Geenna: per il Collegio giudicante 4 testimoni non convincono
Non convincono le testimonianze rese da Valter Romeo, dai fratelli Daniele e Luciano Cordì e da Pasqualina Macrì
Geenna: per il Collegio giudicante 4 testimoni non convincono. Contestualmente al deposito delle motivazioni della sentenza Geenna, i giudici del Tribunale di Aosta hanno trasmesso ai pm antimafia torinesi alcuni atti riguardanti l’attuale consigliere regionale (ed ex presidente) Renzo Testolin, l’ex assessore Laurent Viérin e l’ex consigliere regionale Luca Bianchi e gli atti alla Procura di Aosta per valutare il reato di falsa testimonianza a carico di alcune persone sentite nel corso del processo.
Falsa testimonianza
Come riportato nel servizio andato in onda sul TGR Valle d’Aosta nell’edizione delle 19.30 di lunedì 14 dicembre.
Nel processo Geenna, secondo il Collegio giudicante, sono emersi degli indizi di reato di falsa testimonianza a carico di quattro persone, sentite appunto come testimoni. Non appena la Procura di Aosta riceverà formalmente gli atti avrà l’obbligo di aprire un fascicolo di falsa testimonianza a carico di quattro persone che hanno reso la loro versione dei fatti nel corso del processo Geenna. Si tratta di Valter Romeo, dei fratelli Daniele e Luciano Cordì e di Pasqualina Macrì che, come scrive il Collegio giudicante nelle motivazioni della sentenza anche in aula, «hanno dato prova della condizione di assoggettamento e di omertà rispetto alla capacità intimidatrice dell’associazione ‘ndranghetista».
Le contestazioni
Scrivono: «Tanti, troppi i «non ricordo», le reticenze, le smentite, le minimizzazioni ascoltati nel corso delle udienze». Pasqualina Macrì è una vicina di casa della madre di Antonio Raso a San Giorgio Morgeto. Mentre suo figlio Luigi Fazari è in carcere in Calabria, il ristoratore aostano, poi condannato per associazione mafiosa, le fa recapitare almeno una busta di denaro «come è prassi – scrivono i giudici – in ambienti malavitosi per il sostentamento dei familiari dei detenuti». La testimone in aula ha sostenuto che quei soldi 150 euro fossero solo mance per i quattro nipoti. «No per bambini per comprarci una brioche, così… » disse.
I fratelli Cordì, imprenditori edili, invece, hanno ottenuto, secondo i giudici, i lavori in un cantiere di Torgnon grazie all’intervento di Raso, ma poi non hanno affidato i lavori idraulici a suo cognato Andrea Elia. Una decisione che viene percepita come un vero e proprio affronto dal ristoratore che non esita a farsi sentire con minacce. I due fratelli riferiscono in aula «di una situazione di assoluta normalità».
Ancora. I giudici contestano la deposizione «vaga e volutamente generica» di Valter Romeo, ex direttore marketing del Casinò di Saint-Vincent, proprietario di un orologio di lusso finito poi nelle mani di Marco Fabrizio Di Donato senza che venisse mai pagato. Secondo i giudici «Romeo non ha preteso alcunché da colui che è stato condannato come capo del Locale aostano perché era intimorito da lui e dai suoi sodali».
(d.c.)