Test sierologici, boom a pagamento ma flop per lo screening della CRI: ecco perché
Al campionamento Istat hanno risposto 2000 persone e circa il 4% è risultato essere entrato in contatto con il coronavirus
Se da un lato c’è chi rifiuta di sottoporsi al test sierologico gratuito eseguito dalla Croce Rossa nell’ambito del campionamento Istat; dall’altro ci sono le strutture private che, nonostante il calo attuale dopo il boom iniziale, continuano a effettuare test (a pagamento) a ritmo serrato.
Il motivo alla base di questo “paradosso” potrebbe non essere così complicato da ricercare: chi si rivolge alle strutture private per effettuare il sierologico a pagamento lo fa o perché semplicemente curioso, oppure perché pensa di poter aver contratto il virus; ad esempio prendendolo da un parente o un amico che è risultato positivo o perché nei primi mesi del 2020 aveva avuto dei sintomi influenzali come tosse e febbre. Questi soggetti, ovviamente, avrebbero risposto in modo affermativo anche alla Cri. Ma non tutti la pensano così e, soprattutto a causa delle fake news, c’è chi si tira indietro.
Paolo Sinisi: «Mi rivolgo al senso civico delle persone»
Non si tratta però di una situazione tutta valdostana. Lo stesso presidente del Comitato valdostano della Croce rossa italiana Paolo Sinisi ammette: «Se riuscissimo ad arrivare al numero minimo di test eseguiti, cioè 3650, saremmo una delle regioni più virtuose». Difficile però essere ottimisti riguardo allo screening voluto dal Ministero per mappare la diffusione del coronavirus in Italia.
«Per quanto riguarda la Valle d’Aosta, attualmente abbiamo testato poco più di 2000 persone e il 4% è risultato essere venuto a contatto con il virus. Il numero dei testati è più alto della media nazionale, ma non è grande consolazione. Dobbiamo arrivare almeno a 3650 entro il 10 luglio, per raggiungere il campionamento minimo sui 4780 previsti. Il problema è che abbiamo già provato a contattare tutti i nominativi che abbiamo. Voglio fare un appello al senso civico delle persone. Sapere qual è stata la posizione della popolazione nei confronti del virus è importantissimo, soprattutto per possibili problematiche future».
«Problema delle fake news»
Ma oltre a qualche soggetto che sostiene di non essere interessato o che non risponde al telefono, «c’è il problema delle fake news – continua Sinisi -. Abbiamo riscontrato soprattutto una grossa resistenza dei genitori per i test sui bambini. Ma non vi sono controindicazioni».
Ci sono però anche soggetti che sarebbero disponibili a sostituirsi a chi è stato segnalato dall’Istat per i test, «ma non si può fare. Dobbiamo rispettare le fasce età, di professione, di territorio, nuclei famigliari o single, italiani piuttosto che stranieri. Se potessimo fare sostituzioni avremmo già raggiunto il tetto massimo. Abbiamo la coda di persone che si rivolgono a noi, ma siamo vincolati».
Uno dei motivi per cui qualcuno potrebbe decidere di rifiutare il test (che non è obbligatorio) è anche il timore di finire in isolamento domiciliare. Sul punto, Sinisi spiega: «I nostri test riguardano Igg e Igm. Se uno risulta positivo, il suo nominativo passa alla Medicina territoriale e la persona viene contattata per effettuare il tampone; solo se quest’ultimo test risulta positivo si va in isolamento. Il tampone comunque è quasi immediato dopo la comunicazione, al massimo sarà necessario aspettare un giorno».
Aequilibrium di Verrès
Tra i privati che eseguono test sierologici (Igg e Igm) a pagamento in Valle vi è la cooperativa Aequilibrium di Verrès. La vice presidente Monia Janin spiega: «Dopo un boom iniziale di richieste ora stiamo registrando un calo. Per la referetazione siamo arrivati a dover aspettare una settimana, mentre adesso le tempistiche sono molto più brevi. Da metà maggio abbiamo eseguito tra i 500 e gli 800 test e la percentuale di positivi è davvero molto bassa. A noi si sono rivolte principalmente persone tra i 40 e i 50 anni. Ma abbiamo fatto test anche ai bimbi tramite un’infermiera pediatrica, ma stati davvero pochi pochi. Preferiscono farlo i genitori. In molti comunque cercano delle conferme dal sierologico, magari perché nei primi mesi dell’anno hanno avuto febbre o tosse. Ma vi è anche chi vuole andare in vacanza in Sardegna e quindi deve farlo».
Ma che succede se si risulta positivi? «In generale, se una persona risulta positiva noi lo comunichiamo al medico curante e lui decide come procedere nell’ambito del servizio sanitario pubblico», precisa Janin.
IRV
Anche all’IRV, dopo un primo periodo di “assedio” di richieste per i test sierologici, «la situazione si sta normalizzando – afferma il direttore del laboratorio Piergiorgio Montanera -. Comunque, l’affluenza è ancora importante. Si tratta di una cosa che ha fatto rumore e destato molta curiosità. Noi effettuiamo un prelievo e testiamo sia Igg sia Igm per avere idea completa della situazione».
All’IRV sono stati eseguiti circa 1500 test e «abbiamo una percentuale altissima di positivi; siamo intorno al 10%. Ma io credo che questo dato non abbia un valore statistico perché dobbiamo tenere conto del fatto che chi decide di rivolgersi a noi ha un motivo per farlo: magari un amico o un parente è stato malato, oppure perché ci si ricorda di sintomi influenzali avuti prima di marzo. La nostra quindi non può essere intesa come una fotografia statistica della popolazione totale. Questo dato emergerà solo dal lavoro della Cri e dell’Istat».
Proprio riguardo allo screening nazionale Montanera precisa: «Secondo me è un dovere sociale aderire a quella campagna, perché solo così ci sarà la fotografia reale della situazione». Anche per i test eseguiti dalla struttura privata l’iter in caso di positività prevede «la comunicazione del nominativo alla struttura territoriale per l’eventuale tampone – continua Montanera -. Questa notifica viene intesa come se fosse punizione per il “positivo”, ma non è così. Se io dico agli organi competenti che uno è positivo, in prima battuta lo faccio perché è necessario per tutelarlo, perché potrebbe essere malato. Ora sappiamo pochissimo di questo virus, quindi è chiaro che questo passaggio va fatto. Io spero che chi ha le Igg (cioè gli anticorpi che si sviluppano sul lungo periodo ndr) sia immune, ma è una speranza e non una certezza assoluta».
(federico donato)