Geenna: ecco perché la Cassazione vuole un nuovo processo per Carcea, Giachino, Prettico e Raso
Le motivazioni dell'Appello a carico dei quattro imputati per i togati romani sono "illogiche". Sorbara: "confermata la totale estraneità ai fatti"
Geenna: ecco perché la Cassazione vuole un nuovo processo per Carcea, Giachino, Prettico e Raso.
Nel processo di secondo grado ci sono lacune che portano all'”evidente necessità di un annullamento della sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale”. E’ la sintesi delle 33 pagine di motivazioni con cui la Cassazione chiede un nuovo processo d’appello per i quattro imputati accusati di far parte di una locale di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta.
La sentenza riguarda il giudizio degli imputati che avevano scelto il rito ordinario ad Aosta: Marco Sorbara, assolto in via definitiva su cui la Corte spende qualche riga, Monica Carcea, Alessandro Giachino, Nicola Prettico Antonio Raso. I quattro, dopo altrettanti anni di detenzione, il 31 marzo 2023 sono stati rimessi in libertà dopo la sentenza della Cassazione.
Sorbara: piena conferma estraneità ai fatti
“Vi è piena conferma dell’estraneità ai fatti di mio fratello Marco come motivato dalla Corte d’appello – dichiara l’avvocato Sandro Sorbara -. La Cassazione ha confermato integralmente le motivazioni della Corte d’appello, dichiarando totalmente inammissibile il ricorso del Procuratore”.
Per la Cassazione sarebbe stato necessario che la sentenza in esame chiarisse come una locale di ‘ndrangheta possa ritenersi esistente anche in assenza di indici strutturali tipici. La Corte d’Appello ha ritenuto che la locale aostana fosse collegata con la ‘ndrina Nirta di San Luca. Questo anche grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Ma per la Cassazione, le motivazioni sono carenti sotto alcuni profili e illogiche per altri.
I giudici romani sostengono che la Corte d’Appello definisce la struttura locale come “microassociazione” oppure “una piccola compagine criminale” fino a ritenerla “un fenomeno palesemente costituente”, con riferimento ad atti meramente preparatori alla formazione di un’associazione per delinquere di stampo mafioso: ma il 461 bis si perfeziona non appena è stato creato il vincolo associativo e concordato un piano delinquenziale.
Fondate le doglianze delle difese
La Cassazione ritiene, infine, fondate le doglianze delle difese: c’è illogicità nelle motivazioni di secondo grado quando si individua un collegamento della presunta locale aostana rispetto ad una non meglio specificata ‘ndrina di San Luca, per il cognome Nirta, per il rapporto di parentela di Marco Fabrizio Di Donato con Bruno Nirta e di questi con la famiglia Nirta in generale.
(re.aostanews.it)