Consiglio regionale, terremoto in casa Lega: se ne vanno Aggravi, Brunod e Planaz
I tre consiglieri in contrasto con le scelte dei vertici del Carroccio in materia di riforma elettorale: «Proseguiamo la battaglia politica lungo un'altra via»
Lo scontro sulla riforma elettorale e i «continui cambi di rotta» interni alla Lega. Questi, in estrema sintesi, i motivi che spingono i consiglieri regionali Dennis Brunod, Stefano Aggravi (vice capogruppo) e Dino Planaz ad abbandonare il Carroccio.
Brunod, Aggravi e Planaz lasciano: terremoto in casa la Lega
Che la spaccatura fosse nell’aria è stato anticipato anche lunedì da Gazzetta Matin, ma ora in una nota a firma dei tre consiglieri l’esodo dalla Lega ha assunto i crismi dell’ufficialità, peraltro alla vigilia di Pontida.
Dennis Brunod, Stefano Aggravi e Dino Planaz, infatti, affidano a un lungo cahier de doléances, le motivazioni secondo cui proseguono «la battaglia politica lungo un’altra via – si legge nella nota -, con l’intento di radunare tutte quelle singolarità e forze libere che si riconoscono nei valori dell’Autonomia speciale, del federalismo, della salvaguardia dell’identità e delle tradizioni della nostra Valle, della difesa delle libertà individuali e dei valori conservatori della nostra società».
E da queste cose, a quanto pare, i tre consiglieri scelgono di «ripartire, senza rinnegare tutto quello che sino ad oggi abbiamo fatto».
Le motivazioni
Come detto, alla base della decisione lo scontro sulle proposte di riforma elettorale, cinque in tutto, con due che portano firme di esponenti (o ex a questo punto) della Lega: una a sigla Paolo Sammaritani (con l’appoggio del centrodestra), l’altra rimasta firmata da tre transfughi.
La nota ripercorre tutto l’iter, cominciato il 23 maggio 2023 con il deposito della «proposta di legge n. 105 della Lega VDA in materia di legge elettorale», arrivata a dopo un anno di lavoro e di confronti all’interno del partito, per giungere a «una legge elettorale il più possibile condivisa tra le forze politiche rappresentate in Consiglio Valle».
Questa proposta, secondo Aggravi, Brunod e Planaz presentava «alcuni punti saldi tra cui la scelta di mantenere inalterati i principi fondamentali che caratterìzzano la forma di governo regionale per come disegnata dallo Statuto speciale», come il fatto che debba toccare «al gruppo consiliare che abbia ricevuto il maggior numero di seggi indicare il proprio candidato alla Presidenza della Regione».
Punti nevralgici che, secondo i tre consiglieri regionali, «sono stati poi sconfessati da chi ieri e oggi guida la forza politica di Fratelli d’Italia in una complicata riunione conclusasi tra l’altro con toni più che tristi».
Qui si erano aperte le prime crepe, anche a seguito di una riunione romana.
«Tutto cambia»
A luglio, secondo Aggravi, Planaz e Brunod, «tutto cambia», perché vengono avviate «consultazioni con le altre forze di centrodestra con l’obiettivo di ritirare gli schemi di legge già presentati e depositarne uno nuovo».
Decisione che ha portato «confusione nel gruppo consiliare» e imposta «dalla segreteria», non nata «per la prima volta, da un confronto», ma dalla volontà «della “segreteria” locale, nonché dei vertici del partito».
Il tutto con una conseguenza: «il direttivo non esisteva più» e relegava i non componenti della segreteria «Segretaria, Senatrice e “amministratore”» a meri «esecutori della linea politica del “partito”».
La nuova proposta di legge
La nuova proposta di legge (118) è stata presentata con tempistiche particolari, secondo Aggravi, Brunod e Planaz, contenendo, peraltro, «alcuni elementi di distonia rispetto al lavoro sin lì fatto», a cominciare dal principio dello scioglimento del Consiglio Valle in caso di voto favorevole su una mozione di sfiducia del Presidente della Regione.
Entrando poi nei dettagli, i tre consiglieri fuoriusciti concludono.
«Una vicenda» simile potrebbe «essere letta molto semplicisticamente come un diverbio di natura meramente “tecnica”, su proposte di legge che nascono di fatto martiri e martirizzate – si congedano -. Tuttavia, alla base della questione c’è dell’altro, del politico che sommato al clima infame che qualcuno ha voluto sviluppare, con ampie alimentazioni terze, ha creato confusione e sconquasso nel gruppo».
Secondo i tre, infatti, «la linea politica è stata per la prima volta imposta al gruppo senza possibilità di dibattito o discussione», con «cambio di rotta, successive “modalità di convincimento” e toni utilizzati» a fare il resto, togliendo «il valore aggiunto del nostro gruppo» a vantaggio «della bacchetta severa dell’insegnante».
«Rivendichiamo la libertà di dissentire»
E infine le rivendicazioni.
«Coscienti delle responsabilità assunte, in linea con il percorso politico sin qui condotto all’interno della Lega VDA» i tre «rivendicano la libertà di dissentire da scelte fatte in altre stanze e altri luoghi, da scelte imposte e non discusse, da improvvisi cambi di rotta sostenuti da un clima infame costruito e voluto ad arte anche da chi non riconosciamo più rispetto al tanto lavoro ed alle battaglie condotte insieme».
(al.bi.)