25 aprile Aosta, il sindaco Nuti: liberi dal passato e liberi di costruire il futuro
“Liberi dal passato e liberi di costruirci il futuro”. Così il sindaco di Aosta, Gianni Nuti, nel suo intervento oggi, 25 aprile, in piazza Chanoux in occasione della cerimonia della Festa della Liberazione.
Una Festa, quella del capoluogo regionale, iniziata al cimitero di Aosta con la santa messa al Sacrario e la deposizione di una corona e proseguita al giardino della Rimembranza, in via Festaz, di fronte all’Isit Manzetti, con la deposizione di una corona di alloro al monumento Mors pour la liberté. Le autorità civili e militari e numerosi cittadini hanno poi raggiunto piazza Chanoux sulel note di “Bella Ciao”, eseguita dalla Banda municipale, dove si sono tenuti l’alzabandiera, la lettura dei primi sei articoli della Costituzione da parte di giovani atleti del Gruppo Sportivo Godioz e gli interventi del rappresentante dell’Anpi, Claudio Maderloni e del sindaco di Aosta, Gianni Nuti.
L’appello dell’Anpi: stop alla guerre
Accorato appello dell’Anpi nazionale: “stop a tutte le guerre”. “Spira un mortale vento di follia”, ha detto Maderloni, ricordando che “l’Italia fascista è sempre stata in guerra, seminando miseria, morti e feriti. L’articolo 11 della Costituzioneripudia la guerra. Oggi la guerra è tornata, inutili le parole del Papa”.
Maderloni ha ricordato la genesi del fascismo (le espressioni ventennio fascista o, semplicemente, ventennio si riferiscono al periodo che va dalla presa del potere del fascismo e di Benito Mussolini, ufficialmente avvenuta il 31 ottobre 1922, sino alla fine del regime, avvenuta formalmente il 25 luglio 1943, ndr), citando don Minzoni, assassinato nel 1923, Giacomo Matteotti ucciso nel 1924, 100 fa il 10 giugno prossimo, le leggi fasciste del 1926 e quelli razziali del 1938.
Non sono mancate alcune stoccate all’attuale Governo.
Il discorso del sindaco di Aosta
Parole, soltanto parole…
Sono i fatti che contano, noi siamo gente concreta… eppure una parola può cambiare la nostra visione del mondo… sì perché in realtà sono pezzi di carne, lame sottili e taglienti, talora sono frane rovinose.Allora spendiamo alcune parole anche oggi, certi che, ancor più oggi, non siano poi così vane.
Dal 25 aprile 1945, in questa città dal 28, siamo donne e uomini liberi.Essere Liberi da, ma anche essere liberi diLiberi da quel fascismo nato nel sangue, quello sparso dagli squadristi che fracassavano il cranio degli oppositori politici, compreso quello di Giacomo Matteotti, di cui ricorrono i cent’anni dalla morte il prossimo 10 giugno – ricordiamolo almeno noi… -; liberi da quel fascismo spento nel sangue fratricida della guerra civile e di un devastante conflitto mondiale.
Liberi da quegli occhiali che il fascismo aveva imposto per vent’anni ai nostri padri e che, come nel mondo distopico raccontato ne l’Orso Bianco – episodio della serie televisiva Black Mirror – avevano trasformato ipotetici, immaginari nemici in mostri deformi, pericolosi e istigatori d’odio: prima gli operai comunisti, poi i vecchi parlamentari poi i libici, gli etiopi, i sodomiti, i subnormali, i giudei (usiamo il lessico dell’epoca)… seminare morte per unire un popolo…Ma era solo un regime manesco? Che annientava gli oppositori a suon di manganellate o di fucilate e basta? A quel tempo gli scappellotti volavano in ogni casa e all’osteria ci si menava per un nonnulla, che volete fosse mai? No: il veleno più tossico e penetrante era fatto, non ci si crede, di cultura… ovvero di quell’insieme di idee sul mondo che ne ritagliano i contorni proprio a suon di parole e di scritte in ogni muro e di disegni-simbolo. È quella cultura che ha riempito le menti di menzogne e semplificazioni e ha fatto vivere nel reciproco sospetto, confondendo una verità che, udite, esiste ed è incontrovertibile e va riconosciuta e difesa. È quella cultura che ha fatto sì che non ci fossero posizioni politiche di destra o di sinistra pronte a dibattere in un civile confronto democratico, ma solo l’unica posizione di un popolo monolitico: ecco le radici del populismo, un unico pensiero grezzo – per noi valdostani anche un’unica lingua – un unico colore (il nero), un simbolo identificativo (il teschio), incarnato da un uomo solo, il Duce Benito Mussolini. Una cultura della maschera, macabro simulacro della gloriosa commedia dell’arte che passava attraverso il linguaggio del corpo, ancora più penetrante di quello delle parole: si gesticolava in ogni consesso pubblico con enfasi solo apparentemente caricaturale, in realtà seduttiva, ammaliante, esteticamente icastica e insieme fonte di sacro timore.
