Teatro: Antropolaroid, fotografia di una famiglia siciliana
Lo spettacolo, una polaroid umana che si snoda attraverso la voce e il corpo di Tindaro Granata, è andata in scena domenica 30 agosto a Morgex
Teatro: Antropolaroid è la fotografia di una famiglia siciliana, una polaroid umana che si snoda attraverso la voce e il corpo di Tindaro Granata. Lo spettacolo teatrale è andato in scena, domenica 30 agosto, all’auditorium di Morgex, sotto la direzione creativa della compagnia teatrale Palinodie. Il secondo appuntamento della rassegna teatrale Il teatro va in montagna, che solitamente ama confondersi con la natura, tra vigneti e campi, ieri non ha potuto celebrarsi en plein air. Causa maltempo, l’idea di mettere in scena una storia siciliana, in un campo d’avena valdostano, quello dell’azienda agricola La Branche di Morgex, è sfumata. Ma Tindaro, autore e unico protagonista di questa pièce, non si è fatto intimidire e, anzi, grazie ai giochi di luce artificiale, dentro una danza di chiari e scuri, ha inscenato Antropolaroid con una maestria.
Lo spettacolo
«Questo spettacolo è andato in scena 370 volte. In pratica sono stato un anno sul palco, per raccontare la mia storia» racconta Tindaro. Antropolaroid, più che una sua produzione, è ormai diventata la sua carta d’identità più intima. Un’ora di spettacolo in dialetto siciliano,che prende sfumature diverse, a seconda dei personaggi che Tindaro mette in scena. Un dialetto che si è rinnovato, che raggiunge il confine labile con l’italiano e si mescola a esso, divenendo nuova lingua, carica di echi lontani.
Il racconto
La pièce è il racconto di tutti i familiari dell’autore – o quasi-, dei loro vizi, delle loro virtù e soprattutto delle loro maschere. Una linea comune a tutti questi personaggi? Che sono stati bambini. In tre generazioni c’è un elemento comune: quella dell’incipit della nostra vita, non ancora costretta, ancora libera. Sì, perché poi s’impara che “chi nasce falegname, muore falegname; chi nasce marinaio, muore marinaio; chi nasce povero, muore povero; chi nasce ricco, muore ricco”. A Tindaro, questa faccenda, non è che gli piacesse tanto e così ha deciso che avrebbe fatto l’attore. Sarebbe andato a Roma e avrebbe fatto fortuna.
Al termine della pièce, o forse in mezzo, – dato che la distanza tra fiction e realtà in Antropolaroid è annullata-, l’attore siculo ha spiegato che ha fatto fortuna. La sua fortuna è quella di essere lì a recitare. E la bisnonna di Tindaro lo profetizzò. Appena nato lo espose alle stelle e disse: «Tre stelle guideranno la tua vita: la bellezza, la fortuna e la sofferenza. Solo attraverso quest’ultima raggiungerai le altre». L’attore ha spiegato che per i vecchi siciliani «la sofferenza non era sinonimo di cruccio esistenziale, ma veniva intesa come conquista».
L’appello
I saluti dell’attore sono dedicati all’importanza della cultura: «Vi ringrazio di essere qui. È sinonimo di civiltà il fatto che voi ci siate. Vorrei sottolineare, senza polemica, un fatto importante. La possibilità di contrarre l’infezione covid-19 a teatro, con le mascherine indosso, è dello 0.5 %, rispetto all’1% che c’è nei bar. Non lasciamo che questo settore sia l’ultima ruota del carro. Non lo dico per difendere i miei interessi, ma perché la cultura è parte fondamentale dell’architettura sociale».
(vivien bovard)