panic «il mio stato d’animo abituale, Helena, una «meditazione per sola mano destra» dedicata a una pianista che ha perso l’uso della mano sinistra e chiude con Prendimi.
Al termine il Teatro Splendor è tutto in piedi per lui che concede due bis, la meravigliosa Back to life, che suonata oggi acquista un significato completamente diverso, e la rivisitazione del Te Deum tra rap e trap nella versione Charpentier/Allevi.
Lo Splendor, commosso, ringrazia.
(erika david)