Allarme della Dia: «Mire espansionistiche della mafia in Valle d’Aosta»
E' quanto emerge dalla seconda relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia (riferita al 2021)
La Valle d’Aosta si conferma «un’area di interesse per le mire espansionistiche delle consorterie mafiose, sempre abili nell’inserirsi nei mercati legali con finalità di riciclaggio e reinvestimento dei capitali illecitamente accumulati». E’ quanto si legge nella seconda relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia (riferita al 2021).
La relazione
Nelle sue oltre 500 pagine, il documento redatto dal ministro dell’Interno dedica un capitolo alla più piccola delle 20 regioni italiane. La Dia pone ancora l’accento sull’operazione Geenna, che nel 2019 aveva portato all’arresto di vari soggetti accusati di associazione mafiosa e di alcuni politici.
Al blitz dei carabinieri – coordinati dalla DDA di Torino – era seguito lo scioglimento per «infiltrazione mafiosa» del Comune di Saint-Pierre.
Due elementi, quelli citati, che «hanno sancito l’esistenza anche in Valle d’Aosta di un Locale di ‘ndrangheta, segnatamente riconducibile alla cosca sanlucota Nirta-Scalzone».
Geenna
La relazione evidenzia poi come la sentenza di secondo grado del processo Geenna (alla sbarra vi erano gli imputati che non avevano scelto riti alternativi) abbia confermato il fatto «che il gruppo criminale aostano era oggettivamente collegato con la”casa madre” (in Calabria ndr) attraverso due autorevoli rappresentanti della nota ‘ndrina Nirta-Scalzone».
Sempre il verdetto d’appello, poi, sottolineava «l’attività di illecita interferenza con le libere attività negoziali degli appartenenti alla comunità calabrese (o comunque svolte da soggetti intorno a essa gravitanti) come anche nel dirimere questioni che richiederebbero l’intervento delle pubbliche Autorità, nel servirsi del “metodo mafioso” così come inteso sulla scorta della consolidata opera interpretativa della giurisprudenza. Una capacità intimidatrice, dunque, effettivamente “espressa”, nonché “attuale, effettiva e obiettivamente riscontrabile” seppur non necessariamente manifestata nel controllo integrale di una determinata area territoriale, né estrinseca attraverso atti di violenza o comunque clamorosi». Insomma, quella che i giudici hanno chiamato “mafia silente”.
Altri gruppi
Passando all’eventuale presenza «sul territorio di sodalizi criminali di altre matrici», il ministro dell’Interno precisa che, «sebbene non si siano avuti recenti riscontri circa l’operatività di gruppi strutturati, si registrano talvolta episodi delittuosi relativi al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, nonché allo sfruttamento della prostituzione a opera di cittadini stranieri anche in collaborazione con elementi locali».
(f.d.)