Consiglio Aosta: no al taglio dei compensi, respinta la proposta di Caminiti
L'intera assemblea respinta al mittente l'ordine del giorno del consigliere che chiedeva di rinunciare almeno a parte degli emolumenti per darli in beneficenza: «Iniziativa elettorale, donazioni si fanno senza sbandierare». E intanto nasce un conto corrente comunale per devolvere le indennità
Dare il buon esempio, operando un taglio ai compensi o rinunciandovi per intero, a partire dal 1° maggio per aiutare il servizio di spesa a domicilio o un’associazione a scelta. È rispedita al mittente, peraltro con una levata di scudi sdegnata e generale (astenuti Dosio, Girasole, Verducci, Zuccolotto e Paron), la proposta del consigliere del gruppo misto di minoranza, Vincenzo Caminiti, che in materia ha presentato un ordine del giorno.
L’ordine del giorno
«Vista la situazione di emergenza sanitaria ed economica determinata dal Coronavirus», Caminiti chiede ai colleghi di «dare il buon esempio».
«Appurato che i costi della politica sono pagati con le tasse versate dai cittadini e quindi crea disagio percepire le indennità da consiglieri quando per il resto della popolazione si sono bloccate le entrate» sottolinea il consigliere, e visto che «abbiamo tutti un lavoro» e le giornate in consiglio prevedono «permessi giustificati dalle aziende», arriva la richiesta di «fare un piccolo sforzo», arrivando a «rinunciare al compenso».
Da questo verrebbero esclusi sindaco e Giunta, ai quali peraltro Caminiti chiede di «valutare almeno una riduzione di compenso» al fine di destinare la somma al servizio spesa del Comune o al banco alimentare.
Conto corrente Covid-19
«È stato attivato un conto corrente Covid-19 dal Comune – conclude Caminiti -, ma non si sa ancora che fine faranno i soldi, per cui preferisco dare il 100% a un’associazione, che lo utilizzi per dare una mano alle persone che hanno bisogno adesso. La beneficenza ognuno la fa come meglio crede, ma non con i soldi del Consiglio. I circa 900 euro lordi al mese potrebbero aiutare tanta gente – chiosa -. In più il nostro mandato sarebbe finito domenica, ma siamo ancora qui perché non si può lasciare la macchina in emergenza, ma a maggior ragione lo si può fare senza gettone. Così potremmo riavvicinare la politica alla gente».
Ok, ma a nome del Consiglio
Le repliche sono infinite. Qualcuna concede il beneficio del dubbio sulla bontà nascosta dietro l’iniziativa di Caminiti, altri considerano il documento come uno scatto in avanti per elettorale. In tutti, però, prevale un aspetto: facciamolo, ma senza “bandierine” e solo se è una cosa anonima a nome di tutto il Consiglio.
Le repliche
«Avrei fatto a meno del prolungamento del mandato, non lo vivo come un premio e, anzi, sto lavorando forse il triplo di quanto fatto nel quinquennio – spiega il sindaco Fulvio Centoz -. I giorni di riposo non esistono, se togliamo quelli in cui sono stato in casa in quarantena, pure lavorando sempre per il Comune».
Attacca anche Sara Elena Dosio. «Sono d’accordo nell’elargire l’emolumento – dice -, ma per questo esiste già il conto corrente del Comune. Ognuno di noi ha già devoluto in maniera anonima, senza farsi troppa pubblicità. I gesti di solidarietà, fatti da figure pubbliche, devono rimanere anonimi e riservati, no vanno fatti per far parlare giornali o social».
Etienne Andrione evidenzia «nessun problema ad aiutare, ma esiste ove l’indennità degli amministratori pubblici venga vista o descritta come una mancetta non dovuta. A questo punto si arriva a parlare di tagli da fare anche per i dipendenti pubblici».
«Non si può continuare a confondere le acque sulle indennità – sferza Carola Carpinello -. Mi sono sentita coinvolta direttamente, perché è assurdo dire che noi consiglieri non facciamo niente e non ci meritiamo l’emolumento. Io non voglio sapere cosa fanno gli altri in termini di donazioni, e non trovo giusto nemmeno costringere tutti a donare: la politica deve poter essere fatta anche da chi un lavoro non ce l’ha. Piuttosto, versiamo la nostra parte nel fondo realizzato, basta sapere come verranno destinate le risorse».
