Cime Bianche: «Ogni azione umana comporta un’alterazione sull’ambiente, occorre mitigare»
Nell'affollato auditorium di Monterosaterme, mercoledì 26 aprile, prima presentazione ufficiale del progetto intervallivo di Cime Bianche da parte delle società Monterosa e Cervino
Cime Bianche: «Ogni azione umana comporta un’alterazione dell’ambiente naturale» è quindi necessario limitare gli interventi sull’ambiente in fase di realizzazione e in fase di esercizio prevedendo alcune “mitigazioni”.
Lo dice l’ingegnere Mauro Joyeusaz, direttore di esercizio della Cervino Spa, illustrando le cinque ipotesi dello studio di fattibilità del collegamento intervallivo Cime Bianche, presentato alla popolazione ufficialmente, per la prima volta, ieri pomeriggio, mercoledì 26 aprile, in un affollato auditorium di Monterosterme, a Champoluc.
A organizzare l’incontro le società Monterosa e Cervino, promotrici dello studio.
L’incontro
A fare gli onori di casa il sindaco di Ayas, Alex Brunod, che apre l’incontro sottolineando l’importanza di questo progetto «non solo per la nostra vallata, ma per tutte le altre vallate».
Primo fra tutti i relatori a prendere la parola è il presidente della Monterosa Spa, Roberto Vicquery, che nella speranza «di far comprendere a tutti la bontà del collegamento», introduce il pubblico allo studio attraverso le parole tratte dal libro I paesaggi delle Alpi di Annibale Salsa, antropologo, filosofo e storico delle montagne.
Parafrasando, Vicquery spiega come l’uomo riesca a modellare le terre secondo le sue esigenze, in una visione in cui il paesaggio viene inteso come «prodotto dell’interazione tra la componente naturale-ambientale e la componente umana-culturale».
Vicquery afferma l’importanza di gestire l’emergenza legata all’abbandono di territori in montagna evidenziando le diverse possibilità che questa iniziativa può dare alle generazioni future.
Prima dello studio
A seguire il direttore amministrativo di Monterosa Spa, Daniel Grosjacques, illustra brevemente la cronaca di questo iter che è iniziato alcuni anni fa.
«È da decenni che si parla di collegare la Val d’Ayas con la Valtournenche» ma è solo dal 2014 che il comune di Valtournenche ha commissionato uno studio. Nel dicembre 2016, con l’approvazione da parte del Consiglio regionale, è stato istituito un gruppo di coordinatori per proporre un ulteriore studio. Nel novembre 2019 viene approvato il Documento economico finanziario regionale (Defr) con successivo mandato di procedere gli studi finalizzati alla valutazione circa la realizzabilità del collegamento in termini di sostenibilità finanziaria, urbanistica e ambientale.
Lo studio di fattibilità
L’indagine, durata quasi due anni, ha prodotto un quantitativo di quasi 2500 pagine e tavole dove si analizzano aspetti e soluzioni di collegamento fattibili, che gli ingegneri Franco Torretta (direttore d’esercizio Monterosa Spa) e Mauro Joyeusaz hanno esposto facendone un estratto tale da rappresentare almeno i tratti essenziali e utili.
Le 5 soluzioni progettuali che lo studio individua, nascono a partire dalla possibilità, che il Documento di Economia e Finanza Regionale (DEFR) aveva dettagliato per tutto il territorio regionale, di intervenire nei principali comprensori sciistici con attività che erano in grado essenzialmente di modificare i flussi, confrontandosi con i cambiamenti climatici e mettendo in atto delle strategie per il mantenimento dell’attività sciistica in Valle d’Aosta.
A tal riguardo, Torretta evidenzia come, in alcune ricerche che prevedono la percentuale di presenza di neve nei comprensori sciistici di alcuni paesi europei, nel corso degli anni la situazione è in peggioramento.
«Siamo di fronte a un sistema climatico che sta cambiando. Ci sono degli scenari tali per cui ci si può aspettare per il 2035 almeno un grado di innalzamento e fino a due gradi per il 2050», afferma.
È in questo contesto che si innesta il ragionamento sviluppato per il collegamento intervallivo con 5 soluzioni identificate.
Le 5 soluzioni
La prima soluzione è composta da 4 tronchi, ognuno dei quali costituito da telecabine ad ammorsamento automatico che percorrono il tratto:
- Frachey-Vardaz
- Vardaz-Plan Sometta
- Plan Sometta-Colle superiore delle Cime Bianche
- Colle superiore delle Cime Bianche-Laghi Cime Bianche
La lunghezza comprensiva del collegamento è di 10 km, il tempo di viaggio è di 24 minuti. La tecnologia “telecabina” si traduce in veicoli da 10 posti, una linea realizzata con sostegni a fusto centrale ad una distanza non superiore normalmente ai 200 metri e con un numero di telecabine piuttosto elevato.
La seconda soluzione prevede lo stesso tracciato della prima, tranne che per il nodo di Plan Sometta-Colle superiore delle Cime Bianche dove sarebbe prevista la seggiovia.
La terza soluzione sposta l’asse del secondo tronco non interessando più la località Plan Sometta; quindi, è prevista una partenza con impianto 3S, ossia una tecnologia bifune con cabine da 35 posti, da Frachey a Vardaz, analogamente con impianto 3S da Vardaz a Colle superiore delle Cime Bianche e l’ultimo tronco viene invece realizzato con una telecabina monofune a 10 posti. La lunghezza diminuisce leggermente (9,5 km) con un tragitto della durata di 26 minuti.
