Wimbledon, Liudmila Samsonova dai campi valdostani agli ottavi di finale londinesi
La giocatrice siberiana è cresciuta nelle fila del Tennis club Châtillon Saint-Vincent, alle 14 giocherà a Wimbledon contro la ceca Karolína Plíšková
Wimbledon, Liudmila Samsonova dai campi valdostani agli ottavi di finale londinesi.
La giocatrice siberiana è cresciuta nelle fila del Tennis club Châtillon Saint-Vincent, alle 14 giocherà a Wimbledon contro la ceca Karolína Plíšková.
Il match Samsonova – Plíšková si giocherà alle 14 sul campo 12.
Ci sarà dunque anche un pizzico di Valle d’Aosta nel primo turno del torneo di Wimbledon.
I verdi prati dell’All England Tennis Club di Londra, infatti, vedono tra le 128 protagoniste del primo turno del torneo femminile Liudmila Samsonova, classe 1998, di Olenegorks, Siberia estrema, 176 chilometri dal circolo polare artico.
La Valle d’Aosta e l’Italia
E che c’entra una siberiana con la Petite Patrie?
C’entra, c’entra, perché i primi passi di una carriera che si sta facendo sempre più interessante, la talentuosa russa li ha mossi in Valle d’Aosta, dove il papà Dmitriy Samsonov, giocatore professionista di tennistavolo, è arrivato all’inizio del nuovo millennio per vestire la maglia della Libertas Verrès.
Dopo aver provato a pattinare, Liudmila capisce di amare di più il tennis e cresce nelle fila dello Châtillon St-Vincent, club nel quale è seguita dal maestro Alessandro Morise.
La biondina ha talento da vendere e quando ha 11 anni si sposta a Sanremo per entrare nella scuderia che un certo Riccardo Piatti (attuale guru di Jannik Sinner) gestisce a Bordighera. Le qualità ci sono e i tornei non fanno altro che confermarle: arrivano sette successi in singolare (completati da nove in doppio) nel circuito ITF e nel 2016, con in tasca il numero 65 del ranking minore, lascia Piatti e si accasa ad Anzio, dove ha base coach Alessandro Piccardi.
Samsonova difende più volte la bandiera tricolore a livello giovanile, ma la FIT non si muove abbastanza rapidamente per farle ottenere il passaporto italiana e lei, nel 2018, decide di rappresentare sportivamente la Madre Russia.
Una carriera in crescita
Gli ultimi cinque anni sono un crescendo rossiniano: arriva nel Lazio oltre la millesima posizione WTA, ma nel 2017 è appena sopra quota 500 (a fine anno torna a Châtillon per il Memorial Minini e sui campi dove è cresciuta batte in tre set in semifinale Martina Caregaro, per poi cedere 7/5 6/1 a Federica Di Sarra) e nel 2018 entra tra le top-200.
L’esordio negli slam
La stagione 2019 è quella dell’esordio negli slam: in primavera debutta al Roland Garros superando le qualificazioni ed esce al primo turno contro Donna Vekic. Dopo Parigi arriva fino in semifinale a Palermo (ko contro Jil Teichmann, che poi vincerà il torneo) e a Limoges raggiunge i quarti, collezionando gli scalpi eccellenti di Camila Giorgi e Alizé Cornet.
Il 2020 inizia come meglio non potrebbe, visto il successo al primo turno di Brisbane sull’americana Sloane Stephens, campionessa 2017 a Flushing Meadows. Nell’Open di Australia passa le qualificazioni, quindi, nel Roland Garros autunnale causa Covid-19, cede in tre set a Sofia Kenin, che a Melbourne aveva centrato il suo primo titolo in un Major.
