1944: bombe su Pont-Saint-Martin e rappresaglia a Quart, il giorno più tragico della guerra per la Valle d’Aosta
Il 23 agosto durante la seconda guerra mondiale due stragi che hanno portato dolore ai valdostani e ne hanno segnato la storia
1944: bombe su Pont-Saint-Martin e rappresaglia a Quart, il giorno più tragico della guerra per la Valle d’Aosta. E’ successo il 23 agosto.
Il bombardamento aereo su Pont-Saint-Martin provocò 130 morti, mentre la rappresaglia nazista a Trois-Villes, villaggio di Quart, oltre ai morti vide il villaggio dato alle fiamme.
Pont-Saint-Martin: tra i 130 morti anche 40 bambini
La guerra non è finita, ma certo i tedeschi e i fascisti sono in difficoltà su tutti i fronti e gli alleati cercano di impedire che arrivino loro rifornimenti.
Il 23 agosto 1944 alle 15,30 gli equipaggi di 18 bimotori, di stanza nella base di Alesani, in Corsica, stanno facendo il briefing con il quale si comunica loro l’obiettivo del giorno: colpire i due ponti stradali di «Settino» a Ponte San Martino e le case adiacenti per bloccare il traffico da e per la Valle d’Aosta. Primo punto di riferimento Mentone, poi Barcelonette, in Provenza, quindi Bussoleno e infine Pont.
Alle 17.30, i ragazzi che giocano per le strade del paese alzano la testa affascinati nel veder passare quelle macchine volanti luccicanti. Non hanno paura perché ne sono passati tanti, ma mai la Valle è stata bombardata. Oggi, però sono molto bassi, sotto le cime delle montagne.
Quando viene sganciata da 10000 piedi (3.000 metri) la prima delle 20 bombe da circa 50 kg della prima ondata, e, dopo pochi secondi, con il suo sibilo tipico arriva sul bersaglio nessuno ha il tempo di nascondersi. E poi nascondersi dove? La seconda e terza ondata sganciano da cento metri più in alto e scaricano 41 bombe della stessa misura che completano l’opera distruttiva.
Le esplosioni lasciano sul terreno 130 morti, quasi tutti civili.
La perdita più tragica sono i 40 bambini che stavano giocando, come tutte le sere, nelle vie del borgo.
Chi si era nascosto per non farsi trovare, lo rimarrà per sempre.Subito il suono di sottofondo sono i lamenti dei feriti e le loro richieste di soccorso, poi il silenzio, il pianto dei superstiti e quello dei vigili del fuoco che disseppelliscono i cadaveri.
Trois-Villes: morte e fiamme
Lo sapevano che sarebbe tornata in paese la milizia fascista e che avrebbe messo in atto una rappresaglia. A Nus, dopo la cattura di due militari fascisti del posto di guardia e il ferimento di altri due, da parte dei partigiani della «13ª banda Emile Chanoux», tutti immaginavano che sarebbe arrivata la vendetta e tutti gli uomini validi erano fuggiti. E arrivarono in forze, presero come scudi umani gli ostaggi dei villaggi che si trovavano sulla direttrice di fuga dei partigiani e intimarono di riconsegnare i prigionieri. Poi risalirono le pendici del monte, pesantemente armati, ma soprattutto armati di sete di vendetta. C’erano 300 partigiani nella zona e lo scontro era inevitabile. Gli 800 uomini tra tedeschi, militi fascisti del battaglione «Montebello» e «Moschettieri delle Alpi» sono abili nell’uso delle armi e in una battaglia campale non hanno rivali. Uccidono quattro partigiani: Roberto Martinet e Pietro Désandré, entrambi di 21 anni, Eusebio Barrel, di 22, e Tommaso Foréthier di 16. Poi, come ulteriore rappresaglia, danno alle fiamme il villaggio di Trois-Villes scelto anche perché le fiamme si possano vedere da Aosta, per spaventare la popolazione. Lo bruciano completamente.
Nel viaggio di ritorno, i nazisti assassinano un abitante del villaggio di Champlong, Desiderato Grenod, accusato di fiancheggiare la Resistenza.Dietro di loro distruzione e morte. Alcuni feriti vengono portati in parrocchia. Un ragazzo giovanissimo muore dissanguato.
Ciò che rimane sono il dolore, l’odore di bruciato e le carogne degli animali uccisi e abbandonati. Ciò che rimane è il disorientamento di chi ha perso tutto e non sa come arrivare a nutrire la famiglia. Anche la chiesa viene data alle fiamme perché serva di monito, anche al parroco.
(Bruno Fracasso)