Agricoltura di montagna: fragole e pomodori cuori di bue non temono confronti
Al salone Vaudan dell'Institut Agricole si è parlato delle sinergie tra orticoltura, frutticoltura e viticoltura e si è ribadita la necessità concreta della certificazione per far conoscere i prodotti di qualità
«Non bisogna solamente generare buoni prodotti, ma è fondamentale farlo sapere».
Geremia Glos, professore ordinario di Economia agraria presso l’Università di Trento, sintetizza con queste parole un concetto più volte espresso durante l’evento “Agricoltura di montagna e (è) sostenibilità – le giuste sinergie tra orticoltura, frutticoltura e viticoltura” che si è tenuto oggi, martedì 16 gennaio al salone Joseph Vaudan dell’Institut Agricole Régional di Aosta.
L’assessore all’Agricoltura e Risorse naturali Marco Carrel ribadisce che «La qualità della produzione in Valle d’Aosta è alta, ma dobbiamo imparare a certificarci, a valorizzare quello che già abbiamo, altrimenti è come correre in 9 secondi i 100 metri e non partecipare alle Olimpiadi.
Per diventare campioni Olimpionici bisogna esserci».
Il valore della certificazione
Glos spiega al folto pubblico presente, costituito in larga parte da lavoratori del settore, l’importanza concreta della certificazione.
«Molte volte chi vive in montagna dà per scontata la qualità superiore, ma ci si dimentica che essa esiste solo se riconosciuta dal consumatore.
Non può derivare come accade per l’agricoltore dall’idea tacita di gestione ed esperienza che si tramanda da generazioni.
La conoscenza sottintesa non è patrimonio dei consumatori, che hanno bisogno del supporto delle ricerche e soprattutto di un marchio distintivo che identifichi quel prodotto con determinate caratteristiche.
In mancanza di ciò non è possibile ottenere risultati duraturi.
Serve un messaggio semplice, immediato per poter riconoscere in maniera rapida la validità».
All’interno dell’ampio confronto sulla sostenibilità Glos vi pone al centro il valore identitario.
«L’attività agricola in montagna è da considerare sostenibile perché fondamentale per la valorizzazione delle risorse e dei valori locali, contribuisce infatti alla costruzione dell’identità attraverso i prodotti alimentari» puntualizza Glos.
Se da una parte si discute a livello teorico, dall’altra parte Francesca Madormo, ricercatrice all’Institut Agricole Régional, riporta alcuni risultati dell’analisi condotta sui prodotti locali.
Fragole e pomodori cuore di bue
«È un lavoro iniziato tre anni fa con l’obiettivo di quantificare concretamente quanto i nostri prodotti fossero buoni a confronto con quelli extraregionali Italiani – spiega -. I dati sembrano confermare una qualità superiore.
Le fragole locali sono migliori per gli zuccheri e per la minore umidità, cioè possiedono una sostanza secca maggiore, sono più concentrate e più conservabili nel tempo. In questa maniera introduco nel mio organismo maggiori elementi nutritivi.
Anche i pomodori cuore di bue locali sono migliori per il rapporto tra zuccheri e acidi, soprattutto in prossimità della raccolta. Significa che vengono raccolti nel momento giusto della maturazione».
Nella foto in alto, un momento dell’incontro di stamattina all’Institut Agricole.
L’approfondimento su Gazzetta Matin in edicola lunedì 22 gennaio.
(luca mauro melloni)