Giancarlo Cesti: «Quasi 40 anni passati a proteggere i boschi dagli incendi»
A capo del Nucleo antincendi boschivi dal 2003, il 10 luglio di quest'anno è andato in pensione
Quasi 40 anni (38 per l’esattezza) passati a lavorare tra le fiamme per difendere i boschi valdostani dagli incendi. E’ la carriera di Giancarlo Cesti, il “decano” del Nucleo antincendi boschivi. Entrato nell’allora Servizio selvicoltura della Regione dopo 10 anni da volontario della Croce rossa, Cesti ha visto nascere e crescere il Nucleo specializzato nella lotta agli incendi boschivi, struttura che ha guidato dal 2003 fino al 10 luglio di quest’anno.
«Era arrivato il momento di andare in pensione – spiega -. Adesso ho bisogno di disintossicarmi, perché per 38 anni ho lavorato duramente, sempre pronto giorno e notte».
Cesti, il tema degli incendi boschivi e collegato all’aumento delle temperature e alla siccità. Come vede la situazione attuale?
«La tendenza è a un peggioramento della situazione. Nel 1985, quando abbiamo fatto il primo intervento, c’era situazione delineata: le cause degli incendi erano riconducibili soprattutto al settore agricolo. Negli anni, però, grazie all’opera del Corpo forestale, questi si sono ridotti. Il numero degli incendi è diminuito ma le cause sono sempre di più (come il rogo di un’auto o gli incendi dolosi), ma anche imprevedibili: con la siccità, aumentano gli incendi da fulmine. Nel 2003, anno paragonabile al 2022 per caldo e siccità, abbiamo avuto 29 focolai da fulmine, mentre la media annuale solitamente è di 3 o 4. E anche il clima è cambiato, quindi penso che aumenteranno gli incendi nel periodo estivo e autunnale. C’è un’estremizzazione dei periodi siccitosi accompagnato da un aumento delle temperature».
E il Nucleo è pronto ad affrontare la situazione?
«Abbiamo sempre lavorato bene con il Corpo forestale e i vigili del fuoco. Però molti membri esperti del Nucleo sono prossimi alla pensione e la mia preoccupazione è che non ci sia qualcuno in grado di sostituirli. E’ necessario mantenere la specializzazione che abbiamo creato in 30 anni, garantendo attrezzatura e personale formato».
Come si è avvicinato a questo settore?
«Avevo qualcosa nel dna, infatti ho dedicato a questo lavoro 38 anni della mia vita a tempo pieno e, negli anni, ho anche pubblicato sette testi sugli incendi principalmente finalizzati alla formazione del personale. Credo di aver sempre avuto una grande passione, che è poi esplosa quando ho conosciuto l’ispettore del Corpo forestale dello Stato, Giovanni Bovio, a Torino nel 1977».
Qual è la situazione più difficile in cui si è trovato nella sua carriera?
«Direi tre incendi: nel 1990 a Chatillon, il vento alimentò un piccolo incendio e in poco tempo ci trovammo bloccati in mezzo alle fiamme. Alla fine riuscimmo a uscire e a spegnere l’incendio, ma bruciarono circa 303 ettari. La stessa cose successe nel 1995 a Verrayes, anche in quel caso l’incendio ci circondò. Poi ricordo l’incendio “storico” del 2005 che da Nus raggiunse Verrayes, distruggendo 257 ettari. Fu un’operazione complessa, anche perché quel giorno avevamo già spento cinque roghi. Quando arrivammo a Nus era buio, quindi non avevamo copertura aerea e in più c’era un vento a 90 km/h. Lavorammo tutta la notte e, fortunatamente, il giorno dopo arrivarono canadair ed elicotteri».
Ora che è in pensione a cosa si dedicherà?
«Al tempo libero e alla valorizzazione delle miniere valdostane in qualità di membro della Commissione per la valorizzazione del patrimonio minerario regionale».
(f.d.)