Aosta: scuola, il Comune dà ultimatum alla Regione
Approvato all'unanimità ordine del giorno che chiede finalmente una presa di posizione sulla Scuola polmone di regione Tzamberlet. Intanto arriva anche la minaccia di non concedere le aule di piazza San Francesco e Place Soldats de la Neige
Non c’è più tempo, bisogna fare in fretta per decidere come gli alunni torneranno a scuola a settembre, in particolare nel comune di Aosta. Per questo motivo, il consiglio del capoluogo intima alla Regione di decidere, una volta per tutte, sulla Scuola Polmone di Tzamberlet, ma anche sul possibile sfruttamento dell’area dell’ex caserma Testafochi e sulla costruzione (da evitare per l’amministrazione comunale) di una struttura prefabbricata per far fronte all’emergenza Coronavirus.
E in più arriva una sorta di sfida. Noi pensiamo alle nostre mense e alle scuole di nostra competenza e ci teniamo le aule in più in mancanza di accordo.
Ordine del giorno
È questo il succo dell’ordine del giorno, approvato all’unanimità dal consiglio comunale aostano, che in sostanza spinge l’amministrazione regionale a diradare la nebbia in vista della Terza fase (il pacchetto con la terza tranche di norme e le indicazioni “scolastiche” sarà nell’aula dell’assemblea regionale lunedì 22 giugno) e della riorganizzazione della scuola ai tempi del Covid.
Il documento presentato dai capigruppo di maggioranza, alla fine, scalza le iniziative di Rete Civica ed Etienne Andrione (Gruppo misto di minoranza) e serve a fare fronte comune per “scrollare” Place Deffeyes.
In particolare, l’ordine del giorno impegna la Regione a «subordinare la costruzione di nuovi plessi scolastici, di natura temporanea o tramite prefabbricati di qualunque genere, alla previa definizione del destino della scuola di località Tzamberlet», arrivare a una «definizione complessiva sull’edilizia scolastica», individuando nell’area dell’ex Caserma Testafochi «la realizzazione di un edificio polmone».
Concordare la cessione di spazi necessari per sopperire alle mancanze regionali? Dopo il dibattito questa impegnativa scompare, meglio pensare prima alle necessità comunali.
Il sindaco
Il primo cittadino Fulvio Centoz punta a «mettere un punto fermo» su una questione che ormai si trascina dal «2010» e che ha provocato solo danni al Comune costretto «a chiudere un maneggio», senza essere nelle condizioni «di ristrutturarlo» e non avendo ottenuto una struttura delocalizzata che avrebbe dovuto essere «a spese della Regione».
Centoz sottolinea come Aosta abbia bisogno «di un polo scolastico», ma siccome quello di Tzamberlet non è «ancora iniziato», ora ci sono le condizioni «per individuare una zona più consona, magari all’interno dell’ex Caserma Testafochi».
Se il sindaco vede come «impensabile» la realizzazione di un prefabbricato, che «tutti sanno non sarebbe pronto per il 1° settembre», peraltro senza «prima capire di cosa abbiamo bisogno», si chiede anche come il presidente della Regione possa «adottare atti straordinari in gestione ordinaria».
E chiosa, ricordando una “minaccia” social, in cui ventilava l’ipotesi di non concedere alla Regione l’utilizzo delle dodici aule di piazza San Francesco e Place Soldats de la neige.
«Questa convenzione scade il 30 giugno e io mi sono premunito di tutelare il Comune», da qui la lettere del 18 maggio, in cui non veniva rinnovato l’accordo, e poi la scelta di andare avanti per la propria strada, come da sollecitazione dell’intero consiglio.
L’assessore all’Urbanistica, Delio Donzel, vede la «necessità di trovare soluzioni per l’avvio regolare dell’anno scolastico», ma non se la sente di effettuare una panoramica su «edifici utilizzabili in via alternativa», in quanto questo comporterebbe «tempi e costi» inimmaginabili.
La volontà è una sola: «non dobbiamo ripetere gli errori del passato», parlando di strutture provvisorie, poi rimaste a futura memoria.
L’assessore all’Istruzione, Jeannette Migliorin, ricorda «che gli uffici si sono prodigati per avere i dati» sugli alunni e le classi necessarie per il prossimo anno, ma «non siamo ancora in possesso» degli stessi.
La sensazione, avuta nei due incontri con l’assessorato regionale è che «si sarebbe arrivati a una definizione maggiore solo più in là. Senza le prese di posizione del sindaco, i ragionamenti avrebbero continuato a rimanere a grappolo».
E chiude ricordando come i ragionamenti sulla riorganizzazione complessiva dell’edilizia scolastica sono stati bloccati «prima dalle dimissioni della Giunta», poi dall’emergenza.
Il dibattito
Aveva proposto una ricognizione su edifici di proprietà comunale o regionale Rete Civica, che per mano di Loris Sartore aveva ipotizzato «edifici chiusi e inutilizzati per anni», che avrebbero potuto ospitare «un polo scolastico» o in alternativa «moduli-aula prefabbricati».
Ritirate le iniziative, Sartore però si chiede: «Come si fa a dire che il bisogno delle aule ce l’ha il Comune o la Regione senza fare un’indagine? La nostra proposta è quella di cercare spazi utilizzabili con interventi minimi, tanto da essere pronti per settembre».
Rinuncia alla mozione anche Andrione, che “ringrazia” il Covid per aver aperto almeno la testa «su alcuni ragionamenti» – leggi Nuv, «balena spiaggiata di cui si vede solo lo scheletro» -, ma mette in guardia su un aspetto. «Nel dl regionale il presidente potrebbe assumere il ruolo di commissario straordinario; rischiamo di alzare la voce con una pistola scarica».
Il pentastellato Luca Lotto evidenzia che «una società che mette i propri giovani a studiare e formarsi in un container prefabbricato la dice lunga sulla sua deriva» ed evidenzia che «in una materia in cui abbiamo totale autonomia, al 17 giugno non sappiamo ancora cosa fare».
Carola Carpinello (Altra VdA) gioca il carico sul governo regionale «più scaduto di uno yogurt» e si chiede come possa «fare scelte decisive». Ed esclama: «Riparte tutto. Terme, Casinò, ma nel documento l’École repart si parla ancora di didattica a distanza. Come al solito ci rimette chi non c’entra nulla».
Guido Cossard (UV e dirigente scolastico della Saint-Roch) tranquillizza «non ci sarà l’apocalisse», ma poi attacca. «Preferiamo siano in presenza alunni piccoli, con mamme che lavorano e vedono nella scuola anche un aiuto sociale oppure il contrario – si chiede -? Le aule non bastano mai, ma dobbiamo fare una scelta: non buttiamo un salvagente a una Regione che ha privilegiato altre cose rispetto all’edilizia scolastica e pensiamo alle nostre competenza. Teniamoci le aule e pensiamo a scuole minori e mense».
Chiosa Giuliana Lamastra (Rete Civica). «Le tendenze demografiche si conoscono a distanza di quindici anni – conclude -, possibile che non si riesca a programmare l’edilizia scolastica? Combattevamo la Scuola polmone anche per le ricadute sulla viabilità aostana e per il commercio nella zona del Regina Maria Adelaide: si riconosce almeno di essere stati timidi con la Regione».
(alessandro bianchet)