Geenna, ad Aosta c’era un Locale di ‘ndrangheta: lo certifica la Corte d’appello
Con 640 pagine, i giudici della II sezione penale motivano il verdetto con cui hanno condannato Antonio Raso, Nicola Prettico, Alessandro Giachino e Monica Carcea
«Il corposo materiale probatorio acquisito, se scrutinato attentamente, offre convincenti riscontri circa la fondatezza» della principale ipotesi accusatoria: ad Aosta c’era un Locale di ‘ndrangheta. Questa, in estrema sintesi, la conclusione a cui giunge la Corte d’Appello di Torino nelle 640 pagine della sentenza con cui sono stati condannati quattro dei cinque imputati nel processo Geenna che non avevano scelto riti alternativi.
Si tratta del ristoratore Antonio Raso, dell’ex consigliere comunale di Aosta Nicola Prettico, del dipendente del Casinò Alessandro Giachino e dell’ex assessore di Saint-Pierre Monica Carcea; mentre quest’ultima era accusata di concorso esterno, gli altri tre erano alla sbarra per associazione mafiosa. Assolto invece con formula piena l’ex consigliere regionale Marco Sorbara.
Il Locale
Secondo i giudici torinesi, a capo della cellula delocalizzata di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta c’era Marco Di Donato (condannato in abbreviato sempre nel processo Geenna). Oltre al legame di parentela con i Nirta di San Luca, l’imbianchino di Saint-Pierre è «gravato da precedenti penali». E tutti i reati sarebbero stati consumati in Valle d’Aosta, dove Marco Di Donato è stato anche sottoposto a sorveglianza speciale per 2 anni. Eppure, anche se all’epoca delle indagini si trovava ai domiciliari, l’imputato era molto attivo e presente «sia nel settore dello spaccio di sostanze stupefacenti (in quanto Bruno Nirta, il presunto boss, si confidava solo con lui in relazione alla gestione delle piazze ndr) sia nel campo elettorale».
Per la Corte, l’imputato «aveva trasformato la sua abitazione in un luogo di esame e verifica delle problematiche sottopostegli da Carcea» e, come se non bastasse «ben tre tra presidenti ed ex della Regione Valle d’Aosta cercano un incontro con lui durante una delle campagna elettorali».
Insomma, «l’attivismo di Di Donato è tale da spaziare dalla programmazione delle attività di spaccio (in cui non risulta coinvolto ndr) a quella afferente alle elezioni del 2018».
Il ruolo di Raso
Antonio Raso entra in Tribunale ad Aosta
Del Locale faceva poi parte Antonio Raso, ma non in qualità di “promotore” come ritenuto dall’accusa. E’ vero che «grazie anche alla sua attività e alle sue capacità comunicative» il ristoratore era «un elemento prezioso» per la consorteria criminale, ma il suo ruolo era «subordinato» a quello di Marco Di Donato.
Seppur attivo in campo elettorale, il ristoratore è stato assolto dall’accusa di scambio elettorale politico-mafioso a favore di Carcea e Sorbara, e dall’imputazione di tentato scambio elettorale con l’ex sindaco di Aosta Fulvio Centoz (quest’ultimo completamente estraneo all’inchiesta ndr).
Prettico, trait d’union con la politica
L’unico politico che effettivamente sarebbe stato sostenuto dal Locale è quindi Nicola Prettico, eletto in Consiglio comunale ad Aosta nel 2015. Si legge nella sentenza: «L’ingresso del Locale nell’agone politico valdostano fu “diretto” soltanto attraverso la candidatura di Prettico».
Proprio per questo motivo l’imputato rappresenta «il primo trait d’union del gruppo con gli organi politici elettivi locali». Ma è altresì vero che l’ex esponente unionista «è senza dubbio collegato intimamente al “cuore” direttivo» del Locale.
Nicola Prettico entra in Tribunale ad Aosta
Il braccio destro di Di Donato
Alessandro Giachino è il terzo e ultimo imputato per 416 bis. Anche lui è stato condannato in Appello.
Secondo la Corte, il dipendente del Casinò «è coinvolto da Raso e Marco Di Donato, sia pure come semplice addetto a mansioni esecutive» in varie vicende finite nelle carte della DDA. Per i giudici, le condotte di Giachino erano caratterizzate da «evidenti manifestazioni di appartenenza», oltre che dalla «sua sempre pronta obbedienza ai “desiderata” di Marco Di Donato».
(f.d.)