Portare il primo uomo su Marte: ecco il sogno di Giuseppe Edoardo, da St-Marcel alla Florida
Giuseppe Edoardo Addario, studente classe 1998 al Politecnico di Milano, si è aggiudicato un prestigioso concorso organizzato dalla Nasa e dal National Institute of Aerospace, progettando un prototipo come modello utile a reperire propellente per il viaggio di ritorno del razzo direttamente sul Pianeta Rosso
Portare il primo uomo su Marte: ecco il sogno di Giuseppe Edoardo, da St-Marcel alla Florida.
Da Saint-Marcel a Cocoa Beach, in Florida, per partecipare al concorso Revolutionary Aerospace Systems Concepts – Academic Linkage (RASC-AL) organizzato dalla NASA e dalla NIA (National Institute of Aerospace) e aggiudicarsi il premio Best Prototype Demonstration con il suo team universitario.
Giuseppe Edoardo Addario, da St-Marcel alla Florida
E’ il significativo raggiunto da Giuseppe Edoardo Addario, valdostano classe 1998 e studente magistrale di Space Engineering al Politecnico di Milano.
Giuseppe ha fatto parte di un team composto da 29 studenti, di cui 15 appartenenti al PoliMi e 14 all’Embry-Riddle Aeronautical University.
A supervisionare il lavoro sono stati i docenti Davide Conte (Embry-Riddle Aeronautical), Claudia Ehringer Lucas (Embry-Riddle Aeronautical) e Michèle Lavagna (Politecnico di Milano).
L’evento si è svolto in un hôtel della catena Hilton tra il 20 e il 23 giugno e ha visto la partecipazione di 15 team affrontatisi su diversi temi.
Il gruppo italo-americano, unico con partecipanti europei, di cui ha fatto parte Giuseppe ha gareggiato contro altri 6 team sul tema “Mars Water-Based ISRU Architecture Theme” con l’obiettivo di presentare il migliore modello utile a reperire propellente per il viaggio di ritorno del razzo direttamente sul Pianeta Rosso.
Ecco l’intervista a Giuseppe, pubblicata su Gazzetta Matin di lunedì 11 luglio.
Giuseppe, come è nata la possibilità di partecipare a questo concorso?
«È iniziato tutto a Novembre 2021 quando il PoliMi ha offerto la possibilità a 15 studenti tra i più meritevoli di entrare a far parte di un team che potesse sviluppare un progetto in grado di partecipare al RASC-AL.
Vista la mia passione per lo spazio non ci ho pensato nemmeno un istante e ho immediatamente inviato il mio CV, la lettera motivazionale e le mie valutazioni e i miei progetti universitari nella speranza di essere selezionato.
Sono risultato tra i migliori, piazzandomi al terzo posto tra i 15 studenti scelti».
In cosa è consistito il progetto e lei, di cosa si è occupato principalmente?
«Una volta formatosi il team insieme all’Embry-Riddle Aeronautical – elemento fondamentale per la nostra partecipazione poiché la NASA ammetteva al concorso esclusivamente gruppi con almeno un ente statunitense – abbiamo iniziato a sviluppare il progetto.
Eravamo suddivisi in sottogruppi guidati da team leader e ciascun sottogruppo aveva un compito specifico.
Da novembre alla prima consegna del 1º marzo abbiamo lavorato assiduamente e vi assicuro che non è stato semplice poiché il fuso orario disturbava notevolmente la programmazione delle nostre web call.
Il mio sottogruppo ha curato l’aspetto termico e l’aspetto elettrico del modello utile a reperire il propellente su Marte.
Quando il 28 marzo la NASA ci ha comunicato di essere tra i 15 team selezionati il sogno si è avverato, anche perché erano in gara più di 150 team.
Da quel giorno sino al 30 maggio, data di consegna finale, abbiamo lavorato sui feedback fornitici direttamente dall’azienda governativa americana e abbiamo ideato il nostro prototipo che ha poi vinto il premio».
Avete potuto contare su dei fondi per poter sviluppare il progetto e per partecipare al concorso?
«Sì e no. A fine marzo, la NASA ha fornito 6 mila dollari al nostro team per il progetto, ma le spese di viaggio e soggiorno per la Florida sono state tutte a mio carico».
Lei ha avuto un merito fondamentale nella vittoria, non è così?
«Prendermi tutti i meriti non è corretto, ma è vero che il prototipo è stato sviluppato interamente da me e Pasquale Castellano, un mio collega del PoliMi.
