Maxi truffa nel settore energetico: 22 arresti fra Italia e Germania
Nell'ambito dell'operazione Carta bianca, la Guardia di finanza ha anche sequestrato beni per un valore di circa 41 milioni di euro
Ventidue arresti tra Italia e Germania e 113 indagati. Beni sequestrati per un valore di circa 41 milioni di euro. E’ l’operazione “Carta bianca” della Guardia di Finanza di Aosta.
Le indagini – eseguite con il supporto del Servizio Centrale d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata, del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie, del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Repressione Frodi Tecnologiche – si concentrano su una presunta maxi truffa nel settore energetico, che generava anche un rincaro delle bollette.
Secondo quanto ricostruito dalle Fiamme gialle, i proventi illeciti venivano riciclati in investimenti in criptovalute e nel mercato immobiliare.
L’operazione
Nell’ambito delle operazione andata in scena nella notte tra lunedì a martedì (23 novembre), la Finanza ha eseguito – in diverse regioni italiane – un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino Francesca Firrao nei confronti di 17 persone; sono indagate per associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e riciclaggio. Gli altri 5 arresti sono stati eseguiti dalla Polizia Criminale di Duisburg (Germania).
L’inchiesta
“Carta Bianca” è un’operazione internazionale che, grazie al coordinamento dell’Agenzia Europea per la Cooperazione Giudiziaria – Eurojust, è stata sviluppata in stretta sinergia con le Autorità tedesche con la costituzione di una Squadra Investigativa Comune tra la Procura della Repubblica di Aosta e quella di Duisburg.
Questa mattina, infatti, la Polizia Criminale di Duisburg ha eseguito, contestualmente alla Guardia di Finanza italiana, 5 arresti (un italiano che abita in Svizzera e 4 tedeschi, uno dei quali domiciliato nella provincia di Catania). Tutti con l’accusa di riciclaggio.
Eseguiti anche varie di perquisizioni e sequestri di conti correnti, disponibilità finanziarie, immobili e criptovalute, sino alla concorrenza del valore di 41 milioni di euro, ovvero l’equivalente delle somme ottenute con la truffa posta in essere e di quelle riciclate.
I fatti indagati dalle Fiamme gialle risalgono al periodo 2016-2020. L’inchiesta, avviata nel luglio del 2019 dal Nucleo Polizia Economico Finanziaria di Aosta, avrebbe acceso i fari su una maxi truffa posta in essere da un’associazione criminale con base nella provincia di Torino, imperniata intorno al meccanismo dei cosiddetti “certificati bianchi” (o TEE,Titoli di Efficienza Energetica), principale strumento di promozione dell’efficienza energetica in Italia, introdotto nel nostro ordinamento a partire dal 2005.
La maxi truffa
Alla base del meccanismo vi è l’obbligo, da parte delle aziende distributrici di energia elettrica e gas con più di 50mila clienti finali, di conseguire annualmente determinati obiettivi di risparmio energetico; possono però assolvere al proprio obbligo realizzando progetti di efficienza energetica che diano diritto ai “certificati bianchi”, oppure acquistando i certificati stessi da altri operatori del settore, le cosiddette Energy Service Company (E.S.Co.), società che scelgono volontariamente di realizzare progetti di riduzione dei consumi negli usi finali di energia.
Il Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. (GSE), società a partecipazione pubblica, riconosce sia alle aziende distributrici sia alle E.S.Co. un controvalore in certificati in misura corrispondente al risparmio di energia derivante dagli interventi realizzati. I certificati sono poi liberamente scambiabili sul mercato dei Titoli di Efficienza Energetica gestito dal Gestore dei Mercati Energetici S.p.a. (GME).
Il meccanismo si esaurisce con la presentazione annuale dei “certificati bianchi” presso il GSE da parte delle aziende distributrici che, in tal modo, dimostrano il raggiungimento degli obiettivi di risparmio prefissati e, contestualmente, maturano il diritto all’ottenimento di un contributo tariffario in denaro da parte della Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA).
L’entità del contributo pubblico erogato dalla Cassa è parametrato al valore di mercato dei “certificati bianchi” scambiati e viene finanziato, in ultima analisi, da tuttala collettività, attraverso i prelievi operati sulle bollette energetiche alla voce “oneri di sistema” (per l’energia elettrica, componente tariffaria UC7).
