Aborto: il Consiglio di Aosta contro la presenza del Terzo settore nei consultori
Approvato l'ordine del giorno contrario all'emendamento governativo al decreto Pnrr-Quater. La precedente battaglia in regione, però, lascia scorie nella maggioranza; contrari Lega e Forza Italia. Astenuti Giordano e Renaissance
Aborto, il Consiglio comunale di Aosta si schiera contro il decreto del Governo che prevede la possibilità di avvalersi di volontari del Terzo settore (leggi associazioni pro-vita) nei consultori (emendamento al decreto Pnrr-quater).
Questo il succo dell’ordine del giorno approvato nell’assemblea cittadina, dopo una lunga discussione e un tentativo a vuoto di emendamento da parte di Bruno Giordano (Lega e Gruppo Autonomia e Libertà), che impegna «il Presidente del Consiglio a esprimere ai parlamentari valdostani il dissenso del Consiglio stesso rispetto alla norma inserita nel Decreto 2 marzo 2024 n. 19» e auspica che la legge 194 del 1978 sia «applicata appieno, laddove si consente alle donne determinate a interrompere la propria gravidanza, in piena coscienza e deliberata volontà, di poterlo fare in sicurezza e riservatezza», rimuovendo gli «ostacoli di natura sociale ed economica».
Aborto: la votazione
Il documento presentato da Pcp, come dimostrano le votazioni, ha però riportato a galla anche lo scontro avvenuto la scorsa settimana in consiglio regionale.
Il risultato è che a fronte del voto favorevole di gran parte della maggioranza, Sarah Burgay (vice capogruppo), Diego Foti e Luciano Boccazzi (Area Democratica) hanno lasciato l’aula.
Astensione per Bruno Giordano («a malincuore»), Roberta Carla Balbis e Cristina Dattola (Renaissance) e voto contrario per Sylvie Spirli e Sergio Togni (Lega) e Renato Favre (Forza Italia).
Aborto: l’ordine del giorno
A introdurre l’ordine del giorno, il capogruppo di Pcp, Paolo Tripodi, che ha ricordato «l’acceso dibattito» surriscaldatosi negli ultimi tempi su un tema che «divide».
Per Tripodi, la 194 del 1978 è nata con «lo scopo di tutelare la salute della donna e far uscire da pratiche clandestine l’aborto, peraltro riducendoli in maniera drastica – ha spiegato in aula -. Spesso, però, la contrapposizione di pensiero fa dimenticare una cosa fondamentale: chi e cosa debba essere tutelato, ovvero un diritto e la libertà di scelta delle donne».
Paolo Tripodi ha poi evidenziato come «La 194 deve essere un pilastro, dobbiamo tutelarla – ha continuato -. E non possiamo condividere le recenti misure che intaccano la piena libertà delle donne, scevra da interferenze di sorta».
E ha poi concluso, ricordando come la legge sull’aborto «prevede già la presa in carico delle donne da parte di specialisti per accompagnarle nella scelta dell’IVG e il coinvolgimento delle associazioni pro-life non solo appesantirebbe il loro percorso, ma potrebbe compromettere la riservatezza che tale scelta richiede».
Il dibattito
Lungo e articolato il dibattito, aperto dall’assessora alle Politiche sociali, Clotilde Forcellati, che ha ricordato come la legge sull’aborto faccia parte dei passaggi epocali del 1978, al pari della Basaglia e dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale.
«La 194 ha e ha avuto un percorso travagliato – ha spiegato -. I dati dimostrano un grande calo negli anni e questo vuol dire che c’è sempre maggiore consapevolezza dell’autodeterminazione e della libertà della donna: l’aborto non è un contraccettivo, ma un momento difficile, che la donna deve fare in coscienza, aiutata nei presidi territoriali».
Ricordati dati «preoccupanti», come la cospicua presenza di obiettori di coscienza in numerose regioni italiane, ma anche la posizione all’avanguardia, in materia, della Valle d’Aosta, Forcellati ha sottolineato come la nostra regione «è quella in cui l’interruzione di gravidanza è maggiormente accompagnata e fattibile – ha aggiunto -. Non abbiamo bisogno di persone e associazioni che entrino in consultorio non avendo nulla a che vedere con il percorso sanitario e professionale di cui una donna ha diritto».
