40 anni fa moriva Bruno Salvadori: fautore di un’Europa dei popoli
Nato ad Aosta, giornalista e saggista, venne eletto in consiglio regionale con l'Union Valdôtaine; fatale, a 38 anni, un incidente stradale
Quaranta anni fa, l’8 giugno 1980, Bruno Salvadori, perde la vita in un incidente d’auto. Ha portato al mare la famiglia e la domenica pomeriggio decide di rientrare presto ad Aosta per seguire le fasi finali delle elezioni comunali. Non ci arriverà mai. A Genova Voltri, sull’autostrada Torino-Savona, viene coinvolto in un incidente d’auto che per lui sarà mortale.
Nato ad Aosta, il 23 marzo 1942, da padre toscano e madre friulana, aveva scelto di essere valdostano e si era iscritto al Movimento che riteneva meglio rappresentasse la Valle d’Aosta, l’Union Valdôtaine.
Giornalista noto per la sua infaticabilità, nel 1972 vince il premio Saint-Vincent per il giornalismo, nel 1974, diventa presidente della Sezione giornalisti della Valle d’Aosta e, nel 1976, Capo ufficio stampa del Governo regionale.
L’impegno nell’Union Valdôtaine
Nel 1978, l’Union Valdôtaine vince le elezioni regionali e viene eletto Consigliere regionale. Nel 1979, durante la campagna elettorale per le prime elezioni europee, a Pavia, conosce Umberto Bossi, al quale illustra il pensiero federalista e con il quale nasce una profonda amicizia. Negli anni che seguono la morte di Bruno Salvadori, Bossi fa nascere la «Fondazione Bruno Salvadori» per gli studi sul federalismo. Raccoglie 17.500 preferenze. Non sufficienti per essere eletto, ma più che sufficienti per dare voce alle rivendicazioni dei popoli alpini e al federalismo.
Il 1980, che in un articolo sul Peuple Valdôtain del 27 dicembre 1979 definisce «Une année d’espoirs» lo vede molto attivo, fino a quando l’incidente d’auto non spegne la sua giovane vita.
I suoi saggi
Come saggista politico ha pubblicato «Perché sono autonomista» nel 1966 e «Perché essere autonomista» ristampato nel 1978. Inoltre, ha pubblicato libri a carattere etnico quali «Lo tsan sport popolare valdostano» nel 1971, «Viaggio intorno ad un artista» nel 1972, «Aosta – Guida – VDA» nel 1977, «Valle d’Aosta dimensione uomo» nel 1979 e «Walser témoignage d’une civilisation» sempre nel 1979.
Il pensiero politico di Bruno Salvadori
Il pensiero politico di Bruno Salvadori era semplice e complesso allo stesso tempo. Semplice perché mirava alla costituzione di un’Europa dei popoli e complesso perché si trovava a dover fronteggiare un pensiero e una struttura solida e articolata con oltre cento e cinquanta anni di storia: lo Stato italiano.
Alcuni suoi spunti, però erano molto lineari e chiari. Per Salvadori, come dice il figlio Massimo, «l’appartenenza ad un popolo è frutto di criteri e scelte culturali e non di sangue». Questo lo metteva su di un altro piano rispetto ai movimenti politici del periodo in cui contava di più la lettera finale del cognome che non «una scelta perché l’appartenenza non può mai essere un atto passivo, ma esige una lotta costante con tutti i mezzi che ognuno ha a disposizione».
Di fatto, Salvadori introduce il concetto che valdostani non si nasce, ma si sceglie di esserlo.
Spirito votato ai problemi pratici attraverso i quali riteneva si potesse affermare l’autonomia vera di un popolo, riuscì a proporre lotte di cui solo più tardi si capì la portata. Alcune idee saranno realizzate da chi venne dopo di lui, ma sono attuali anche ora. La proprietà delle acque, da lui definite «il petrolio valdostano», l’autostrada, la ferrovia, la nascita di una banca valdostana.
Pensava al turismo come conoscenza della Valle tanto da avere l’idea di invitare il Papa in Valle d’Aosta (cosa che sarà realizzata da Giovanni Paolo II nel 1989) per far conoscere al mondo l’esistenza di questa piccola regione.
Il suo interesse per la Valle era a 360° tanto che si occupò di sport tradizionali, architettura, tradizioni, musica.
L’impegno per la nascita di un’Europa dei popoli
Il centro del suo impegno, tuttavia, rimane per tutta la sua vita il federalismo, la nascita di un’Europa dei popoli che portasse alla valorizzazione del particolarismo e delle minoranze etniche. Il lato concreta di questa lotta è stato la ricerca di collaborazione con i movimenti minoritari per ottenere un rappresentante valdostano al Parlamento europeo, cosa che si concretizzerà vent’anni dopo la sua morte con l’elezione di Luciano Caveri.
Così ricorda il figlio la sua eredità politica. «Non possiamo sapere se la situazione politica attuale riflette il suo pensiero e, soprattutto, se la Comunità europea del 2020 è quella per la quale aveva lottato, ma quello di cui si può essere certi è che avrebbe continuato a lavorare per mantenere l’autonomia, le tradizioni e la cultura della Valle d’Aosta, per portarla al centro del panorama europeo e per dare un’identità a quelle realtà chiamate ‘Nazioni senza Stato’».
«Un padre poco presente per via della sua professione, ma coinvolgente quando c’era»
Bruno Salvadori in una foto di famiglia
Lo ricorda poi come padre. «Lo dico con molto affetto: un padre poco presente per la professione che faceva e per via del fatto che i nostri orari non coincidevano: io ero piccolo e andavo a letto presto lui arrivava tardi e partiva presto. Ma, quando c’era, era un padre che mi coinvolgeva molto e che faceva un sacco di attività con me».
Nella tragedia «le due persone che ho sentito più amiche sono François Stévenin e Renato Faval, ma posso essermi dimenticato qualcuno. Sono passati 40 anni e io ero solo un bambino. Naturalmente con gli altri c’era chi lo stimava e lo apprezzava e chi ne diceva di tutti i colori su di lui. Però, in genere, era ben accettato perché sapeva farsi ascoltare e sapeva inserirsi nel contesto parametrandosi con il pubblico che aveva davanti».
Conclude. «Mi è mancata la presenza. Mi è mancata una linea da seguire. Purtroppo, mi è mancato nel momento in cui un bambino si stacca dalle gonne della mamma e vede il papà sotto un’altra luce: quella della guida, del punto di riferimento».
(bruno fracasso)