Università, la lectio magitralis di Antonio Manzini agli studenti: «raccontate la vostra storia»
Lo scrittore, regista e attore è intervenuto al teatro Splendor all'inaugurazione dell'anno accademico di UniVdA.
Università, la lectio magitralis di Antonio Manzini agli studenti: «raccontate la vostra storia».
«Che ci fa questo qui?»
Così lo scrittore, attore e sceneggiatore Antonio Manzini si è presentato sul palco del teatro Splendor, oggi pomeriggio, per la lectio magistralis a conclusione della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2022/2023.
Manzini ha parlato di Rocco Schiavone, della Valle d’Aosta, esprimendo il suo bisogno di raccontare storie, invitando i ragazzi a fare giri larghi, a godersi il viaggio anche se questo non va dritto verso l’obiettivo ma anzi a lasciarsi distrarre, a scrivere storie, ogni giorno, con la propria esistenza.
«Domanda che ho posto anche all’analista – ha scherzato – in verità una risposta c’è».
Manzini ha detto di voler scrivere di un poliziotto per entrare nel tessuto del Paese, «perchè il poliziotto va dappertutto, a scuola, nelle piazze, in fabbrica. Volevo raccontare il mio Paese, ho bisogno di raccontare, da quando sono piccolo».
I gialli non sono mai piaciuti a Manzini che ha citato Agatha Christie e ha detto di preferire i noir,«perchè magari il caso lo risolviamo, ma il mondo resta uguale a prima, brutto uguale.
Non vedo il cielo blu e le nuvole bianche. Io credo ad altro» precisa Manzini.
Faccio parte della generazione cresciuta con le immagini, non con le parole.
Antonio Manzini: così nacque Rocco Schiavone
«Io l’ho visto Rocco Schiavone, davanti a una pasticceria a Trastevere, con il loden.
Urlava, contro una donna, la sorella forse, era aggressivo.
Però aveva le pasterelle della domenica tra le mani.
Ma lui non poteva vivere a Roma, a Roma sapeva vivere.
Sandokan può abitare a Milano o Proust a Reggio Calabria?… con la ‘nduja, sai che ispirazione…» scherza Manzini.
Ed ecco che quel perchè dall’analista trova risposta…
Manzini frequenta Champoluc per le vacanze e una sera, con la sorella e la moglie, manca la funivia ed è costretto a raggiungere il rifugio Vieux Crest con il gatto delle nevi.
«E mi sono detto, pensa se troviamo un cadavere nel bosco, nella neve…
Così Rocco Schiavone arriva in Valle d’Aosta, con il suo loden, le clarks ai piedi.
«La Valle d’Aosta somiglia a Rocco Schiavone – ha detto lo scrittore romano -.
La montagna non è proprio accogliente, non è che il Forte di Bard ti dia il benvenuto, sembra quasi dire vai via … qui le montagne sono altissime, non ci sono le malghe ma i crepacci, si muore.
Poi però conosci la Valle d’Aosta, i suoi tesori… mica te lo dicono che ci sono Pré-Saint-Didier, La Thuile… io ci ho messo un anno a scoprire la piazzetta di sant’Orso».
Piovosa, innevata. E’ la Valle d’Aosta che vede Rocco. La realtà diventa stato d’animo.
Le parole, secondo Manzini devono evocare, non descrivono come un manuale.
«Io descrivo la mia Valle d’Aosta, così in Sicilia pensano che la Valle d’Aosta sia l’Islanda».
Antonio Manzini e la necessità di scrivere
«Io racconto perchè non sapevo che avrei scritto un libro seriale – ammette Manzini -. Volevo un libro popolare ma con una scrittura complessa, quella dei miei maestri Shakespeare, Proust e Dostoevskij.
«Scrivere è un atto naturale per me».
Manzini ha ricordato i suoi esordi, a 11 anni, in un tema sulla scoperta dell’America dal punto di vista di un marinaio…
«Presi 2 perchè andai fuori tema, è stata la prima lezione».
«Ho sempre scritto, raccontare storie è stato fondamentale. La storia salva gli esseri umani ha detto.
Le storie si cantavano intorno al fuoco, poi sono state scritte sulla cera e ancora portate a teatro.
Spesso le storie sono bugie, ma ti accorgi di volerle ascoltare. Sono un bisogno dell’umanità».
Di «storie fondamentali che noi scriviamo quotidianamente con la nostra esistenza ha parlato Manzini.
«Ognuno di voi scriva la propria storia, scriviamola, non facciamocela scippare – ha detto lo scrittore romano -.
Bisogna fare giri larghi, anche annoiarsi.
Quanto ci mise Ulisse a tornare da Penelope – vabbhe lasciamo stare che era cornuto – ha scherzato.
Che poi, l’obiettivo, siamo certi fosse Penelope? E se fosse stato il viaggio?
Partiamo per iniziare un progetto, per esempio l’università, incontriamo professori, ci sono la forza e la potenza di inseguire gli obiettivi, ma saranno importanti anche i posti, gli incontri…»
Manzini si è congedato dagli studenti con un sincero in bocca al lupo«spero che quando sarò vecchio non mi trattiate male» – ha concluso.
(cinzia timpano)