Operazione FeuDora: un “feudo” di vassalli e valvassori intorno a Giuseppe Nirta
Ecco l'analisi dei ruoli rivestiti dai soggetti che facevano parte della "piramide" criminosa
Operazione FeuDora: un “feudo” di vassalli e valvassori intorno a Giuseppe Nirta.
Parlano di una vera e propria “roccaforte” nel Quartiere Dora (Aosta) i militari del Gruppo Aosta della Guardia di finanza che si sono occupati dell’indagine FeuDora; coordinata dal pm Francesco Pizzato, l’inchiesta ha portato oggi – martedì’ 26 maggio – all’arresto di 10 persone.
Una roccaforte all’interno della quale Giuseppe Nirta smerciava stupefacenti, occupandosi del reperimento della droga in Calabria e imponendo il prezzo sulla piazza.
Il vertice della “piramide criminosa” sgominata dalle Fiamme gialle era proprio lui: Giuseppe Nirta, pluripregiudicato e cugino di Bruno Nirta, uno dei presunti boss arrestati nell’ambito dell’operazione Geenna, e dell’omonimo Giuseppe Nirta ucciso in Spagna nel 2017.
Nato a San Luca il 15 febbraio 1952 e residente in Valle a partire dagli anni ’90, Nirta vanta precedenti penali per truffa, associazione a delinquere e stupefacenti. In aggiunta, è stato sottoposto alla vigilanza speciale proprio in Valle d’Aosta fra il 2014 ed il 2018, misura restrittiva prevista per gli affiliati alle organizzazioni di tipo mafioso.
Il “capo”
Nirta era stato arrestato insieme a Daniele Ferrari il 27 marzo, in pieno periodo lockdown. A quanto appreso, non fu un caso; sarebbe più opportuno parlare di una scelta oculata degli inquirenti. Ferrari nascondeva nella giaccia un panetto da mezzo chilo di eroina, mentre a casa di Nirta erano stati trovati altri due panetti da circa 250 grammi ciascuno e oltre 4 mila euro in contanti, per lo più in banconote da 100 e da 50, 59 zaffiri, per un valore che oscilla fra i 24 mila ed i 42 mila euro (a seconda della purezza delle gemme), e tre orologi, tra cui un Omega tutto in oro ed un Rolex Daytona che, se originale, avrebbe un valore di circa 35 mila euro.
A testimonianza del ruolo di spicco rivestito da Nirta, vi sono tantissime intercettazioni. Ad esempio, in un ambientale del 13 febbraio, Nirta e Giuseppe Ficara discutono del comportamento di uno dei pusher.
Ficara: omissis che non va tanto bene. Sta andando a caricare per i c..i suoi a Torino.
Nirta: …incomprensibile…
F: Come l’hanno beccato?
N: Eh sono andato alle undici e mezza a casa sua…incomprensibile…
F: E’ andato a Torino e allora ieri è andato a caricare a Torino. L’hanno beccato che è andato giù, sicuro. Sto pezzo di m….a fa rischiare a noi e se ne va per i c…i suoi.
N: Coi soldi miei!
F: Coi soldi tuoi…
Secondo quanto ricostruito dalle Fiamme gialle, Nirta era riuscito a diventare il principale riferimento per i tossicodipendenti sulla piazza valdostana. Durante il lockdown, con la crescente difficoltà per gli spacciatori di reperire la droga, il pluripregiudicato era diventato ancora più potente; tanto che, in un’intercettazione, invita i suoi “seguaci” ad alzare i prezzi.
Ma Nirta non era di certo un “capo” che stava seduto in ufficio per lavorare. Secondo la Finanza, infatti, era proprio lui a occuparsi del reperimento della droga in Calabria. Giuseppe Nirta scendeva nella sua terra d’origine ma non tornava mai in Valle con la “roba”, bensì era qualcun altro a trasportarla attraversando lo Stivale. Nell’ordinanza di applicazione di misura cautelare, il gip scrive: «La circostanza che sia Nirta a rifornirsi in Calabria dello stupefacente emerge anche dal fatto che il 9 febbraio 2020, Nirta si è recato appunti in Calabria e che, mentre egli era assente, l’attività di spaccio posta in essere da Ficara è notevolmente rallentata, mentre dal giorno successivo al rientro in Valle di Nirta (12 febbraio 2020), Ficara ha contattato molti dei suoi clienti, comunicando loro di “esserci”».
Il ruolo di Ficara
Giuseppe Ficara, 39enne residente ad Aosta, secondo la Procura rivestiva un «ruolo primario» nella «piramide criminosa». Da lui dipendevano infatti altri presunti spacciatori, come Sebastian Luhring e Massimo Penti (arrestati oggi).
Non solo: Ficara si sarebbe anche occupato del “recupero crediti” per conto di Nirta. Secondo gli inquirenti, una possibile conferma si trova in una conversazione intercettata all’interno dell’appartamento di Nirta. A un certo punto, Ficara dice: «Però mi ha detto che entro oggi o domani mi dà i soldi…sono andato a Sarre da questa, apposta, l’ho beccato, l’ho preso. Quello lì dei 350 euro è sempre in Francia e non l’ho beccato. Quello…sono andato a casa, l’ho preso mi ha detto lunedì mattina, mi fa, on ci riesco a darti tutto, ma 4 mila euro te li do la prossima settimana, ti copro i 2 mila euro, mi fa, ti giuro che te li copro. Gli faccio: guarda che se non me li copri vengo su…omissis domani mattina ci fa, che arriva con un’altra persone, ci fa il finanziamento se vuoi e in più ci dà 1000 euro».