La basi dell’indagini
L’indagine “Carta bianca”, inizialmente coordinata dalla Procura della Repubblica di Aosta e, nella fase finale da quella di Torino (pm Giulia Marchetti), è iniziata nel Comune di Saint-Christophe, dove i Finanzieri hanno scoperto la prima delle otto E.S.Co. fantasma complessivamente individuate nel corso dell’intera attività. Priva di qualsivoglia struttura operativa e amministrata da un mero prestanome, la società valdostana, ubicata all’interno di un magazzino dismesso, è riuscita a ottenere indebitamente – secondo l’accusa -, a fronte di 26 falsi progetti presentati al GSE, circa 27 mila “certificati bianchi”, poi rivenduti per un totale di circa 8 milioni di euro. Sebbene la società avesse sede legale in Valle d’Aosta e fosse proprietaria di quell’immobile, tutte le persone coinvolte sono residenti fuori Valle.
Ma torniamo alla vendita dei certificati bianchi: in questa fase sarebbe emerso il coinvolgimento di alcune società tedesche che, per consentire alla E.S.Co. valdostana di giustificare la propria apparente operatività, hanno emesso nei confronti di quest’ultima svariate fatture per consulenze mai prestate, per più di un milione di euro.
L’attività
I successivi approfondimenti – condotti mediante mirate indagini finanziarie, intercettazioni telefoniche e ambientali, utilizzo di captatori informatici – hanno consentito di risalire all’esistenza di un sodalizio criminale che, da un anonimo ufficio di Torino, gestiva, oltre a quella valdostana, altre sette E.S.Co. formalmente ubicate nelle province di Milano, Torino, Varese,Asti, Vercelli e Biella, in realtà vere e proprie scatole vuote utilizzate al solo scopo di ottenere e scambiare “certificati bianchi”.
Il tutto – come evidenzia il gip nell’ordinanza – reso possibile «sfruttando le falle del sistema legislativo dell’incentivazione del risparmio energetico globale», se si considera che le fasi di accreditamento presso il GSE, nonché di presentazione e valutazione dei progetti sono avvenute esclusivamente in modalità telematica, senza alcun effettivo reale riscontro sul campo.
La maxi truffa è stata posta in essere dalle E.S.Co. individuate, ottenendo indebitamente certificati bianchi per un valore complessivo di 27 milioni di euro, finanziati, come detto anche a spese degli utenti finali, tramite i prelievi operati sulle bollette energetiche alla voce “oneri di sistema” (per l’energia elettrica, componente tariffaria UC7).
I progetti falsi
In totale, per realizzare la truffa, sono stati presentati 95 falsi progetti riguardanti lavori mai effettuati (prevalentemente sostituzione di caldaie, coibentazione di pareti, cappotti termici) su immobili realmente esistenti sul territorio nazionale che, insieme a ditte e persone inconsapevoli, sono stati sistematicamente individuati attraverso semplici ricerche sul web.
Il riciclaggio
Dei proventi illeciti, ammontanti a oltre 27 milioni di euro, 14 milioni sono stati oggetto di riciclaggio attraverso un collaudato sistema di false fatturazioni tra le otto E.S.Co. e numerose società italiane ed estere compiacenti, oppure costituite ad hoc.
Il denaro, di volta in volta rapidamente bonificato su conti aperti in Albania, Bulgaria, Germania, Liechtenstein, Malta,Principato di Monaco, Slovenia, Spagna, Svizzera, Regno Unito, Ungheria, rientrava in Italia in contanti, attraverso corrieri, per poi essere reinvestito in strumenti finanziari, criptovalute e immobili di lusso tra cui due ville ad Ischia e Ventotene.
I soggetti indagati per attività di riciclaggio del denaro, tutti colpiti dalla misura della custodia cautelare in carcere, risiedono nelle province di Torino, Brescia, Napoli, Salerno, Foggia e Barletta-Andria-Trani; tra loro figurano anche un commercialista e un dipendente di un istituto bancario mentre altri due corrieri di denaro contante, anch’essi arrestati per riciclaggio, percepivano il Reddito di Cittadinanza.
(f.d.)