25 novembre, la testimonianza di Serena, molestata in bicicletta: «noi donne non siamo neanche libere di fare sport»
Un progetto di sensibilizzazione ed educazione con l'aiuto di Fiab Aosta à vélo; ecco il racconto di Serena Moirano
25 novembre, la testimonianza di Serena, molestata in bicicletta: «noi donne non siamo neanche libere di fare sport».
Donne e sport.
Un binomio che sembra inconciliabile. Il 92% ha paura di uscire da sola; più della metà teme di essere aggredita fisicamente.
Il 38%, come dire una su tre, ha subito molestie fisiche o verbali.
Il 56% ha ricevuto attenzioni indesiderate, commenti sessisti o apprezzamenti indesiderati a sfondo sessuale.
Il 53% ha ricevuto un colpo di clacson o è stata seguita.
Il video ripercorre un fatto realmente avvenuto
Un video (realizzato con la collaborazione di Fiab Aosta à Vélo) ripropone un episodio di molestie realmente accaduto e lancia un messaggio di speranza: «lotteremo insieme per non voltarci più indietro ma guardare avanti».
I fari, il clacson poi le molestie
Due anni fa, Serena Moirano, oggi 26 anni, insegnante di educazione fisica alle scuole primarie, ciclista e influencer residente a Pont-Saint-Martin, stava percorrendo in bicicletta, un tratto in salita, tra Piemonte e Valle d’Aosta. Da sola.
Prima i fari molesti, poi l’auto si fa più vicina, suona il clacson, poi si affianca e le taglia la strada, costringendola ad arretrare, ma senza via di uscita.
Due giovani scendono, continuano a molestarla verbalmente e uno la palpeggia, lei cerca di sganciarsi dal pedale ma non riesce.
È provvidenziale l’arrivo, dalla direzione opposta, di un automobilista; lei si addossa alla macchina, rischia di essere investita, ma riesce nell’intento di mettere in fuga i due.
«Un episodio che mi ha segnata»
«Quell’episodio mi ha segnata – spiega Serena Moirano -. Le donne non possono fare sport serenamente perchè si sentono in pericolo, perchè essere molestate verbalmente con avances o riferimenti sessuali è la normalità per chi come me va in bicicletta. E non parliamo dei fischi e del clacson.
Così ho deciso di fare la mia parte, raccontando la mia esperienza e collaborando con Fiab Aosta à vélo a una campagna di sensibilizazione e informazione, attraverso questo video e altri che seguiranno.
Il ricordo doloroso e il bisogno di educare
«Non è stato banale ripercorrere questo squallido episodio che mi ha segnato profondamente un paio di anni fa. Ho cercato per molto tempo di cancellare questo ricordo doloroso, ma non è bastato a dimenticare – spiega Serena.
La verità è che il tempo non guarisce un bel niente, che dimenticare è impossibile ma che finalmente ho potuto guardare l’avvenimento da un altro punto di vista.
Io oggi continuo a fare sport, anche da sola, per poter conciliare l’attività con l’orario di lavoro, ma evito di uscire in bicicletta la sera o al mattino presto.
I colpi di clacson sono ancora motivo di ansia, mi giro più volte e ogni tanto parte il batticuore.
Diciamo poi che c’è una campagna discriminatoria verso i ciclisti, considerati birilli da bowling.
Anche in questo caso c’è bisogno di educazione e di un linguaggio più rispettoso, me lo dicono i miei bambini a scuola, preoccupati che possa succedermi qualcosa di brutto mentre sono in bicicletta».
La ‘colpevolizzazione’ in sede di denuncia
C’è un altro fatto che ha segnato la giovane.
E cioè la scarsa comprensione e totale assenza di empatia di chi accolse la sua denuncia.
«Quando denunciai l’accaduto le parole che ricevetti mi ferirono ulteriormente – ricorda Serena -.
“Signorina non abbiamo abbastanza elementi su cui lavorare, sopratutto se non ricorda la targa dell’auto.
Le consigliamo comunque di non percorrere salite isolate da sola alla sera, perché poi non possiamo lamentarci e piangere delle conseguenze”.
Così mi dissero, anche alludendo all’abbigliamento sportivo che indossavo.
Ebbene dalla vittima ero passata alla parte della colpevole, per molto tempo ci ho creduto a queste affermazioni, mi sono sentita sporca e condannabile, tanto che non ho raccontato nulla a familiari e amici per molto tempo».
Noi donne non siamo libere neppure di fare attività sportiva
Amara la considerazione della giovane sportiva.
«La certezza è che noi donne non siamo veramente libere, non ci sentiamo sicure nemmeno praticando un’attività fisica come, quando e perché vogliamo.
Molte di noi purtroppo hanno paura ad uscire da sole e devono sempre avere qualcuno appresso.
Un campanello d’allarme si innesca automaticamente quando vediamo un uomo mentre siamo sole in mezzo ad un sentiero isolato, anche quando questo povero signore magari è il più buono del mondo.
Ho perso il conto delle molestie verbali/avances, chiamateli come vi pare, che ricevo ogni giorno in bici.
Qualche automobilista anche con soave delicatezza da mettermi in condizione di cadere o perdere l’equilibrio da un momento all’altro.
I giorni dove esco più camuffata d’inverno e la treccia non si vede riesco ad avere un po’ di pace per due/tre ore consecutive» riflette amaramente Serena.
Lo stesso vale per gli uomini?
«Questo vale lo stesso per gli uomini?
Io vorrei un giorno potermi sentire libera di correre alle tre di notte o alle cinque di mattina, di andare in bici potendomi permettere il lusso di abbassare la zip della maglietta su una salita con 40 gradi al sole senza ricevere colpi di clacson perenni.
Vogliamo essere donne libere di realizzarsi e in questa settimana più che mai, sogno un giorno che questi episodi possano finire e lo sport sarà veramente accessibile a tutti nello stesso modo».
La serata con Fiab Aosta à vélo
Mercoledì 29 novembre, in occasione della serata organizzata da Fiab Aosta à vélo al The Place di corso Lancieri, ad Aosta, Serena Moirano presenterà il videoprogetto di promozione della sicurezza stradale ‘Attenzione… c’è una bicicletta e sopra c’è un ciclista.
L’appuntamento è alle 19.30, ingresso libero, occasione per tesserarsi e per assistere alla videoproiezione e ai racconti di Otto… in bicicletta, alias Ottavio Signorini.
(cinzia timpano)