Aosta, «una filiera della cocaina in mano agli albanesi» sgominata dalla Polizia: 5 arresti
Gli inquirenti sono sulle tracce del sesto indagato destinatario dell'ordinanza di custodia cautelare
«Una filiera della cocaina in mano agli albanesi». Non usano mezzi termini gli uomini della Squadra mobile della Questura di Aosta per descrivere quanto emerso dall’inchiesta antidroga “Illyricum”, culminata alle prima luci dell’alba di sabato 2 ottobre con cinque arresti. Gli indagati, tuttavia, sono sei (di cui due sono incensurati); gli inquirenti sono sulle tracce della sesta persona destinataria dell’ordinanza di custodia cautelare (QUI l’aggiornamento).
Al termine del blitz, comunque, sono finiti ai domiciliari: Elton Beleshi (classe 1982), Leonard Vishaj (classe 1988), Angjelin Lleshi (classe 1991), Amarildo Perloshi (classe 1987) e Diego Gustavo Corchia (classe 1980); quest’ultimo è l’unico indagato italiano, gli altri sono tutti nati in Albania ma residenti ad Aosta.
La rete
Secondo quanto ricostruito dalla Sezione Narcotici della Mobile, i cinque soggetti albanesi (il quinto è l’indagato attualmente “ricercato”) e l’italiano erano tutti tasselli di una complessa rete che si occupava di far arrivare la cocaina in Valle d’Aosta e di smerciarla nei vari comuni della Plaine.
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Stando alle indagini, Vishaj e Beleshi erano rispettivamente il corriere (che si recava fuori Valle per procurarsi la droga) e il grossista; Lleshi, Corchia e Perloshi, invece, si occupavano della distribuzione «al dettaglio» della cocaina. La vendita dello stupefacente, hanno ricostruito i poliziotti, avveniva principalmente a casa degli acquirenti.
L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Manlio D’Ambrosi, era iniziata a fine 2020. Seguendo una pista indicata da fonti confidenziali, la sera del 26 novembre gli uomini guidati dal dirigente Francesco Filograno fermano Lleshi Angjelin all’uscita di un garage; gli investigatori scoprono che, proprio all’interno della struttura e celata in un “buco” del muro, l’uomo nascondeva circa 27 grammi di cocaina.
L’inchiesta
Angjelin viene denunciato a piede libero, ma quello che non sa è che gli uomini della Mobile sospettano che quel ritrovamento potrebbe portarli a ricostruire una ben più complessa “organizzazione”.
«Abbiamo quindi iniziato a fare una sorta di “mappatura” dei soggetti albanesi che, abbiamo scoperto, erano in grado di procurarsi ingenti quantità di droga facendosela portare da fuori Valle – ha spiegato Filograno in conferenza stampa -. Il quadro emerso, quindi, era molto diverso rispetto a quello a cui siamo abituati in Valle d’Aosta. Come sospettavamo, infatti, alle spalle di Lleshi c’era una “rete” molto sofisticata».
Sempre nel corso delle indagini dell’antidroga, poi, l’8 maggio 2021, una “cimice” installata sull’auto di Leonard Vishaj consente alla Polizia di sorprendere quest’ultimo con 110 grammi (divisi in due pietre di cocaina pura) di “neve” occultati nel vano motore del veicolo. Cognato di Beleshi, Vishaj si era recato a Cassano d’Adda (Milano) per procurarsi lo stupefacente; proprio lì, la sua auto era stata smontata per celare la droga da portare in Valle.
«Hai delle bibite per la festa?»
Passa il tempo e gli inquirenti accendono i fari anche sui pusher. Viene intercettata la telefonata tra un acquirente e un indagato in cui il primo dice: «Questa sera ci sarà un festa, hai delle bibite per rallegrare la serata?». L’indagato telefona immediatamente a un “socio” e riporta il messaggio, facendo riferimento a bibite e panini del fast food.
Quella sera, gli investigatori si posizionano davanti alla casa in cui si sarebbe tenuto il festino; proprio lì intercettano uno degli indagati, trovato in possesso di 10 grammi di cocaina destinata all’acquirente. «Per noi è stata la conferma che non ci eravamo fatti un film», ha detto il dirigente della Mobile.
Quella citata, però, è una delle pochissime intercettazioni telefoniche che si sono rivelate utili per la Polizia. «I soggetti albanesi non usavano mai il telefono – ha precisato Filograno -, per questo motivo l’attività è stata complessa. Abbiamo dovuto fare numerosi appostamenti e, soprattutto, utilizzare intercettazioni ambientali».
Come nel caso della “cimice” sull’auto di uno degli albanesi finiti ai domiciliari, che ha registrato una conversazione in cui uno spacciatore chiede all’indagato il consenso per accaparrarsi una zona di spaccio nel centro di Aosta. Non solo: nel corso del dialogo vengono forniti i nomi dei “soci” e l’indagato parla anche dell’imminente arrivo di una carico di cocaina in Valle; si tratta proprio delle due “pietre” trovate nell’auto di Vishaj.
I consumatori identificati sono una trentina, quasi tutti tra i 25 e i 30 anni.
(f.d.)