Artigiani in Valle d’Aosta, Guido Diémoz: «mi piace il legno con un’anima da assecondare»
L'artigiano di Doues ha vinto il Prix Pierre Vietti che il Comité des Traditions Valdôtaines ha assegnato per lo studio e la ricerca sul tema 'Il ruolo della donna nella comunità valdostana'.
Artigiani in Valle d’Aosta, Guido Diémoz: «mi piace il legno con un’anima da assecondare».
Sta per concludersi il viaggio di Gazzetta Matin intrapreso per conoscere da vicino gli artigiani premiati in occasione della 1024ª Fiera di Sant’Orso.
Nadia Camposaragna cura tour nei laboratori degli artigiani che si sono distinti in questa edizione della Millenaria.
Dopo aver conosciuto Marcel Diemoz, Prix Don Garino; Aldo Bollon, Prix Jans con il corso di vannerie di Saint-Marcel; Michael Munari, Prix Enfanthéâtre; Luigi Marquis, Prix Berton; Ornella Crétaz, doppio premio a La Saint-Ours 2024: Prix Savt-Foire de Saint-Ours assegnato dal Savt all’opera o allo stand più originale o innovativo nel settore dell’artigianato tradizionale e che illustri meglio il mondo del lavoro e Prix Fidapa assegnato dalla Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari all’espositrice che ha realizzato l’opera più creativa e artistica, Angelo Giuseppe Bettoni, ‘Pino’ per tutti, Prix Noces d’or avec la Foire; Sebastiano Yon al quale è stato assegnato il Prix più ambito, il Prix La Saint-Ours 2024, Cristian Gallego Selles, Prix Domenico Orsi, assegnato allo scultore che ha rappresentato il concetto di dono, Davide Brusaferro, 17 anni, Prix Amédée Berthod, assegnato all’espositore più promettente con meno di 25 anni, Franco Pinet, Prix Ville d’Aoste Franco Balan, conosciamo Guido Diémoz, Prix Pierre Vietti, assegnato dal Comité des Traditions Valdôtaines per lo studio e la ricerca storica sul tema 2024: Il ruolo della donna nella comunità valdostana.
Lo tén di recor, il secondo taglio del fieno
Guido Diémoz ha vinto il Prix Pierre Vietti per la scultura Lo tén di recor.
L’incontro con lui è un tuffo nella memoria sfogliando pagine di vita e tradizione in un bel pomeriggio nel cuore della Coumba Freida insieme alla moglie Elvira Barmette più volte premiata per la vannerie, già allieva di Aldo Bollon.
Premio a Donnas e Prix Vietti ad Aosta
Guido, a 10 giorni dal 1° premio per l’opera “Ma fëta di couscrì” alla Petite Foire di Donnas, è arrivato il Prix Pierre Vietti…
«Ero già contento a Donnas, poi quest’altra bella emozione da custodire nella memoria».
Già la memoria. Per lo scultore uno scrigno da cui attingere ricordi vissuti o ascoltati che scolpisce senza disegni preparatori, come se le idee conducessero le sue mani a tradurre l’armonia in meraviglia.
Nelle sue opere si leggono storie di vita rurale valdostana, realtà scomparse come ne “La Carbonaia” o che vanno perdendosi come in “Merenda nei campi”. In Lo tén di recor?
«Recor indica il secondo taglio del fieno, a metà agosto.
Rastrellarlo e radunarlo in alti cumuli a cono detti “cioton”, per favorirne l’essiccazione quando ancora non esisteva la meccanizzazione agricola, era una mansione prevalentemente delle donne alle quali ho dedicato questa scultura».
Guido Diémoz, vive e ha laboratorio e atelier in località Chanet dove è nato.
Dopo la scuola, lavora al Consorzio Fontina come salatore, poi in ospedale «in cucina, come manutentore e muratore, “un po’ factotum”», quindi, a un ballo di carnevale conosce Elvira e, sulla scia di quel ricordo, sbuca l’album di nozze con loro sposi nella chiesetta di Signayes il 14 giugno 1975 «…tra poco festeggeremo i 49 anni e il prossimo anno le nozze d’oro».
