Coronavirus: Olivier, infermiere in Irlanda: «sogno di riabbracciare la mia famiglia»
L'appello del giovane infermiere che da tre anni lavora a Cork: «vaccinatevi, il vaccino è l'unica arma che abbiamo per mettere all'angolo il virus il prima possibile».
Coronavirus: Olivier, infermiere in Irlanda: «sogno di riabbracciare la mia famiglia».
Arriva da Cork, cittadina universitaria dell’Irlanda – la terza per numero di abitanti dopo Dublino e Belfast – l’appello a vaccinarsi di Olivier Bertholin, classe 1983, infermiere al Mater Private Hospital.
«Informatevi e vaccinatevi»
«Io ho ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer BioNtech dieci giorni fa – commenta Olivier – e dico che il vaccino è l’unica arma che abbiamo per mettere all’angolo il virus prima possibile. Credo sia priorità di tutti riprenderci le nostre vite, la nostra libertà.
So che gli scettici e i no vax sono tanti, dico che ci sono gli strumenti per informarsi correttamente ci sono, a tutte le età.
L’altro giorno mi è capitato di guardare un video molto ben fatto di ‘Cartoni morti’ che consiglio e che usa la scienza condita da un pizzico di ironia per fugare i dubbi, con i link all’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco.
I dati diffusi dalla comunità scientifica sono molto rassicuranti, in Italia su un milione e 300 mila prime dosi somministrate non si è registrata nessuna reazione allergica grave».
Olivier vive a Cork da ormai tre anni.
«Dopo aver concluso gli studi, ho lavorato sei mesi nel servizio di assistenza domiciliare dell’Unité des Communes Grand Paradis, poi ho cambiato decisamente orizzonte, lavorando per un anno e mezzo come infermiere nei villaggi turistici, al Sestrières, poi a Villars sur Ollon e a Tropea.
Il desiderio di viaggiare non mi ha mai abbandonato e così per due anni ho lavorato all’ospedale di Epsom, a Sud di Londra».
Durante uno dei tanti viaggi, Olivier incontro Abby, infermiera originaria di Taiwan che lavorava a Dublino.
Nel mentre, la Brexit che porta un po’ di incertezze e la decisione di trasferirsi in Irlanda, con Abby, nel frattempo diventata sua moglie.
Oggi Olivier lavora al Mater Private Hospital.
«In Irlanda il servizio sanitario nazionale esiste e funziona bene ma anche la sanità privata è molto sviluppata.
Io lavoro nel reparto reveil Covid-free; l’ospedale dove lavoro è incentrato sulle chirurgie, ha tre grandi reparti e una piccola cardiologia.
Qui si fanno tante operazioni elettive, le urgenze sono poche. In questo momento sono impegnato nel training PACU, Post Anesthesia Care Unit ovvero infermiere anestesista.
Al di là di una maggiore attenzione ai PPI, i personal protective items ovvero i dispositivi di protezione individuale, il mio lavoro non è cambiato di molto anche in epoca Covid.
Prima di ogni operazione i pazienti vengono sottoposti a tampone, l’attenzione è molto alta anche perchè tutti gli ospedali sono in sofferenza, i numeri di questa terza ondata, iniziata dopo il periodo natalizio sono impietosi».
La situazione in Irlanda
Qual è la situazione in Irlanda?
«La prima ondata è arrivata tardivamente, a fine marzo ed è stata ben gestita; la seconda ondata è stata più blanda grazie al parziale lockdown imposto tra ottobre e novembre.
Poi però, il via libera per il Natale – che qui è una ricorrenza irrinunciabile – ha fatto calare l’attenzione.
A mio avviso è stata una scelta scellerata, tant’è vero che ci ritroviamo in piena emergenza e con le strutture sanitarie in emergenza e i reparti Covid in difficoltà.
In una sola settimana, abbiamo registrato la metà totale dei casi dall’inizio della pandemia, con la cosiddetta variante inglese che appare ancora più aggressiva.
Adesso siamo in lockdown totale, tutti i negozi sono chiusi eccetto i generi alimentari e pochi altri, ad esempio quelli che vendono elettrodomestici.
L’Health Service Executive, ovvero il servizio sanitario nazionale è stato obbligato a stringere un accordo con gli ospedali privati per sopperire alla carenza di posti letto».
Come trascorrono le sue giornate?
«Come per tutti gli infermieri, la routine è scandita dai turni.
Mia moglie lavora nel reparto di Rianimazione Covid, passiamo il tempo in casa, sbrighiamo le faccende, riposiamo, al massimo una passeggiata nel parco; è ammesso allontanarsi fino a 5 km dalla propria residenza.
La socialità è ovviamente azzerata.
Tengo i contatti con amici e parenti in Valle attraverso il telefono e le videochiamate.
Non rientro in Valle da Natale 2019 e a parte qualche giorno a Colonia, nel mese di febbraio 2020, non mi sono più allontanato da qui. Ho davvero voglia di preparare una valigia e partire.
Spero a maggio o giugno di poter tornare in Valle ad abbracciare la mia famiglia e ritrovare i miei amici».
Nella foto in alto, Olivier Bertholin con la moglie Abby.
(cinzia timpano)