Valle d’Aosta, la Corte costituzionale sospende la legge “anti-dpcm”
Il 23 febbraio sarà discusso il merito della questione
Valle d’Aosta, la Corte costituzionale sospende la legge “anti-dpcm”.
Sospesi gli effetti della legge regionale della Valle d’Aosta – la “Anti-dpcm” – del 9 dicembre 2020, che consentiva misure di contenimento della diffusione del contagio da covid-19 meno stringenti rispetto a quelle nazionali. Così ha deciso in via d’urgenza la Corte costituzionale con un’ordinanza depositata oggi, giovedì 14 gennaio, accogliendo l’istanza proposta dal presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte nell’ambito del ricorso contro la legge regionale.
Le motivazioni
In sintesi, la Consulta ha accolto la richiesta di sospensiva perché una Regione non può deliberare in materia di Covid-19. Non è ammesso dalla Costituzione, articolo 117. «Lo Stato ha legislazione esclusiva per la profilassi internazionale». E ne va della «leale collaborazione» tra le istituzioni.
La Corte ha ritenuto sussistente il “fumus boni iuris“, considerato che gli interventi consentiti dal legislatore regionale riguardano la materia della profilassi internazionale, riservata alla competenza esclusiva della Stato.
I giudici – relatore Augusto Barbera – hanno inoltre evidenziato come l’applicazione della legge fino alla trattazione nel merito della questione – fissata per il 23 febbraio 2021 – potrebbe comportare «il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico» a una gestione unitaria dell’epidemia a livello nazionale nonché «il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per la salute delle persone».
Non solo: nelle 6 pagine di ordinanza si legge che «la legge regionale impugnata, sovrapponendosi alla normativa statale, espone di per sé stessa al concreto e attuale rischio che il contagio possa accelerare di intensità». Questo per il fatto «di consentire misure che possono caratterizzarsi per minor rigore; il che prescinde dal contenuto delle ordinanze in concreto adottate».
In aggiunta, i giudici scrivono anche che «le modalità di diffusione del virus rendono qualunque aggravamento del rischio, anche su base locale, idoneo a compromettere, in modo irreparabile, la salute delle persone e l’interesse pubblico a una gestione unitaria a livello nazionale della pandemia, peraltro non preclusiva di diversificazioni regionali nel quadro di una leale collaborazione».
Quindi, visto che «i limiti propri dell’esame che è possibile condurre in questa fase cautelare impediscono una verifica analitica delle singole disposizioni contenute nella legge regionale impugnata», «l’efficacia dell’intera legge va sospesa nelle more della decisione» di merito, fissata per l’udienza del 23 febbraio.
La Regione Valle d’Aosta era rappresentata dall’avvocato Francesco Saverio Marini.
Le legge anti-dpcm in Consiglio Valle
La legge anti-dpcm era stata varata dal Consiglio Valle il 2 dicembre. Conseguenza: un duro scontro tra la Valle d’Aosta e Roma, con il guardasigilli Alfonso Bonafede che aveva immediatamente annunciato l’impugnazione. Sulla vicenda era intervenuto anche il ministro agli Affari regionali Francesco Boccia, che aveva invitato il presidente della Regione a revocare una precedente ordinanza con cui aveva riaperto il commercio al dettaglio, in deroga alla zona rossa.
La risposta di Erik Lavevaz era stata negativa. Anzi, il presidente della Regione aveva rilanciato, infiammando il braccio di ferro istituzionale.
QUI trovate il testo integrale dell’ordinanza della Consulta.
(f.d.)