Da Lo Bon Megnadzo a La Maison du Bon Megnadzo
Dal 1985 al 2007 con Elvira gestisce il ristorante Lo Bon Megnadzo…
«Dagli anni ‘50 mio papà Elio aveva una piccola osteria.
Ero già abituato a certe realtà. Così con Elvira abbiamo predisposto due campi da bocce e per amici e partecipanti preparavamo spaghettate e altro prima di aprire il ristorante dove son nate molte amicizie e si ritrovavano anche i giocatori degli sport popolari. Siam finiti anche su Canale5 in Scene da un matrimonio con Davide Mengacci.
Elvira cucinava e nel menù mai mancava la Seupa à la Vapelenentse.
Dopo noi, è stato trasformato in “La Maison du Bon Megnadzo” (Chambres d’hôtes) e gestito tuttora da nostra nuora Elisa Dussoyer insieme a nostro figlio Erik.
Loro ci han resi anche nonni di Fabien e dei gemellini Eloy e Ines».
La prima Foire nel 1976
Quando si è intrecciata la scultura con la sua vita?
«A 13 anni scelsi di fare il “cit” all’alpeggio di By e lì iniziai a scolpire maschere di corteccia.
Presi anche un premio alla Festa dei pastorelli al Teatro Romano di Aosta.
Poi la mia prima Fiera nel 1976, dopo i corsi di scultura a Doues del pittore Etto Margueret e di Rinaldo Jordaney e del professor Rolando Robino per approfondire disegno e proporzioni.
Negli anni ‘80 anch’io ho insegnato scultura che, accantonata negli anni del ristorante, ho ripreso nel 2004.
La tradizione in Fiera, ma anche l’innovazione
Nel tempo trovo che la Fiera di Sant’Orso sia migliorata in qualità grazie all’insegnamento delle varie tecniche artigianali.
Spero che con il cambio generazionale non si perdano troppo le radici della tradizione, ma bisogna pur andar andar avanti e innovare».
Finora Diémoz ha raccolto innumerevoli premi e riconoscimenti non solo alla Fiera di Aosta e di Donnas, gli sono state dedicate pubblicazioni e ha partecipato a numerosi eventi e mostre tra cui quelle in Spagna con lo scultore Dorino Ouvrier e la personale Il mondo rurale e le sue tradizioni – La restituzione della memoria a Torino nel 2023 e dal 9 all’11 agosto prossimo esporrà al 34° Salon du livre de Montagne de Passy in Alta Savoia con altri artisti valdostani: Donato Savin, Michele Turco e Fulvio Viquéry autore, tra l’altro, dell’affiche del Salon.
Le grandi sculture
Nel tempo le sue opere sono diventate articolate, comprese le “grosses pièces”…
«Davanti a grandi radici rovesciate o grandi tronchi la sfida è altrettanto grande, ma c’è lo spazio necessario per raccontare al meglio ciò che ho in mente.
Nei soggetti cerco il movimento che più li identifichi e l’espressione che ne restituisca i sentimenti: gioia, fatica o sforzo legati al suo ruolo e mi piace il legno con un’anima da assecondare, anche con difetti o imperfezioni (pietre, nodi, crepe, ecc.), che possono rivelarsi pregi».
Apicoltura, altra passione
Accanto alla scultura c’è un’altra passione…
«…Per l’apicoltura. Mio figlio dopo un corso, ha mollato tutto a noi che piano piano ci siamo appassionati.
È un mondo a parte, affascinante, dal quale è difficile staccarsi».
La scultura le ha dato tante emozioni…
«Sì, anche una recente. I bimbi della scuola di Doues son tornati quest’anno con le maestre Monique e Alma e mi han donato un album con i loro disegni ispirati alle sculture, viste nel mio atelier.
Una sorpresa che mi ha commosso.
Il mio grazie a loro e a tutti quelli che mi seguono da sempre, in particolare a Guido Corniolo e a Mauro Arneodo organizzatori dei miei eventi e a Henri Armand e a mio cugino Eugenio Isabel per l’aiuto legato al nostro patois e alla ricerca delle realtà tradizionali».
Qui la scultura Ma fëta di couscrì.
Nell’opera, lo scultore ha raffigurato il ricordo della sua festa da coscritto, il 22 luglio 1968.
(nadia camposaragna)