Il resto è storia recente: secondo turno agli Australian Open (eliminata dalla vincitrice slam Garbine Muguruza), terzo turno al 1000 di Miami (out contro Maria Sakkari dopo aver battuto nuovamente Camila Giorgi), trionfo nel 500 di Berlino della settimana scorsa. Sull’erba tedesca, la russa ha vinto il suo primo torneo WTA della carriera, superando cinque top-50: Marketa Vondrousova, Veronika Kudermetova, Madison Keys, Vika Azarenka e Belinda Bencic, sconfitta in finale in rimonta 1/6, 6/1, 6/3, salendo al numero 63 della classifica mondiale.
Pochi minuti dopo il trionfo, è arrivata la ciliegina sulla torta, una wild card per il tabellone principale di Wimbledon, dove è finita nella parte bassa e ha esordito con l’esperta estone Kaia Kanepi, 36 anni, attuale numero 44 del mondo (best ranking 15), che in carriera ha raggiunto per due volte (2010 e 2013) i quarti di finale a Church Road.
«Domenica è stata la giornata perfetta – ammette Liudmila -: ho vinto il mio primo titolo e ho ricevuto la wild card per Wimbledon. Prima della finale di Berlino ero tesa e in campo non sono riuscita a scrollarmi di dosso l’ansia. Perso il primo set in quel modo, sono andata in bagno, mi sono presa una pausa e mi sono detta che ormai non avevo nulla da perdere. Sono riuscita a ritrovare le mie certezze e sono felice di aver ribaltato la situazione. Con questo balzo in classifica le cose cambieranno. Dovrò affrontare giocatrici forti tutte le settimane e spesso ci saranno in palio tanti punti e trofei importanti. Sono curiosa di vedere come riuscirò a comportarmi, spero di trovare le giuste sensazioni anche su altre superfici, anche se vorrei che la stagione sull’erba non finisse mai» diceva la tennista a Gazzetta Matin alla vigilia del torneo.
Gli allenatori valdostani
Prima coach, poi tifoso. Il rapporto tra Liudmila Samsonova e Alessandro Morise – il maestro che per primo l’ha portata su un campo da tennis -, è cambiato nel tempo, ma non ha perso intensità.
«L’ho seguita dai 6 anni fino a quando è andata a Bordighera da Piatti – racconta il 46enne tecnico di St-Vincent -. Fin da piccola è stata supervisionata dalla federazione, siamo stati noi ad aver aperto l’iter per ottenere la cittadinanza, ma, purtroppo, la praticata non è andata in porto. È arrivata al circolo che era piccola e si è inserita subito benissimo, tutti le volevano bene, a eccezione delle compagne più grandi, che in campo batteva regolarmente (sorride, ndr). Fin dall’inizio sono rimasto colpito dalla sua energia e dalla grande motivazione a diventare forte. Liudmila era una bambina solare, allegra, simpatica, disponibile, che si allenava con piacere. Si vedeva che aveva una marcia in più. Con il passare degli anni è rimasta sempre lei e quando nel 2017 è tornata a Châtillon per il Trofeo Minini ha giocato con piacere con le bimbe del nostro circolo. Liudmila è l’esempio che anche nei circoli valdostani lavoriamo e possiamo lanciare giovani, com’è successo in passato con Martina Caregaro, Nathalie e Vivienne Vierin, e come sta accadendo adesso, per fare un esempio, con Noah Canonico».
Un legame, quello tra il coach e la giocatrice, che è continuato nel tempo, pur a tanti chilometri di distanza. «Ci sentiamo regolarmente, anche se adesso ragiono e la seguo da tifoso – aggiunge Morise -. Mi sono complimentato dopo Berlino e adesso aspetto di vederla a Wimbledon, per me è una grande emozione, mista a tanta soddisfazione. A mio parere può arrivare in alto, entrare tra le prime venti della classifica mondiale. È una giocatrice potente, ha un dritto devastante e un grande servizio, che scaglia anche a 198 km/h. Si difende bene sulla terra battuta, ma è molto più competitiva sui campi veloci».
(davide pellegrino)