Valle d’Aosta: a 20 anni dall’alluvione del 2000
Valluvione 20 anni dopo: dal 2000 - anno della terribile alluvione che devastò la Valle d'Aosta - alla ricostruzione fino agli scenari futuri. Sotto il porticato di Palazzo regionale una mostra fotografica
Il ricordo di quanto accaduto, la ricostruzione messa in atto dopo, con la riparazione dei danni materiali e il potenziamento delle strutture di difesa legate ai rischi idrogeologici, l’evoluzione del sistema di protezione civile, di prevenzione e difesa del territorio: di queste e altre tematiche si è parlato mercoledì 14 ottobre nella sala Maria Ida Viglino di palazzo regionale di Aosta durante la cerimonia di Valluvione, parte delle iniziative che commemorano il ventesimo tragico anniversario dell’alluvione che nell’ottobre del 2000 devastò la Valle d’Aosta, causando 20 vittime e oltre 800 milioni di danni.
Dopo la cerimonia è stata inaugurata, sotto al porticato di Palazzo regionale, la mostra fotografica 20 anni dall’alluvione in Valle d’Aosta. La memoria, i futuri scenari e una nuova cultura del rischio dove suggestivi pannelli con immagini evidenziano il lavoro di ricostruzione seguito alla devastazione, articoli di giornale dell’epoca e le testimonianze di alcuni personaggi, sindaci e persone comuni, che hanno voluto condividere le emozioni provate sulla pelle quel tragico ottobre. L’esposizione, visitabile fino a martedì 20 ottobre, prosegue nella saletta adiacente alla sala Viglino, dove si illustra il percorso evolutivo della gestione del rischio e si parla di cambiamenti climatici e di dissesti idrogeologici. Chi fosse interessato ad approfondire il tema, può consultare il sito www.regionevda.it
Tutti ricordano dove erano quella maledetta settimana del 2000, durante la quale una pioggia incessante ha lambito la regione valdostana, ricoprendo di fango e detriti il territorio e, senza dubbio, marcando vividamente i ricordi di chi l’ha vissuta.
Testimonianze
«Rivedere le immagini di quei momenti fa tornare alla mente ricordi dolorosi, ho perso persone che conoscevo mentre io ero lontano, in un letto di ospedale, a donare un pezzo di fegato a mio figlio – ha raccontato Franco Manes, presidente del Consiglio permanente degli enti locali. – Tuttavia torna alla mente anche la “valdostanità” emersa, sono state messe subito in moto strutture che hanno rimesso in piedi la Regione. Dal 2000 ci si è resi conto che è la natura a comandare e che eventi simili possono ricomparire se non si è preparati, esempio recente è la scomparsa del vigile volontario Rinaldo Challancin. Occorre dunque una legge sulla montagna che sappia creare una rete innovativa che ci faccia fare un passo avanti sulla gestione della sicurezza in caso di eventi calamitosi, far sì che la Legge 5 sia finanziata adeguatamente con risorse stabili e continue per i Comuni. Bisogna semplificare ulteriormente gli iter per realizzare studi specialistici e approvare gli interventi in emergenza, nonché reindirizzare le responsabilità che diano la giusta dignità ai sindaci e agli amministratori. La Valle d’Aosta ha fatto molto ma va fatto di più».
«All’epoca ero vicesindaco nel mio paese, Torgnon – ha raccontato Albert Chatrian assessore all’ambiente, risorse naturali e corpo forestale. – Ricordo che dopo l’alluvione vi erano moltissimi volontari per spalare il fango e assistere le persone in difficoltà: “darsi da fare” erano le parole d’ordine. Passata l’emergenza si è cercato di tornare alla normalità, il territorio è stato migliorato per affrontare gli eventi futuri, è stata istituita la Centrale Unica del Soccorso. Dal 2000 abbiamo imparato parecchio sappiamo che non saremo mai al riparo, ora dobbiamo volgere lo sguardo al futuro, prepararci a far fronte ai cambiamenti climatici sia dal punto di vista economico sia da quello sociale. E’ fondamentale mettere in atto strategie puntuali, monitorare la situazione, avere pronti piani d’intervento puntuali, investire su infrastrutture di riparo e valorizzare il nostro patrimonio verde, riflettere di più sulla pianificazione ambientale, dobbiamo diventare resilienti e accogliere nuove sfide, anche turistiche».
