Confindustria, Carlo Bonomi: «con chiusura del Monte Bianco ci vorrà molto coraggio»
Il presidente è intervenuto all'assemblea di Confindustria Valle d'Aosta e ha portato sostegno agli imprenditori rossoneri: «Disponibili fin da ora a supportare le imprese»
«Ringrazio gli imprenditori valdostani, perché con la chiusura del Traforo del Monte Bianco, per un lavoro di cui non conosciamo le tempistiche, ci vorranno molta forza e molto coraggio. Siamo fin da ora disponibili a supportare le imprese in un periodo che sarà molto difficile». Dedica un pensiero alla Valle d’Aosta e alle tante difficoltà di questi tempi grigi, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, intervenuto a chiusura dell’assemblea generale valdostana, che ha eletto alla presidenza Francesco Turcato.
L’accenno alla realtà rossonera è solo una parentesi nel discorso di Carlo Bonomi, che tuona sulla politica e chiede «finalmente riforme strutturali», dicendo basta «ai bonus».
Il saluto
Ringraziati il presidente uscente, Giancarlo Giachino, e il neo eletto, Francesco Turcato, ricordandogli che «nessuno è straniero in Confindustria» (facendo riferimento a un passaggio del suo discorso, ndr.), Carlo Bonomi ha iniziato a sparare alzo zero.
«Assistiamo con incredulità agli sviluppi politici» esclama il numero uno degli industriali, che vede nei palazzi romani «ignorare gli impegni assunti», la situazione di emergenza e la situazione internazionale, mettendo in mostra «manifestazioni di irresponsabilità che ci lasciano senza parole».
Salvati solamente il presidente Sergio Mattarella e il premier Mario Draghi, Carlo Bonomi ha ricordato la genesi della crisi, evidenziando come i problemi non nascano solo dal conflitto russo-ucraino, ma «dall’anno scorso – evidenzia il presidente di Confindustria -. L’aumento delle materie prime è di marzo 2021, così come lo shortage», mentre lo shock dei prezzi energetici risale «al settembre 2021, si vedeva chiara la speculazione».
Richieste inascoltate
Il presidente di Confindustria ha poi iniziato a puntare il dito contro la politica, alla quale aveva chiesto «una legge di bilancio come stella polare per la crescita del Paese», ma che in realtà ha portato solamente «un rimbalzo dopo il crollo del 9%», a causa delle guerre per «le bandierine politiche».
Tra le richieste anche grandi interventi di finanza pubblica.
Questi si sono tradotti in «20 miliardi per il reddito di cittadinanza», da approvare se misura di «contrasto alla povertà», ma non come «politica attiva del lavoro» e in «28 miliardi fino al 2030» per quota 100, strumento che «ha pensionato chi lavorava», portando solamente alla sostituzione di 0.4 persone per ogni fuoriuscita.
E ancora via con i vari bonus, partendo dal Superbonus 110%.
«Giusto intervenire su un settore come l’edilizia in crisi da dieci anni – ha tuonato ancora Bonomi -, ma non utilizzando l’Industria 4.0», andando così a «colpire gli unici strumenti di politica industriale».
Italia in rallentamento
Il numero uno di Confindustria, ricorda come «avessimo previsto quanto succede sui mercati», che ora mostrano come «Italia e Germania stanno rallentando», ma senza vedere il richiesto «riformismo», che faciliterebbe la ripresa.
Secondo Bonomi, infatti, «oggi le risorse ci sono e non ci sono più scuse – attacca ancora -. Servono riforme, dal fisco, alle politiche attive alla concorrenza», passando per il taglio al cuneo fiscale.
Taglio del cuneo fiscale
«Tante persone stanno soffrendo, in particolare quelle con reddito inferiore ai 35.000 euro – evidenzia il presidente -. Ci vuole un intervento shock per dare soldi ai lavoratori. Servono 16 miliardi, un taglio di 2/3 ai dipendenti e 1/3 alle imprese».
E i soldi?
«Nel Def sono previsti 38 miliardi in più di entrate fiscali – continua Bonomi -; possiamo ridare il 50% agli italiani»?
Altri provvedimenti
Carlo Bonomi boccia poi il salario minimo, in quanto i contratti firmati da Confindustria «danno più di quanto prevederebbe il minimo».
Ma anche perché la contrattazione nazionale funziona, tanto che di «7 milioni di lavoratori senza contratto, solo 242.000 sono nell’industria».
Debito pubblico fuori controllo
Il presidente pone poi l’accento sul debito pubblico fuori controllo.
«È cresciuto di 800 miliardi in dieci anni – esclama -, ma non abbiamo sconfitto la povertà», visto che i poveri sono arrivati a quota 5.6 milioni, il doppio del 2008, pur raddoppiando anche «gli interventi di spesa sociale», tradotta in «bonus per effimero consenso elettorale».
E si congeda ringraziando gli imprenditori, «eroi civili, che non verranno riconosciuti», ma che costituiscono «la mia forza».
(alessandro bianchet)