Geenna, Cassazione: il procuratore generale chiede l’assoluzione per Marco Sorbara
Invocata invece la conferma delle condanne comminate in appello per gli altri quattro imputati; la sentenza in serata
L’inammissibilità del ricorso presentato dal pg di Torino contro l’assoluzione di Marco Sorbara e la conferma delle condanne pronunciate dalla Corte d’appello. Queste le richieste avanzate dalla Procura generale alla quinta sezione penale della Cassazione nell’ambito del processo Geenna sul presunto Locale di ‘ndrangheta aostano.
L’udienza è andata in scena martedì 24 gennaio e la sentenza è attesa per questa sera.
Alla sbarra vi sono i cinque imputati che aveva scelto il rito ordinario in primo grado; l’ex consigliere regionale e assessore di Aosta Marco Sorbara, l’ex assessora di Saint-Pierre Monica Carcea, il ristoratore Antonio Raso, l’ex consigliere di Aosta Nicola Prettico e il dipendente del Casinò Alessandro Giachino. Mentre i primi due sono accusati di concorso esterno, Raso, Prettico e Giachino devono rispondere di associazione mafiosa.
Dopo aver incassato 55 anni di reclusione (in totale) ad Aosta, gli imputati sono stati condannati – con pene ridotte – anche in appello. A eccezione di Sorbara che, dopo essersi visto comminare 10 anni di carcere in primo grado, è stato assolto con formula piena dai giudici torinesi.
Ma torniamo all’udienza di oggi.
L’udienza
Come detto, in aula a Roma il procuratore generale ha chiesto ai giudici di non ammettere il ricorso presentato dal sostituto pg della Corte d’appello di Torino avverso l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” di Sorbara. Stesso discorso per Raso, che era stato assolto dall’accusa di voto di scambio (a favore di Sorbara).
L’accusa ha poi chiesto la conferma delle condanne comminate in secondo grado nei confronti di Raso, Carcea, Prettico e Giachino.
Dopo la requisitoria del pg, la parola è passata alle parti civili e, infine, alle difese, che hanno chiesto l’assoluzione per gli imputati.
L’inchiesta
Coordinata dai pm Valerio Longi e Stefano Castellani e condotta dai carabinieri, l’inchiesta Geenna è incentrata sulla presenza di un presunto Locale di ’ndrangheta ad Aosta. Secondo le accuse, della struttura delocalizzata facevano parte – oltre a Raso, Giachino e Prettico – Marco Di Donato, Roberto Di Donato, Francesco Mammoliti e Bruno Nirta.Per la DDA di Torino, l’organizzazione era riuscita a raggiungere con i suoi tentacoli i municipi di Aosta e Saint-Pierre (quest’ultimo comune verrà poi sciolto per infiltrazioni mafiose).
Non solo: secondo gli inquirenti, il Locale era in grado di dialogare con la politica valdostana. Aspetto, quest’ultimo, che aveva portato i militari dell’Arma e il sostituto procuratore ad aprire un nuovo fascicolo, incentrato sul presunto condizionamento delle elezioni regionali del 2018. Si tratta dell’inchiesta Egomnia, da tutti definita la “costola” di Geenna, che – dopo aver terremotato il Palazzo del potere di piazza Deffeyes – si chiuderà con un decreto di archiviazione firmato dal gip di Torino su richiesta della Procura.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo a Geenna. Oltre ai cinque imputati che avevano scelto il rito ordinario, vi sono altre persone alla sbarra (che avevano scelto l’abbreviato). Per loro, il processo sbarcherà in Cassazione ad aprile. Tra chi aveva deciso di essere giudicato con rito alternativo vi sono anche i fratelli Marco e Roberto Di Donato, Francesco Mammoliti e Bruno Nirta.
(f.d.)