«Il ricordo dell’alluvione ci ha spronato a cercare di capire come affrontare questi grandi eventi – ha chiosata il Presidente della Regione Renzo Testolin– Diverse sono state le iniziative da allora: nel 2001 è stata emanata una legge che ha regolamentato le attività della Protezione Civile sul principio sussidiarietà, sono stati elaborati piani d’intervento per la Regione e i Comuni, che sanno riconoscere le criticità e come intervenire, come mettere territori in sicurezza. Il confronto è continuo da allora e ci sono costanti evoluzioni per capire come risolvere i problemi e soppesare le priorità».
Conoscere e convivere con i dissesti
«Dobbiamo conoscere e imparare a convivere con i dissesti del territorio, capire i livelli di rischio e individuare le giuste strategie di intervento – ha spiegato Raffaele Rocco, coordinatore del Dipartimento programmazione risorse idriche e territorio della Valle d’Aosta. – Da allora gli strumenti scientifici hanno fatto passi da gigante, sono più efficaci e sostenibili e stanno rivoluzionando le tematiche del rischio: essi ci permettono di attivarci già in fase di prevenzione, prima che l’evento si verifichi, con interventi tempestivi che 20 anni fa erano impensabili. Esempio degli strumenti utilizzati sono i droni e l’Interferometria satellitare, che consentono di eseguire rapidamente rilievi del terreno, di agire subito con progetti di ripristino e monitorare la situazione. Comunque abbiamo imparato nel 2000 che non bastano le opere di protezione, bisogna collaborare per intervenire e anticipare gli eventi calamitosi. Conoscere il pericolo è un dovere così comunicarlo, la memoria è importantissima. Ciascuno deve conoscere dove vive e quali sono i rischi che lo circondano, nonché i comportamenti da adottare».
«Nel 2000 ero una ragazzina, stavo decidendo mio percorso universitario e sicuramente l’alluvione lo ha segnato – ha detto Elisabetta Dallò, ricercatrice antropologa dell’Università di Torino. – Credo che l’Antropologia possa fornire uno strumento utile a completare i fatti. Essa analizza infatti le culture ma anche i cosiddetti “fatti sociali totali”, vari aspetti della cultura. Un disastro, come può essere quello calamitoso, ha un forte impatto sulla vulnerabilità delle popolazioni; la percezione del rischio è un fattore importante che permette a politici e tecnici di intervenire ma anche alle scienze umane di capire come i livelli di vulnerabilità diano risposta agli eventi estremi. Occorre “esercitare” la memoria, farne tesoro, lavorare in modo interdisciplinare e cooperativo per agire in futuro in vista dei vari cambiamenti che si verificano, soprattutto dal punto di vista della prevenzione».
«Ricordo quei giorni di pioggia continua: ero in mezzo alla strada con il sindaco di Fénis quando è stato deciso di evacuare il paese, ma non è bastato, delle persone hanno perso la vita – ha esordito commosso Pio Porretta, capo della Protezione Civile. – Oggi vediamo come è evoluto il sistema, a causa degli eventi e delle emozioni che abbiamo vissuto e viviamo ancora sappiamo come dare una risposta immediata. L’evoluzione normativa ha permesso la ripresa economica, i sindaci sono operativi e la gestione dell’emergenza è efficace. La legge sul volontariato ha permesso lo sviluppo delle associazioni che oggi sono 10, ci sono persone pronte ad agire per diversi tipi di eventi. E’ nata la Colonna mobile della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco, una delle più attive d’Italia, intervenuta anche all’estero. Sono state creati nuovi modi per dialogare con il territorio e dare risposte veloci, come la Centrale unica del soccorso, un prototipo unico nella nostra nazione. Consapevoli del fatto che il “rischio zero” nn esiste, sono state messe in atto azioni importanti per quanto riguarda la pianificazione. Dal 2000 sono stati avviati vari progetti innovativi, come il potenziamento dei canali radio, dell’elisoccorso e della Centrale del 112, ma il vero cuore del sistema è rappresentato dagli uomini e dalle donne che lavorano per esso con devozione e senso del dovere».