Geenna: la Cassazione conferma l’esistenza di una locale di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta
Annullata con rinvio la condanna di Marco Fabrizio Di Donato per i capi di imputazione di voto di scambio ed estorsione, definitive quelle per associazione mafiosa
Una locale di ‘ndrangheta esisteva in Valle d’Aosta. La Cassazione ha confermato le condanne per associazione mafiosa degli imputati che hanno scelto il rito abbreviato nell’ambito del processo Geenna, scaturito dall’inchiesta della DDA di Torino sulle infiltrazioni della criminalità organizzata in Valle d’Aosta. Tra questi spicca Bruno Nirta, ritenuto il vertice della consorteria criminale. Il verdetto è arrivato poco prima delle 20.
La Cassazione conferma l’esistenza di una locale
I giudici della seconda sezione penale della Cassazione hanno, di fatto, confermato il dispositivo di secondo grado. Nell’udienza, il procuratore generale aveva chiesto l’inammissibilità o il rigetto dei ricorsi.
Le condanne per associazione mafiosa sono diventate definitive. La Suprema Corte ha disposto un nuovo processo per Marco Fabrizio Di Donato, limitatamente ai capi di imputazione di estorsione e voto di scambio politico mafioso. Per questi reati, dovrà pronunciarsi una sezione diversa della Corte d’Appello di Torino, rispetto a quella che ha emesso la sentenza a luglio 2021. I giudici torinesi dovranno rivedere anche l’entità della pena per Marco Fabrizio Di Donato.
La Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio anche della condanna per tentata estorsione di Salvatore Filice, che in secondo grado era stato riconosciuto colpevole anche per violazione della norma sulle armi e gli era stata inflitta una pena di 2 anni e 4 mesi.
La sentenza diventa definitiva per Bruno Nirta (12 anni, 7 mesi e 20 giorni), Roberto Alex Di Donato (5 anni e 4 mesi) e Francesco Mammoliti (5 anni e 4 mesi). Erano accusati di associazione mafiosa.
Confermato il verdetto anche per gli altri imputati. A nessuno di loro l’accusa contestava il reato di associazione mafiosa.
La più alta, 4 anni e 6 mesi, all’avvocato Carlo Maria Romeo per favoreggiamento personale, tentata estorsione, falso e spaccio di stupefacenti; 4 anni a Bruno Trunfio per spaccio di stupefacenti e, con il riconoscimento della «lieve entità», per Roberto Fabiani (10 mesi e 20 giorni); un anno a Giacomo Albanini e Rocco Rodi e un anno e sei mesi per Roberto Bonarelli, accusati di favoreggiamento personale.
L’altro verdetto della Cassazione
La Suprema Corte si era già espressa all’inizio dell’anno sull’inchiesta Geenna, quando era sbarcato a Roma il processo relativo agli imputati che avevano scelto il rito ordinario.
Il 24 gennaio gli Ermellini avevano confermato l’assoluzione di Marco Sorbara (che doveva rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa) e annullato con rinvio le condanne inflitte in secondo grado ad Antonio Raso (10 anni), Alessandro Giachino (8 anni), Nicola Prettico (8 anni) e Monica Carcea (7 anni).
Le posizioni di Raso, Giachino, Prettico e Carcea saranno valutate nell’appello bis che verrà celebrato a Torino. I primi tre devono rispondere di associazione mafiosa, l’ex assessora del comune di Saint-Pierre di concorso esterno. Il 31 marzo sono state revocate le misure cautelari.
(t.p.)