Issime, legname a metri 0 per lo stadel di Stubbi
Anzichè acquistare le travi necessarie a risanare l'edificio, l'associazione Augusta utilizzerà larici e abeti dei dintorni ed eviterà così la spesa economica e ambientale di un trasporto in elicottero
Issime, legname a metri 0 per lo stadel di Stubbi.
Un altro significativo passo in avanti per il progetto di messa in sicurezza, restauro e risanamento conservativo dello stadel di Stubbi.
L’impegno dell’Associazione Augusta
L’Associazione Augusta, che dal 1967 è impegnata nella valorizzazione e tutela della lingua e cultura walser, aveva acquistato lo stadel, il forno, il mulino e la vasca per la raccolta dell’acqua da un privato per 15 mila euro.
Un acquisto che rappresenta un valore aggiunto in vista del progetto di valorizzazione del territorio da 1,2 milioni di euro che interessa il vallone di San Grato, nel comune di Issime, uno tra i più antichi insediamenti walser dell’arco alpino, finanziato dal bando Interreg Italia Francia Alcotra al quale il comune di Issime parteciperà insieme alla Savoia.
Tra i punti principali del progetto, anche la trasformazione del lascito Linty in un centro visitatori, futura vetrina della cultura walser di Issime.
Il tetto crollato e la copertura provvisoria
Lo scorso anno, in estate, però, il tetto era crollato ed ecco emergere, irrinunciabile, la necessità di proteggere lo stadel.
Così, nelle scorse settimane è stata completata la posa di un tetto provvisorio che preserverà la struttura da un ulteriore degrado dovuto alle intemperie.
Ma non solo il tetto ha bisogno di cure: due travi in abete che costituiscono la parte Nord del granaio sono ormai deteriorate in modo irreversibile per effetto dei tarli e dell’umidità e così molte altre travi hanno bisogno di essere sostituite.
Una scelta virtuosa
L’Associazione Augusta ha fatto una scelta importante, così come comunica il suo presidente, il professor Michele Musso.
La scelta è di una filiera virtuosa che preserva l’ambiente e valorizza le maestranze locali.
Anzichè acquistare le travi necessarie agli interventi conservativi e di ristrutturazione dello stadel, l’associazione utilizzerà legno di abete e larici locali, letteralmente a metri zero.
Già perchè insieme allo stadel, al mulino e al forno, l’associazione ha acquistato la parte del terreno circostante che comprende prati e un bosco di larici e abeti.
Risparmiate 16 travi, elicottero e carburante
«Risparmiando così l’acquisto di almeno 16 travi, il deposito, il trasporto con i camion e poi con l’elicottero e il carburante» annota il professor Musso.
«Gli alberi sono già acclimatati e si spera non muovano troppo dopo la lavorazione.
I falegnami Enrico Cusa e Andrea Degasparis di Alagna hanno scelto le piante e nei giorni scorsi hanno seguito le procedure necessarie per il taglio del legname da costruzione.
Il 10 ottobre si è proceduto a tagliare un abete e una quindicina di larici.
Poi si è passati alla sramatura e giovedì 9 novembre si è proceduto allo scortecciamento. Tutti gli scarti sono stati lasciati nel bosco per nutrirlo.
La strada per lo stadel di Stubbi è ancora lunga, «ma un piccolo intervento come il nostro può rappresentare un modello di sostenibilità ambientale per il futuro» conclude soddisfatto il professor Musso.
Lo stadel di Stubbi, un po’ di storia
Qualche notizia storica sullo stadel, grazie alle parole del professor Michele Musso.
La costruzione dell’edificio ebbe inizio a partire dal 1656 a opera del capomastro Hans Goyet di Issime, colui che realizzò almeno altri due edifici nel Vallone, a Pintschen Écku e a Höiŝcher e poi la bellissima abitazione del Palats a Gaby del 1632 voluta da Giovanni Trenta che reca ancora oggi la scritta sulla trave maestra “Der Hans Driszquer hat das glassen machen und der maister Hans Goyet hetz gmachet im iar MDCXXXII” (Giovanni Trenta l’ha fatta costruire e il capomastro Giovanni Goyet l’ha costruita nell’anno 1632).
Hans Goyet non solo realizzò i due edifici, di Stubbi e di Pintschen Écku (quest’ultimo fu edificato nel 1651 come inciso sulla trave maestra), ma ne era anche proprietario e aveva la sua dimora principale nel fondovalle di Issime nella frazione della Riva – Réivu.
Un piccolo aneddoto: si racconta che alcuni sabotier di Ayas, due fratelli, passarono un intero inverno nel grande stadel a fabbricare sabot, usando legno di cirmolo, quello più ricercato, anche perché il bosco intorno ne è ricco.
Non si sa quando questo sia successo, ma Beniamino e Bruno Linty che l’hanno raccontato enfatizzavano il fatto che i due fratelli avessero potuto vivere un intero inverno lassù, al limite dell’abitato, quasi in condizioni estreme.
Nella foto in alto, i falegnami Enrico Cusa e Andrea Degasparis al lavoro.
(c.t.)