Artigiani in Valle d’Aosta, Aldo Bollon: «passione vannerie, l’intreccio è anche svago»
Il Prix Carlo Jans è stato assegnato al corso di vannerie di Saint-Marcel tenuto dall'artigiano aostano «per la scelta e l'asssemblaggio dei materiali usati, per il buon lavoro svolto e il risultato finale espresso nella maggior parte delle opere esposte»
Gazzetta Matin ha iniziato un viaggio per conoscere da vicino gli artigiani premiati in occasione della 1024ª Fiera di Sant’Orso.
Nadia Camposaragna curerà il tour nei laboratori degli artigiani che si sono distinti in questa edizione della Millenaria. Dopo aver conosciuto Marcel Diemoz, Prix Don Garino, è la volta di Aldo Bollon, Prix Jans con il corso di vannerie di Saint-Marcel.
Il Prix Carlo Jans
Il Prix Carlo Jans è assegnato dall’assessorato competente in materia di artigianato di tradizione, al corso di vannerie di Saint-Marcel tenuto dal maestro Aldo Bollon «per la scelta e l’asssemblaggio dei materiali usati, per il buon lavoro svolto e il risultato finale espresso nella maggior parte delle opere esposte».
A parlarcene è il maestro Aldo Bollon nel suo laboratorio di Aosta in via Lino Binel e durante una lezione a Nus.
Aldo, una sorpresa questo premio…
«Una sorpresa e una bella soddisfazione.
Per me dopo tanti anni di insegnamento e per i miei bravi allievi (Paolo Alfeo, Marcello Berriat, Ylenia Bioley, Antonella Biscaro, Riccardo Brulard, Rosella Brulard, Aldo Campotaro, Martina Chapellu, Cristina Chatel, Silvano Cuaz, Tiziana Favre, Marco Fary, Corrado Haudemand, Patrick Jaccod, Guido Letey, Viviana Muin, Oriana Mus, Cédric Noussan, Nadia Noussan, Loredana Osanna, Elena Rosset, Diego Squinabol e Silvana Tripodi), a dimostrazione che hanno lavorato bene».
Chi è il maestro Aldo Bollon
Nato ad Aosta in una famiglia di agricoltori e allevatori, Aldo Bollon è operaio Iseco, socio Asiv e ama il giardinaggio, ma il pallino per la vannerie è arrivato in modo particolare.
«Era tra il 1996 e il 1997.
Mi incuriosii perché mia zia Rina Bollon frequentava il corso di vannerie a Sarre, di Nadia Marquis e Luciano Giachino, così mi iscrissi anch’io e iniziai a partecipare alla Fiere di Sant’Orso di Aosta (inizialmente con la scuola) e Donnas, alla Foire d’été e ad altre in Valle tra cui la Pâquerette, oltre che alla mostra-concorso dove negli anni ho ricevuto due secondi premi e un terzo.
Mi manca il primo, ma – sorride – ci sto lavorando».
Salice, nocciolo e non solo
Che materiali si usano nell’arte antica dei ‘canestrai’?
«Per le strutture si usa nocciolo (più tipico in bassa Valle), castagno, corniolo e viburno.
Per l’intreccio si può usare anche il nocciolo spaccato e la vitalba (liana raccolta in inverno quando è più asciutta e ha meno linfa, quindi più robusta, ma impegnativa da prendere per via della sua lunghezza e da pulire, spellandola), ma principalmente si usa il salice.
Si trova lungo i ruscelli o la Dora Baltea, oppure si coltiva. La raccolta va da gennaio a marzo prima che inizi a germogliare, sempre in luna calante per evitare o arginare l’insorgenza delle camole.
Ha diverse sfumature di colore che variano con il passare del tempo e diverse caratteristiche. Ci sono i salici chiari e quelli scuri o gialli (più flessibili) usualmente coltivati e più belli da vedere, usati molto in bassa Valle nelle pergole delle vigne».
Una passione che ti ha portato ad insegnare…
«Dall’autunno del 2000 con un corso a Valpelline, poi ad Antey-Saint-André, a Sarre, a Doues, a Cogne, a Valsavarenche, all’Institut Agricole e fino ai tre corsi attuali ad Aosta, a Pré-Saint-Didier e a Nus con gli allievi premiati del corso di Saint-Marcel che, ospitato dal Comune di Nus, è organizzato dalla biblioteca intercomunale Saint-Marcel, Nus e Fénis.
Prima ci si procura il materiale, poi si intreccia
I corsi partono con l’uscita per andare a procurarsi il materiale e imparare a riconoscerlo, poi si inizia con un cesto base con intreccio a coste valdostano, che richiede più tempo che l’intreccio a tre fili (corale), intessendo il salice sulla struttura e arrivando con fasi successive a realizzare manufatti più impegnativi come gerle, van per granaglie, cesti da pastore o da pesca.
Il bello di insegnare è trasmettere una tradizione, avere momenti di confronto e stare in compagnia. Lavoro e divertimento».
L’intreccio richiede pazienza e precisione…
«…ma è anche un momento di svago. Si producono oggetti unici, ideando anche forme nuove di fantasia per oggetti che dispiace pure vendere a volte, ma che al contempo fa piacere vengano apprezzati».
Altri intrecci che ti piacerebbe imparare?
«Il punto cucito, lunghissimo nella lavorazione, che in Valle d’Aosta solo due artigiani sanno fare: Giorgio Cornaz di Morgex e Gino Charbonnier di Arpuilles».
Aspettando la Foire d’été
Ti vedremo alla prossima Foire d’été?
«Sì, mi sto impegnando ad ideare strutture per qualcosa di nuovo, ma parteciperò anche alla mostra-concorso con la culla, il tema ‘vannerie’ di quest’anno».
(nadia camposaragna)