Il resto della piramide
A completare il quadro emerso dall’inchiesta vi sono poi Christian Bredy (43 anni), Adriana Chiambretti (68), Marco Casone (33), Giuseppe Mauri Zagaglia (44) e Roberta Orrù (36); tutti finiti ai domiciliari. Ma vi è anche il nome di Laura Ficara (33), che era già stata raggiunta da un altro provvedimento restrittivo.
Bredy e Laura Ficara
Bredy e Laura Ficara (sorella di Giuseppe) risultano essere conviventi e, il 6 marzo 2020, erano stati fermati al casello di Nus. I due erano stati portati negli uffici della Guardia di finanza ma, nel tragitto, i militari avevano notato Laura Ficara disfarsi di un involucro di cellophane gettandolo all’interno dell’autovettura di servizio; i militari avevano così trovato 4 confezioni contenenti eroina e cocaina, dal peso complessivo di circa 174,3 grammi. Dalla successiva perquisizione, Laura Ficara era stata trovata in possesso di 3,9 grammi di hashish e 1,0 grammi di cocaina.
Anche a seguito di una perquisizione con esito positivo eseguita nella residenza di Bredy, gli investigatori sono arrivati a stabilire che i due rivestivano un «ruolo attivo» nell’attività di spaccio; ipotesi investigativa confermata anche «dal fatto che sono stati registrati numerosi contatti tra Laura Ficara, che risulta pressoché sempre in compagnia di Bredy, e soggetti noti come assuntori di sostanze stupefacenti».
Luhring e Orrù
Anche Sebastian Luhring e Roberta Orrù risultano essere conviventi. In base a quanto si legge nell’ordinanza, «Luhring è privo di qualsivoglia impiego lavorativo lecito, trascorre la maggior parte della giornate in giro per le vie di Aosta, incontrando soggetti gravitanti nel mondo dei consumatori di sostanza stupefacente».
Secondo gli investigatori, i due avrebbe compiuto più viaggi nell’hinterland torinese al fine di acquistare droga da vendere in Valle. Da alcune intercettazioni tra Nirta e Giuseppe Ficara emerge che «Luhring dopo aver acquistato dello stupefacente dai due e avere contratto dei debiti con Nirta, in luogo di saldare tali debiti, abbia utilizzato le somme ottenute con lo smercio della sostanza edittali da Nirta per recarsi a Torino a comprare altro stupefacente».
Penti e Chambretti
Adriana Chiambretti e Massimo Penti, invece, sono madre e figlio. Nell’ordinanza sono inquadrati come «soggetti dediti alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti». Dall’attività investigativa delle Fiamme Gialle, infatti, è emerso come i due abbiano acquistato a più riprese quantitativi di droga da Giuseppe Ficara allo scopo di cederle alla loro cerchia di clienti.
In particolare, «numerosi sono stati i contatti di Penti con soggetti noti ai militari come assuntori di sostanze stupefacenti».
Non solo: a conferma della teoria della Procura, vi è il fatto che la droga trovata in possesso di Giuseppe Nirta il 27 marzo (giorno dell’arresto) era proprio destinata a Penti e Chiambretti.
Zavaglia
Altro soggetto «dedito allo spaccio» sarebbe Giuseppe Mauri Zavaglia. Da numerose intercettazioni ambientali, infatti, emerge il fatto che Zavaglia si rivolgesse a Nirta per avere della droga da rivendere.
In aggiunta, da una conversazione del 21 marzo 2020 si evince come l’indagato avesse dei debiti con Nirta «per precedenti acquisti di stupefacenti». Ma emerge anche come «Ficara, in epoca precedente alla conversazione, gli abbia ceduto della droga al prezzo di 40 euro verosimilmente al grammo».
Essendo in difficoltà a causa «di sto c…o di coronavirus di m…a» (dice l’indagato in un’intercettazione del 21 marzo), Zavaglia si sarebbe anche reso disponibile a recarsi «giù» (presumibilmente a Torino) per acquistare dello stupefacente.
Casone
Anche Marco Casone è ritenuto dagli inquirenti un soggetto dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Per farla breve, il 15 febbraio 2020 Casone raggiunge casa di Nirta e si scusa per non essersi presentato nei giorni precedenti. Casone, poi, spiega le sue problematiche affermando di essere «andato sotto con tutte le scarpe» e di non essere quindi in grado di onorare il debito nei confronti di Nirta «per pregresse cessioni di droga», scrive il gip.
In aggiunta, si legge nell’ordinanza, «Casone ha dichiarato a Nirta di vantare dei crediti nei confronti di terzi soggetti per pregresse cessioni di sostanza stupefacente». E, come se non bastasse, l’indagato «ha affermato di vantare un credito di circa 3 mila euro nei confronti di un suo cliente e che, appena ne avrebbe avuto la disponibilità, avrebbe provveduto a consegnare a Nirta il denaro dovuto».
In foto, il tenente colonnello Francesco Caracciolo, il generale di brigata Raffaele Ditroia e il tenente Umberto Parente durante la conferenza stampa di presentazione dell’operazione appena conclusa.
(f.d.)