Gli specialisti approfondendo nel corso degli studi la verifica di specie e di habitat nelle zone interessate dall’opera e osservando la reale vicinanza della stazione di Vardaz al confine dell’area naturale, hanno proposto nella quarta soluzione una dislocazione più lontana dalla stazione intermedia di Vardaz: Djomein. Questa soluzione presenta le stesse caratteristiche della terza (9,5 km di distanza, 26 minuti di percorrenza, 17 sostegni) ma allontana semplicemente il tronco di Djomein.
In seguito ad ulteriori approfondimenti naturalistici, anche Djomein aveva delle cautele da porre, quindi è nata la quinta soluzione che allontana ulteriormente la posizione a Gavine: si accorcia sensibilmente il primo tronco e si allunga il secondo. Anche questa soluzione adatta la tecnologia 3S.
Attraverso una tabella, Toretta, mette poi a paragone i dati tecnici ed economici di ciascuna soluzione per capire dove sono gli impatti o le peculiarità maggiori.
Soffermandosi sulle più interessanti, classifica quante e quali sono le stazioni funiviarie all’interno della rete natura 2000 (ad esempio, le soluzioni 3, 4, 5 non ne hanno). Oppure confronta il numero dei sostegni su cui poggiano le funi dell’impianto (ad esempio, l’impianto 3S ammette una distanza maggiore tra sostegni).
Si può fare anche un confronto economico dei costi che vanno da un minimo di 91 milioni per la prima soluzione, ad un massimo di 122 milioni per la soluzione 3, per arrivare a 114 milioni nella soluzione 5.
Mitigazioni e compensazioni
Un’altra tabella discussa riguarda gli effetti sulla rete Natura 2000, le interazioni e gli effetti delle varie soluzioni con gli habitat (ossia l’ambiente dove si innesta l’opera) e le specie.
Risulta proficuo anche un confronto delle soluzioni dal punto di vista gestionale per capirne le differenze. L’ingegnere Mauro Joyeusaz illustra l’importanza da parte dei dipendenti di accedere agli impianti agevolmente, di poter quindi intervenire rapidamente su guasti o anomalie e in casi estremi di fermo impianto di poter evacuare facilmente gli impianti. A tal riguardo la soluzione con la stazione a Vardaz comporterebbe la realizzazione di una strada con enormi difficoltà dal punto di vista tecnico, economico ed ambientale.
A confronto, la soluzione di Gavine risulterebbe vincente dal momento che esiste già una strada interpoderale che potrebbe facilitare anche la fase di costruzione.
«Ogni azione umana comporta un’alterazione dell’ambiente naturale», spiega Joyeusaz, è quindi necessario limitare gli interventi sull’ambiente in fase di realizzazione e in fase di esercizio prevedendo alcune “mitigazioni”, quali la riduzione al minimo indispensabile degli scavi, l’attuazione di opere di difesa per l’erosione dei terreni o per le valanghe, il taglio selettivo del bosco solo dove strettamente necessario, l’utilizzo di teleferiche al posto di piste da cantiere per la costruzione degli impianti, la riduzione dei rumori in cantiere e durante l’esercizio, l’erezione di funi ad alta visibilità in modo tale da evitare l’impatto degli uccelli, e poi durante la fase di servizio flussi turistici indirizzati su sentieri e fuoripista segnalati e divieto di mezzi motorizzati nel vallone.
Quando le mitigazioni non sono sufficienti, «si passa anche a comporre delle compensazioni» afferma Joyeusaz.
Gli obiettivi di Monterosa e Cervino
Il presidente del Cervino Spa, Federico Maquignaz, guarda con positività al progetto e invita la regione, i presidenti e tutti i vari assessori e consiglieri a prendere al più presto una decisione.
«Sarà un impianto che ci aiuterà nel destagionalizzare l’arrivo dei turisti e a proporre un turismo annuale, che poi è quello che manca principalmente».
In conclusione, interviene l’amministratore di Monterosa Spa, Giorgio Munari, trattando della parte tecnica-economica di questo intervento.
Munari spiega come il 20% dei costi è a carico del Cervino-Monterosa, il restante 80% invece, è a carico della Regione Valle d’Aosta come contributo sugli investimenti.
Questo significa un finanziamento a 20 anni con un mutuo e ammortamento a 40 anni con 11 mesi di apertura, estendendo dunque la stagionalità.
«Abbiamo ipotizzato un aumento dei primi ingressi per la zona della Monterosa del 7% e per la zona del Cervino del 4%”. Ne consegue un aumento del prezzo medio del costo dei biglietti in 5 anni del 7%».
Questo comporterà un «aumento dell’incremento di fatturato di 6 milioni di euro delle due società». Attraverso un’analisi dei costi gestionali «arriviamo a 4 milioni di spesa».
Conclude Munari «avremo un differenziale ante imposte di un 1 milione e 800 mila euro», e un valore dell’indotto «da 5 a 10 volte tanto a quello che è il fatturato degli impianti a fune», che secondo la simulazione frutterebbe almeno 35 milioni in più di indotto.
(miriam ceresato)