Omicidio Elena Raluca: Gabriel Falloni condannato all’ergastolo
Dopo circa tre ore e mezza in camera di consiglio, la Corte d'assise di Aosta ha pronunciato la sentenza nei confronti dell'omicida di viale dei Partigiani
Ergastolo. Questa la pena comminata dalla Corte d’assise di Aosta nei confronti di Gabriel Falloni, il 36enne di Sorso (Sassari) imputato – e reoconfesso – per l’omicidio di Elena Raluca Serban, la 32enne uccisa in viale dei Partigiani (Aosta) nell’aprile 2021. Dopo oltre 3 ore di camera di consiglio, il dispositivo della sentenza è stato letto in aula dal presidente Eugenio Gramola.
L’imputato, però, non era presente in quanto ha preferito tornare in carcere a Biella al termine dell’udienza. Nei suoi confronti, la Corte ha disposto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, l’interdizione legale e l’isolamento diurno per 2 mesi. Non solo: Falloni è stato anche condannato al pagamento di una provvisionale da 100 mila euro a favore della sorella della vittima e da 150 mila euro alla madre; entrambe si erano costituite parte civile ed erano assistite dagli avvocati Corinne Margueret e Maurizio Campo. Il risarcimento a favore dei famigliari di Elena dovrà essere definito in sede civile.
«Sono state escluse due aggravanti: i futili motivi e l’aver incrudelito sulla vittima -precisa l’avvocato Marco Palmieri (difensore dell’imputato insieme al collega Davide Meloni) uscendo dal Tribunale -, mentre è rimasta in piedi l’aggravante dell’aver commesso un reato (l’omicidio ndr) al fine di poterne compiere un altro (la rapina ndr). Ho massimo rispetto per la decisione della Corte, quindi aspettiamo le motivazioni. Sicuramente, comunque, faremo appello perché anche il discorso del vizio parziale di mente», riconosciuto in capo all’imputato dal consulente di parte ma non dal perito nominato dai giudici, «ci lascia un po’ perplessi».
Ascoltato il verdetto della Corte, i famigliari della vittima – la madre e la sorella erano presenti in aula come avvenuto in tutte le precedenti udienze – hanno preferito non commentare.
I fatti
Secondo quanto ricostruito dalla Squadra mobile della Questura, Falloni conosceva Elena. I due si erano già visti dopo che lui l’aveva contattata tramite un sito di appuntamenti ed escort. Quel giorno, secondo l’accusa, il 36enne avrebbe aggredito la giovane; la avrebbe strangolata e poi finita con una coltellata alla gola. Il movente? Per gli inquirenti è la rapina. Dopo aver tolto la vita a Elena, infatti, il 36enne si sarebbe allontanato dall’appartamento con in tasca oltre 8 mila euro.
Per questi motivi Falloni era accusato di omicidio aggravato e rapina. Capi d’imputazione pesanti, che non gli hanno consentito di scegliere riti alternativi al dibattimento.
L’udienza
L’udienza andata in scena nella mattinata di mercoledì 25 maggio era stata dedicata alla requisitoria dei pm D’Ambrosi e Luca Ceccanti. Proprio quest’ultimo ha ricostruito in aula quanto emerso dalle indagini. «E’ evidente come l’istruzione dibattimentale abbia chiaro tutti gli elementi fattuali di questa vicenda – ha esordito il magistrato -. Sono emerse con chiarezza le modalità efferate con cui è stato commesso l’omicidio. E abbiamo la prova regina, cioè la confessione. Però questa non è stata dettata dal reale pentimento, ma da un mero calcolo opportunistico. Falloni è arrivato alla confessione quando il quadro indiziario era già granitico».
«Non è vero – ha improvvisamente urlato in aula l’imputato -. Lui (il pm ndr) sta dicendo delle bugie». Richiamato dal presidente della Corte Eugenio Gramola e dall’avvocato Palmieri, comunque, Falloni si è subito calmato.
Ripresa la requisitoria, il pm ha provato a smontare alcuni elementi «edulcorati e autoassolutori» contenuti nella confessione dell’omicida, il quale è stato dichiarato capace di intendere e volere dalla perizia svolta dalla dottoressa Mercedes Zambella.