Infatti, dopo aver creato l’architettura dell’intero progetto con tutto il team siamo stati noi due a ideare e sviluppare il prototipo.
Inoltre, ci siamo occupati personalmente di illustrare ai giudici il funzionamento del nostro prototipo durante la poster-session nel pomeriggio del 22 giugno.
Il software del prototipo era una simulazione in realtà virtuale del nostro modello utile alla produzione del propellente. Indossando il visore Oculus Quest 2 i giudici sono stati in grado di passeggiare sul terreno di Marte, ascoltarne i suoni, osservarne l’ambiente e visionare ed interagire con gli asset sviluppati per il nostro modello.
La dimostrazione gestita da me e Pasquale è piaciuta e ci siamo aggiudicati il premio Best Prototype Demonstration.
Immagino l’orgoglio in famiglia…
«Naturalmente erano tutti felicissimi.
Mia mamma si chiama Paola e fa la cameriera, mio papà Mario è un artigiano edile.
Ho un fratello di nome Mattia, classe 2002, che studia Design al Politecnico di Torino.
Fortunatamente mamma e papà non rimangono mai da soli poiché c’è il nostro cagnolino Dexter a far loro compagnia, ma nei weekend, quando possibile, ci ritroviamo tutti a casa; siamo molto legati.
Vorrei aggiungere che anche la mia fidanzata Nina, che studia Psicologia all’Università degli Studi di Torino, è una figura fondamentale per me».
Qual è stato il suo percorso scolastico che le ha permesso di arrivare sino a qui?
«Dopo le scuole elementari al Ponte di Pietra e ho frequentate le scuole medie Saint-Roch di Aosta; quando è giunto il momento di scegliere le scuole superiori la mia passione per la matematica mi ha spinto verso il Liceo scientifico Bérard.
Terminato quel percorso ho fatto un anno nella facoltà di Physique all’EPFL di Losanna e ho continuato la triennale al Politecnico di Torino laureandomi in Ingegneria Meccanica con 110.
Ora sono al secondo e ultimo anno di magistrale in Space Engineering al Politecnico di Milano».
Quanto manca alla laurea?
«Mi mancano tre esami e devo finire di scrivere la tesi, ma questo progetto mi ha portato via molto tempo pertanto non so se riuscirò a laurearmi per ottobre o se dovrò rinviare il tutto a dicembre.
L’argomento di tesi è, sintetizzandolo, guida autonoma di navicelle spaziali tramite l’intelligenza artificiale».
Come nasce questa sua passione per lo spazio?
«Nasce dopo un episodio curioso. Al mio primo anno universitario all’EPFL, durante una lezione, il professore di ’Physique 1’ fece volare un razzo ad acqua in giro per l’aula e questa cosa mi fece scattare una grande curiosità sul mondo aerospaziale.
Solo spazio anche nel tempo libero?
«Non solo spazio certo.
Amo giocare a scacchi, feci anche le finali nazionali studentesche in quarta superiore con il Bérard; adoro i videogames e il calcio, sport che ho praticato in diverse società valdostane sino alla quinta superiore.
Ora mi limito a seguirlo in televisione, sono un grande tifoso bianconero e a fare qualche partitella con gli amici.
Mi appassiona anche il disegno; ho realizzato personalmente la grafica del tatuaggio che ho sull’avambraccio».
Parteciperà ad altri concorsi simili al RASC-AL in futuro?
«La volontà di partecipare ad altri concorsi come questo c’è di sicuro, poiché si tratta di esperienze che offrono opportunità straordinarie a livello di conoscenze e di sviluppo umano e professionale.
La possibilità non è però così elevata, dato che sono concorsi esclusivamente per studenti ai quali, una volta entrati nel mondo del lavoro è difficile partecipare».
Il futuro?
«Innanzitutto, voglio laurearmi. Mi avessero fatto questa domanda qualche mese fa avrei risposto dicendo di voler fare il dottorato, ma dopo questa esperienza mi sono reso conto che vorrei entrare immediatamente nel mondo del lavoro.
Purtroppo, per lavorare per la NASA è obbligatoria la cittadinanza statunitense, perciò, sogno di lavorare per l’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea, ndr) magari in uno dei loro centri in Francia, in Germania, in Olanda o, perché no, anche in Italia».
Il suo sogno più grande?
«So che può sembrare fantascienza e so che probabilmente occuperà tutta la mia vita e potrei non vederne il risultato, ma il mio sogno è quello di portare il primo uomo su Marte».
(simone telesforo)