A dir poco piccata Alessandra Addario del gruppo misto di minoranza. «Non ho bisogno di un tutor che mi dica cosa fare – esclama – e fomentare i social in una situazione simile, solo per sentirsi di “Bravo” vuol dire solo fare campagna elettorale. Faccio beneficenza da tanti anni senza mettere i cartelli, ma ognuno è libero di decidere del proprio portafoglio: il bene si fa e non si dice, le medaglie si appendono all’anima e non alla giacca».
Chiamata in causa da Caminiti, che ne cita la famiglia, risponde per le rime Patrizia Pradelli. «Lei non conosce le situazione di tutti – attacca -. La mia famiglia è in difficoltà, è vero, ma la sua è solo ricerca di visibilità. Se così non fosse, non ci sarebbe stato bisogno di un ordine del giorno per mettere in difficoltà i colleghi di fronte alla gente: bastava seguire la proposta del consigliere Verducci e donare volontariamente».
E conclude. «Sono cinque anni che sono in consiglio e aiuto persone con il mio gettone di presenza: non volevo farlo sapere, ma mi ha obbligato. Lei dov’è stato finora? Perché fa ora la proposta prima delle elezioni?».
Secco anche Pietro Verducci. «Conosco Caminiti e so che questo è pensato come atto di sensibilità – dice -, ma esulando la Giunta, si sottintende che i consiglieri non fanno nulla e devono elargire i propri soldi, anche se molti l’hanno già fatto. Sono stato tra i primi a voler dare un segnale delle istituzioni, devolvendo parte dei compensi» ma sottolinea che «noi non stiamo con le mani in mano come forse veniamo descritti, ci stiamo impegnando per far sì che le risorse siano convogliate nel miglior modo possibile. Questo ordine del giorno va a svilire il ruolo del Consiglio e delle politica».
Combattuta Giuliana Lamastra, che non vede l’intenzione di dire che «il lavoro del consigliere non vale, ma se può farne a meno, perché non devolvere il gettone? – si chiede -. Altra cosa, però, sarebbe il carattere istituzionale della cosa: se l’iniziativa è di tutti, cade il fatto di volersi fare pubblicità. Può passare solamente così, anche se poi bisogna valutare le situazioni personali. Per questo una riduzione per tutti sarebbe un bel messaggio».
«Il mio intervento sarà impopolare» esordisce con veemenza la presidente del consiglio, Sara Favre, che trova anche il modo di ironizzare. «Mi rendo conto di essere vista come un essere della peggior specie, che oltre a essere un dipendente pubblico si occupa anche di politica e quindi si occupa indegnamente dei soldi dei cittadini – continua -. Ma questo ordine del giorno è ingannevole, dietro a una presunta iniziativa di beneficenza si cela il tentativo di voler apparire migliore degli altri. Ognuno di noi ha fatto e continua a fare beneficenza, ma perché se non sbandierata deve valere meno?. La risposta arriva prendendo i commenti sui social: si nota il voler cavalcare l’onda di rabbia e malcontento di chi si trova in oggettiva difficoltà. L’ennesimo posto di questa mattina non ha fatto che darmi la conferma».
E chiude. «Ci ho letto l’arroganza di chi non sa che pesci pigliare per far capire di esistere sminuendo gli altri – conclude -. Vedo una persona che denigra un ruolo per cui dovrebbe portare rispetto, visto che lo stesso prevede dura preparazione e studio. Noi riceviamo, parlo per me, 700 euro netti, ma veniamo trattati come ladri, ma gli unici che mi possono accusare di furto sono i miei figli, ai quali rubo tempo e spensieratezza, perché mi vedono anche stare male per la politica. E sottolineo. Il conto corrente è stato creato dai tecnici sulla spinta delle tante richieste pervenute dai consiglieri per donare qualcosa: gli aiuti arrivano anche se non si approva questo ordine del giorno che trasuda di conti in tasca agli altri».
Antonio Crea evidenzia la «voglia di tornare all’epoca in cui facevano politica solo i ricchi – spiega -. Questa proposta vuole scardinare il principio di riconoscere a tutti la possibilità di farla. Se si cercava condivisione, sarebbe bastato coinvolgere tutti gli altri sulla forma da adottare, invece di uscire prima sui giornali; passerò per cattivo, ma non mi faccio prendere per i fondelli».
Stigmatizza i modi l’assessora all’Istruzione, Jeannette Migliorin, che nella «prima legislatura “dei social”» vede delle similitudini con quanto sta accadendo per la «didattica a distanza». «Ci siamo trovati a fare politica dovendo velocemente imparare a fare i conti con il mondo della comunicazione esterna – dice -, che può anche diventare un tritacarne. Del resto, grazie ai social, si possono anche vincere, o perdere partite elettorali».