La dinamica
In particolare, come aveva già confermato in aula il medico legale Pasquale Beltempo, «è altamente implausibile che dopo il tentativo di strangolamento Elena abbia reagito». Per Ceccanti «le cose sono andate così: è stato uno strangolamento violento, Falloni ha trascinato la vittima per casa e, quando lei stava morendo, le ha squarciato la gola con un coltello».
E quindi l’affondo dell’accusa: «Falloni è un simulatore. Tutti i suoi racconti sono volti a sminuire il peso delle sue responsabilità. E’ un millantatore ed è un simulatore. Lui si descrive come la vittima di un destino avverso, crea il presupposto per potersi presentare in questo processo come colui che è stato determinato da una società ingiusta ma non ha fatto».
Le aggravanti
La parola è quindi passata al pm D’Ambrosi, il quale ha analizzato una per una tutte le aggravanti contestate a Falloni.
Nella sua requisitoria, il magistrato ha anche evidenziato come il 36enne «ha commesso l’omicidio per portare a termine la rapina, non vi è dubbio alcuno».
Il rappresentate dell’accusa ha poi evidenziato come «Falloni fosse dedito alla frequentazione di prostitute», non si spiega allora perché per entrare nell’appartamento di Elena fosse «così guardingo, ponendosi di spalle rispetto alla telecamera e indossa il cappuccio. Lui non apre il portone del condominio di viale dei Partigiani con la mano, ma appoggia l’avambraccio: significa che è consapevole del fatto che non deve lasciare tracce. Lui entra in quell’appartamento per rapinare la povera Elena».
Eppure, per appropriarsi del denaro non era necessario uccidere la 32enne. «Dopo lo strangolamento l’intento predatorio poteva essere raggiungo – ha spiegato il pm alla Corte -, invece no. Falloni trascina la donna e con un coltello prova a ferirla, ma non ci riesce. Però non demorde, al terzo tentativo riesce a squarciare la gola della povera Elena. La ragazza era agonizzante e lui sapeva che lei lo avrebbe denunciato se non la avesse finita. I due si erano già visti, si conoscevano». Secondo il sostituto procuratore «Elena ha vissuto un inferno negli ultimi istanti della sua vita».
La Procura aveva quindi invocato una condanna all’ergastolo.
In aula
L’udienza è quindi proseguita con le arringhe della parte civile (la mamma e la sorella della vittima) e della difesa.
L’avvocato Campo, ripercorrendo quanto emerso in aula durante il dibattimento, ha chiesto che il risarcimento venga stabilito in sede civile ma che, nel frattempo, venga disposta una provvisionale immediatamente esecutiva a carico dell’imputato.
La difesa
E’ poi intervenuta la difesa, con il legale Palmieri che ha evidenziato nella sua arringa come «Falloni non è entrato a casa della persona offesa per commettere una rapina. Non è vero che lui aveva debiti. E poi, se io rubo 8 mila euro non li spendo come ha fatto lui: ha utilizzato fior di quattrini per spostarsi da Nus a Genova, ha dato dei soldi ad alcune prostitute, ha fatto una donazione a una chiesa e ha comprato e inviato due iphone ai suoi nipoti in Sardegna che nemmeno lo conoscono. Non prendiamoci in giro…al massimo c’è la prova del furto, ma non della rapina».
E per la difesa un’ulteriore prova dell’assenza della volontà di commettere una rapina deriva dal fatto che «il giorno prima dell’omicidio Falloni ha postato sui social una foto in cui indossava gli stessi abiti che aveva quel giorno, quando è stato ripreso dalle telecamere. Ma se uno ha un progetto criminoso, di certo non fa una cosa del genere visto che, come ha confermato in aula il dirigente della Squadra mobile, quella foto postata sui social è stata utile agli investigatori per l’identificazione».
Il legale ha quindi ribadito la versione dell’imputato secondo cui l’aggressione era scattata a causa di una battuta a sfondo sessuale fatta dalla donna. «Quello che per tutti noi è un motivo futile – ha affermato Palmieri -, non lo è affatto per lui» che, come confermato dalla perizia psichiatrica, «è affetto da un disturbo di personalità di tipo antisociale».
(f.d.)