E ha poi aggiunto.
«Non si può cambiare la legge? Allora si prova a picconarla con piccoli emendamenti. L’interruzione di gravidanza è un diritto, non un dovere, una scelta dolorosa, ma che si deve fare senza sensi di colpa».
Diego Foti (Pcp e Area Democratica) è poi uscito dall’aula per le note discrepanze legate alla politica regionale, ma prima ha messo i puntini sulle i, ricordando le pesanti limitazioni maturate in Alabama.
«In questo senso, l’emendamento al Pnrr, che poco centra con lo stesso, mette un piccolo semino e lancia un messaggio politico chiaro – ha detto -. Vedo delle affinità con quanto accaduto in Alabama e ritengo che questo diritto va difeso. La Regione avrebbe dovuto dire a chiare lettere che non intendeva avvalersi dei servizi “offerti” dall’emendamento, invece ha tergiversato, promuovendo un aborto di risoluzione».
Gabriella Massa (Pcp) ha parlato di un mondo in continua evoluzione soprattutto per le questioni etiche, ma anche rivelato come «non avrei mai pensato di dover difendere alcuni diritti sanciti, che pensavo facessero parte del bagaglio culturale e civile di un paese – ha spiegato -. L’aborto è un diritto, un’opportunità di fare una scelta sempre e assolutamente dolorosa. Per questo è necessario che accanto alle donne ci siano persone preparate, professionali e non ideologicamente schierate».
Bruno Giordano ha ricordato il suo apporto nel comitato a favore del referendum pro-aborto e pro-divorzio.
«Era uno scontro durissimo, contro la Democrazia Cristiana e la Chiesa – ha riportato alla mente -. Ma l’abbimo vinto, perché non si sono accorti che si trattava di una battaglia retrograda; la società civile era già più avanti».
Ricordato come «un intervento è sempre un intervento e non credo che nessuno sia mai felice di farlo», si è detto dispiaciuto di non poter sottoscrivere l’ordine del giorno per alcune carenze e fraintendimenti.
«Un contro è preoccuparsi di un attacco a un diritto – ha concluso -, un altro portare avanti una campagna di odio reciproco. Nessuno ha portato modifiche alla legge in Parlamento; e se mai sarà, sapremo comunque da che parte della barricata stare».
Cecilia Lazzarotto (Pcp), ha evidenziato come una piccola regione come la nostra, «con tanti difetti» e spesso nascosta a livello nazionale, abbia avuto coraggio a «prendere una posizione importante, pur con dinamcihe rivedibili – ha sottolineato -. Nel momento in cui ci si impegna a non seguire una limitazione all’attuazione della legge 194 e a non investire fondi del Pnrr per questo, mi sento orgogliosa».
E ha concluso.
«L’aborto è una libera decisione, che spetta a ogni singola donna e non può essere vincolata da una volontà esterna – ha aggiunto -. Mi auguro si faccia un passo indietro sulla voglia di mettere in discussione la 194. Ordine del giorno presentato da un uomo? Ben venga qualcuno che combatta per i diritti delle donne».
Sylvie Spirli, ovviamente, si è opposta alla lettura data dalla maggioranza.
«Nell’emendamento al Pnrr si parla di qualificata esperienza – ha esclamato -. E secondo noi va in linea con la legge 194, rispondendo a esigenze di solidarietà sociale».
Sottolineato come nessuno voglia «violare la legge sull’aborto» e anzi si seguendo i dettami «dell’articolo 2», Spirly ha respinto le «accuse di attacco alla libertà della donna – ha terminato -. È inaccettabile continuare a strumentalizzare ogni intervento: noi non vogliamo limitare il perimetro di libertà, ma ampliarlo. Chi si proclama paladino della 194 ignora che la libertà non ha colore politico».
A chiudere Pietro Varisella (Av).
«I dati fanno comunque spavento e qualche preoccupazione rimane – ha concluso -. L’emendamento può sembrare di piccola portata, ma è un segnale. Ci vuole gente preparata che aiuti le donne a capire le motivazioni e affrontare il momento. Ma noi siamo forse ancora troppo retrogradi, tanto che molte persone vanno all’estero per far valere i propri diritti».
(alessandro bianchet)