Piano regionale salute, Vallée Santé: «bel compitino ma servono azioni concrete»
Dei soldi del Pnrr destinati alla Valle d'Aosta solo 1 milione andrà alla sanità
Piano regionale salute, Vallée Santé: «bel compitino ma servono azioni concrete». E’ in estrema sintesi il parere di Vallée Santé. A esordire, nella conferenza stampa pomeridiana, Enzo Blessent. «Sono condivisibili le proposte di revisione delle attività sul territorio, apprezziamo anche l’autocritica ma puntano il dito contro i tagli statali alla sanità quando la Valle d’Aosta non ha fatto nulla per gestire in modo diverso la nostra sanità» ha detto.
I tagli
A testimonianza ha snocciolato i dati: «In italia negli ultimi quindici anni si è perso l’1,8% dei posti letto in Valle d’Aosta i posti letto persi sono stati 45 pari al 7%, i medici sono scesi del 12% pari a 54 (1,5% in Italia), gli infermieri del 3% pari a 30 (in Italia l’1,7%)», Cita poi il Pnrr che garantirà 1 miliardo per 51 progetti «di questi solo 1 milione andrà alla sanità pari allo 0,1%. Questo la dice lunga sull’attenzione per la salute».
Non convince il Comitato il fatto che i cittadini possano fare osservazioni. « Sembra una decisione populista. Cittadini e associazioni vanno sentiti prima dell’elaborazione di un Piano» sottolinea Blessent.
Per Nives Paroli, caposala di lungo corso in pensione, «è scritto bene ma è poco chiaro come si arriverà ad avere le case di comunità e come saranno formate le infermiere che ne coordineranno le attività. I vari ruoli organizzativi sono un po’ confusi e non sono chiare le fonti di finanziamento».
Di ospedale ha palato Massimo Pitassi ribadendo la contrarietà all’ampliamento. «Dopo la riorganizzazione dei servizi sul territorio non sappiamo se i 511 posti letto saranno ancora necessari. I costi sono troppo alti e i tempi incerti. In cinque anni e con una spesa notevolmente inferiori potremmo avere un ospedale nuovo chiavi in mano».
Francesco Lucat ricorda la centralità degli anziani per i quali «i servizi territoriali sono fondamentali» e lamenta il fatto che questi siano «in gran parte in mano ai privati che pensano alla realizzazione dei guadagni e che non hanno a cuore la salute».
Concede i «buoni propositi», l’operatrice sanitaria Patrizia Pradelli ma «non c’è un’architettura chiara sul futuro del welfare. Siamo scettici sull’impianto complessivo del Piano. Non c’è nulla a riguardo dell’organizzazione».
Per l’ex primario di urologia Paolo Pierini. «Ci sono alcuni principi condivisibili. Il piano mette al centro il paziente. Ma alle parole devono seguire i fatti. Non si capiscono i tempi di applicazione e non c’è un progetto intermedio a breve termine in cui si inizi a fare qualcosa con quello che abbiamo».
(da.ch.)