Splendor in delirio per “la cultura” degli Elio e dell’architetto Mangoni
Standing ovation, urla, applausi il pubblico di Aosta non si risparmia per gli Elio e le Storie Tese tornati sulle scene con i grandi classici che hanno segnato la loro carriera
Raramente si è visto un Teatro Splendor così: standing ovation disordinata, applausi, grida tanto da stupire anche i sette (anzi gli otto, come dimenticare la fondamentale presenza dell’architetto trasformista Mangoni) sul palco che ricordavano «un’Aosta un po’ più composta e moderata, eh ma la cultura…».
Tutto esaurito allo Splendor
Faso e Elio
Elio e Le Storie Tese hanno fatto il botto ieri sera, giovedì 14 dicembre, in uno Splendor tutto esaurito, nell’ambito della Saison culturelle.
Tornati insieme dopo aver dato l’addio alle scene nel 2018 Elio, Faso, Cesareo, fuori Rocco Tanica, dentro Carmelo – Vittorio Cosma, già voce narrante in alcuni album, con Christian Meyer e Jantoman e un’incredibile Paola Folli, sono in tour con Mi resta un solo dente e cerco di avvitarlo, concerto spettacolo con la regia di Giorgio Gallione che interpreta il mondo di adesso con i brani di allora, incredibilmente sempre attuali.
Viaggio nella Terra dei cachi
Un viaggio nella Terra dei cachi, passando dal boschetto della fantasia e dal Parco Sempione, con le musichette che hanno fatto la storia della band simbolo di un’epoca.
Di bianco vestito -con reggicalzino sotto i bermuda per Elio e varie sedie sulle quali riprendere un attimo il fiato-, il complessino ha generosamente pescato nel repertorio dei primi anni, quei ’90 che hanno catapultato il pubblico in un viaggio nel tempo al di là di ogni politically correct.
A colorare la scena ci hanno pensato l’architetto Mangoni che ha vestito i panni del Super Giovane, del Vitello dai piedi di balsa e dei vari personaggi che popolano l’universo di EeLST, e le immagini di sfondo, un po’ Basquiat, un po’ Keith Haring.
Le musichette
Chi sperava che almeno nel bis gli Elii potessero regalare ad Aosta anche l’intramontabile Cara ti amo, è rimasto deluso, come anche chi si aspettava John Holmes o Shpalman, ma le perle portate in scena, cantate e suonate (e come suonate, signori!) sono state davvero tante.
Da La Terra dei cachi a Uomini col borsello, dal Supergiovane a Il vitello dai piedi di balsa e poi ancora Valzer transgenico, Pork & Cindy, Servi della gleba, Parco Sempione per finire con Tapparella (e quella maledetta festa delle medie) il tutto inframezzato da piccoli interventi di prosa, poesia, narrativa, incredibili assoli dei musicisti e sberleffi ai colleghi come con la storpiatura di Brividi di Blanco e Mahmood.
Così come gli artisti sul palco, il pubblico non si è risparmiato nei cori, negli applausi e nelle urla, mettendo -abbastanza- d’accordo anche gli storici abbonati della Saison: «Un po’ particolare…» è il commento di due signore all’uscita.
(erika david)