Geenna: per la Cassazione la confisca dei beni di Antonio Raso non è adeguatamente motivata
Depositate le motivazioni della sentenza della Suprema Corte
«L’acquisizione dei beni confiscati non risulta correlata cronologicamente al giudizio di pericolosità sociale qualificata formulato nei confronti di Raso dalla Corte di appello di Torino». Lo scrive la Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui ha annullato la confisca dei beni di Antonio Raso.
Il ristoratore aostano, arrestato nel gennaio 2019 nell’ambito dell’inchiesta Geenna, è stato scarcerato il 31 marzo. La Suprema Corte, a gennaio, aveva annullato con rinvio la condanna per associazione mafiosa inflitta in secondo grado. Raso, così come Nicola Prettico, Alessandro Giachino e Monica Carcea (quest’ultima accusata di concorso esterno) dovrà affrontare l’appello bis a Torino. La data non è ancora stata fissata.
La Cassazione sulla confisca dei beni di Antonio Raso
«Sulle singole acquisizioni patrimoniali, dunque – scrive la prima sezione penale -, occorreva soffermarsi analiticamente, enucleando gli elementi sintomatici utili ad affermare l’esistenza di un collegamento temporale tra la condizione di pericolosità sociale qualificata del ricorrente – tenuto conto del contesto criminale di riferimento – e il momento dell’acquisto dei beni sottoposti a confisca». La «pericolosità sociale» di Raso, infatti, viene fatta risalire dalla Corte d’Appello di Torino al 2009.
E ancora. «Rispetto a questa, imprescindibile, correlazione cronologica, nel provvedimento impugnato nessuna indicazione adeguata veniva fornita dalla Corte di appello di Torino che, non collegava le modalità di acquisto dei beni confiscati all’arco temporale nel quale si era manifestata la pericolosità sociale di Raso, pur essendo tale operazione indispensabile per affermare o negare l’esistenza di una condizione di pericolosità sociale qualificata legittimante la misura ablatoria».
Le motivazioni della Cassazione
Gli Ermellini aggiungono altri particolari. «Né assumono rilievo decisivo i richiami al ruolo svolto dal ricorrente nell’ambiente ‘ndranghetististico valdostano, atteso che tali riferimenti, ex se, non permettono di affermare o negare l’esistenza di una correlazione cronologica tra la condizione di pericolosità sociale qualificata di Raso e l’acquisizione dei beni confiscati. Sulle singole acquisizioni patrimoniali, dunque, occorreva soffermarsi analiticamente».
I beni
Nelle motivazioni, la Cassazione sottolinea che l’acquisizione delle quote sociali del ristorante La Rotonda di Aosta è avvenuta nel 2002. «Un’epoca notevolmente antecedente all’inizio della pericolosità sociale qualificata del prevenuto».
Le «discrasie cronologiche» per la Suprema Corte, riguardano anche gli altri beni sottoposti a confisca. Si tratta del saldo attivo di un conto corrente, dei depositi bancari. Per l’acquisto di un appartamento ad Aosta, invece, avvenuto nel 2014, la compravendita con somme provenienti, «per una parte dalla vendita di un immobile acquistato dal ricorrente nel 2000» e «per un’altra parte dall’accensione di un mutuo ipotecario».
La Cassazione ha quindi rinviato alla Corte d’Appello di Torino per un nuovo giudizio.
(t.p.)