L’ultimo saluto di La Thuile a Janira Mellé: «Quando il dolore ci tocca profondamente è difficile affrontarlo»
In tanti ai funerali della giovane maestra di sci scomparsa improvvisamente a 25 anni
«Quando il dolore ci tocca profondamente è difficile affrontarlo e restare in comunione davvero. Non sai fare altro che affidarti alla misericordia di Dio». Così don Paolo Papone durante i funerali di Janira Mellé, maestra di sci scomparsa improvvisamente a 25 anni sabato scorso. Una settimana dopo, sabato 17, la comunità di La Thuile ha dato l’ultimo saluto a Janira.
L’autopsia potrà dare risposte sulla causa del decesso della giovane.
L’ultimo saluto di La Thuile a Janira Mellé
La piccola chiesa parrocchiale di La Thuile non è riuscita a contenere le tante persone che hanno voluto stringersi intorno ai genitori Ruggero e Grazia, al fratello Massimiliano e al fidanzato Didier. C’erano le giacche rosse dell’associazione maestri di sci, quelle bianche, nere e rosse dello sci club La Thuile Rutor, la sezione di Morgex di fiolet, i pisteur. Ma anche tanti amici, tanta gente comune, tutti chiusi in un silenzio irreale. Perché quando una ragazza di 25 anni va via così presto, poi, non è che ci sia molto da dire.
E poi i suoi sci, poggiati sulla bara, in chiesa, insieme ai fiori, alla sua giacca da maestra e a una maglia della Juventus.
L’omelia
«Quando sono partito, 17 anni fa, Janira era una bambina, accompagnarla ora all’incontro con il Padre è difficile – ha detto don Paolo Papone, ora parroco di Valtournenche e in passato a La Thuile -. Abbiamo un infinito bisogno di consolazione, siamo scossi. Abbiamo perso una figlia, un’amica, una sorella. Consolare significa stare con il solo. Ma dove troviamo la forza per consolarci? Ho aperto il Vangelo e ho visto Gesù che nel momento critico prova tristezza e angoscia. Questo vuol dire che abbiamo un Dio vicino a noi che prova i nostri stessi sentimenti, che sono legittimi».
Il ricordo di Janira
Il sacerdote ha quindi riflettuto su altri aspetti. «Cosa significa morire a 25 anni? È come se ci sentissimo traditi, hai la vita davanti e sei una promessa. Morire all’improvviso sembra tradire queste aspettative – ha aggiunto -. Janira con il suo sorriso, la sua dolcezza, era timida e riservata, ma si apriva. Ha lasciato un ricordo che è già nostalgia. Ora abbiamo i pensieri che vanno da tutte le parti, tranne che nella direzione giusta. Janira oggi ci obbliga a una scelta di fondo, o disperata o piena di speranza. Non è scontata, io vorrei che fosse la seconda, ma ognuno ha il suo cammino e non si possono saltare delle tappe. Come nello sport, a ognuno il suo esercizio».
Don Paolo Papone: «Janira ci condurrà come una vera guida, una maestra»
Don Paolo Papone ha poi concluso. «Il Signore non ci chiede di diventare subito santi, come nello sport non dobbiamo andare subito in Coppa del Mondo. Prendiamoci l’impegno di aprire lo sguardo verso l’eterno. Janira sarà la nostra allenatrice, la nostra guida, la nostra maestra. Ci condurrà come una vera guida all’incontro con il Signore».
Il ricordo
«La nostra amicizia è nata tra i banchi di scuola, ma è andata oltre, tra feste e sciate – ha ricordato una compagna di classe di Janira -. Eri timida, ma buona, generosa, determinata e piena di grinta. Quella grinta che purtroppo non è bastata. Siamo arrabbiate e inconsolabili, ma anche consce di un’amicizia preziosa, che ti rimane per tutta la vita».
La lettera di Didier
In chiusura è stata letta una lettera del fidanzato di Janira, Didier. «Ciao amore mio, hai proprio combinato un bordello, come direbbe tua mamma. Ho costantemente il tuo sorriso in testa, l’odore della tua pelle, il sapore dei tuoi baci, i tuoi abbracci. Stavamo costruendo il nostro futuro pieno di amore. Volevamo costruire qualcosa di bello, di vero. Costruire una nostra famiglia, ne parlavamo sempre più spesso. Mi dicevi che se volevo un bimbo con te, prima dovevo sposarti. Io non mettevo in primo piano il matrimonio, ma all’altare avrei portato te. Pensavo a dove farti la proposta, il luogo l’ho sempre sbagliato. Oggi posso dirti che ti avrei fatto sudare fino alla terza cascata del Rutor. Siete una bella squadretta, mi aveva detto un amico. E sì, non ci fermava più nessuno, anche in quell’inizio di vacanza a Favignana poi finita male. Otto anni sono tanti, non bastano mille risme di carta per ricordare tutti gli aneddoti. Grazie per avermi insegnato il vero amore. Insegna a tutti lassù a tirare quattro curve».
(Thomas Piccot)