Restiamo Liberi, cittadine e cittadini, da plastici incantatori di serpenti…Noi, figli del 25 aprile 1945, siamo grati a coloro che hanno conquistato la libertà di mettere a servizio del nuovo Stato tutte le energie migliori, gli intelletti più raffinati, le donne e gli uomini più coraggiosi con molteplici visioni del futuro: liberali, cattolici, comunisti, socialisti, membri del Partito d’Azione, autonomisti, federalisti… per scrivere le regole del gioco democratico insieme, e fondare i principi di una comunità più umana di quella passata, di immaginare una cultura migliore di quella allora ereditata e comunque persistente nelle coscienze, nonostante le macerie e i dolori e le perdite subite. Siamo grati per averci permesso, almeno fino ad oggi, d’essere liberi di esprimerci, civilmente, in ogni modo, liberi di cercare la verità con ogni mezzo, magari senza trovarla appieno, ma potendoci provare, liberi anche di ammettere che odio porta odio e che la crudeltà sta nel genere umano e in certe condizioni si sparge da ogni parte. Assaporiamo ancora oggi la libertà di sentirci popolo nelle differenze, colorato come un arcobaleno, appassionato alla vita, attento alle fragilità, curioso conquistatore di nuove conoscenze, prudente, ma senza paura del nuovo.
Noi, figli di Émile Chanoux, Federico Chabod, Amédée Berthod, Lino Binel, Joseph Bréan, Guglielmo Caracciolo, Enrico Chantel, Cesare Olietti, Émile “Milò” Lexert noi, figli di Alessandro Passerin d’Entrèves, Ida Desandré, Ico Enrico Loewenthal, Antoine Caveri, Maria Ida Viglino, Anna Cisero Dati, noi figli di tutte le staffette e di tutti i partigiani non citati ma indimenticati, dei soldati degli alpini e dei carabinieri che hanno disobbedito all’invasore noi, indegni successori del primo sindaco della rinata città di Aosta, Carlo Torrione, non possiamo che difendere con ogni forza tutte le libertà conquistate per la nostra terra, per la nostra gente.
Per tutto questo, nell’Italia liberata, esprimiamo noi il desiderio che tutti coloro i quali giurano fedeltà al popolo italiano, nessuno escluso, con una mano sulla Costituzione pronuncino queste poche parole: io giuro di combattere ogni giorno contro il fascismo che c’è in me e che rigurgita, tenta di risalire e di prendere il sopravvento seminando intorno a me un acre odore di morte.Giuro di essere antifascista.
Viva la RepubblicaViva l’Italia liberataViva la Valle d’Aosta autonoma perché antifascista.
La Festa prosegue
Non solo Aosta: cerimonie a Courmayeur, Saint-Pierre, Fénis, Saint-Marcel, Nus, Verrès, Saint-Vincent, Arnad e Fontainemore.
Oggi pomeriggio, al campo sportivo di Saint-Christophe, è in programma il Trofeo della Liberazione riservato alla categoria Pulcini.
Sempre, ad Aosta, alle 15, con ritrovo sotto i portici di corso Battaglione all’angolo con via Giorgio Elter, è in programma una passeggiata di istruzioni sui luoghi della Resistenza. Alle 16.30 sotto i portici di piazza Chanoux concerto della Banda municipale di Aosta che anticipa l’ammainabandiera.
(L. M.)