In un tale periodo, secondo Migliorin, gli stessi consiglieri hanno dovuto «toccare con mano come non sia semplice trovare un giusto equilibrio tra l’informare correttamente sul proprio operato e sul proprio pensiero, e invece cedere alle lusinghe dell’ego e nutrirlo con l’apparire narcisistico, magari automaticamente sistematicamente a discapito degli altri, o magari senza il necessario rispetto istituzionale». Ricordate le tante «posizioni “da vittima”» assunte in Consiglio, l’assessora riconosce le difficoltà di agire «con le amplificazioni di rito delle campagne elettorali» e «in una pandemia», condizioni che «fanno perdere lucidità, calma e ponderatezza», ma stigmatizza il “clima intimidatorio» creato dall’iniziativa del consigliere Caminiti, la quale ha portato a «un meccanismo di pressione tale per cui si è dovuto ricordare una volta di più che per tagliare i costi della politica nel comune di Aosta, l’indennità assessorile dalla scorsa legislatura a questa, era già scesa da 3.500,00 a 2.100,00 euro» e che i consiglieri che avevano già provveduto a fare donazioni «si sono dovuti sentire tirare per la giacchetta», al pari di chi «non ha potuto provvedere a donare spontaneamente, perché con l’indennità di 700 euro ci vive».
Ricordata la proposta di fare donazioni diffusa sin dagli inizi della pandemia nella chat del Consiglio, che aveva fatto sorgere un confronto sul come agire per «evitare di speculare elettoralmente», Migliorin ritiene, però, a differenza di altri colleghi, che «noi ci si debba sempre giustificare, perché per la funzione che ricopriamo si deve agire sempre in termini di responsabilità».
Il problema di tutto, però, sono il «come» e «le sedi opportune» della risposta: fatti questi che, appunto, hanno spinto Stella Alpina a «votare contro», proprio per le «modalità con le quali è stata pubblicamente lapidata una scelta che il Consiglio comunale voleva fosse virtuosa».
«Faccio politica per dire la mia e fare qualcosa per la comunità – ribatte Gian Paolo Fedi -. Questa iniziativa si basa su presupposti sbagliati, perché anche il mio lavoro di insegnante è pagato con i soldi delle tasse, ma è legato al tempo che trascorro per fare cose a favore della comunità. E onestamente non mi crea disagio venire pagato, perché aiuto le altre persone facendo le cose per bene. E se si vuole donare, si crei un fondo con parte degli emolumenti».
«Fatico a concepire Caminiti che aspiri a ergersi a modello morale del consiglio – attacca anche la vice sindaco Antonella Marcoz -. L’educazione cattolica che ho ricevuto mi ha insegnato che tutto ciò che ricade in beneficenza e altruismo richiede discrezione, riservatezza e silenzio, a maggior ragione se il protagonista ha una carica pubblica. Non accetto di aderire a questa “intimidazione”».
«Ho trovato spiacevole tirare fuori la situazione della collega Pradelli» stigmatizza Luca Lotto e difende il proprio operato. «Dal primo giorno leggo tutto ciò che esce dalla macchina amministrativa, occupo tantissimo tempo e il mio ruolo di consigliere di opposizione lo faccio bene – continua -. Sono deluso dal fatto che abbiamo detto “un consigliere non fa niente” e anche se non appartengo al mondo Facebook, venuto a conoscenza di quanto da lei scritto sono rimasto segnato, anche perché preso un’altra decisione». E torna indietro con la mente. «Quando avevamo parlato di devolvere l’indennità di marzo, intervenne una collega che disse: “Che la mano destra non sappia quello che fa la sinistra” – chiosa -. Lo disse con quella fermezza culturale di chi fa le cose, ma non deve dirlo, lei invece ha obbligato qualcuno a dire cosa devolve».
La carrellata si chiude con Michele Monteleone e Loris Sartore.
«Ben vengano eventuali iniziative future a nome del Consiglio – spiega il portacolori del PD -, ma non pubblicizziamola proprio, facciamo la cosa insieme e non diciamolo nemmeno, altrimenti ognuno la può usare per farsi bello».
«Bastava parlarne con tutti quanti, condividere la cosa e a qualche accordo si sarebbe arrivati – conclude il capogruppo di Rete Civica -. Il problema è che l’obiettivo era tutto suo, della sua visibilità e questo non si può condividere».
Chiude proprio Caminiti: «Non ho mai parlato di beneficenza – prova a correggere il tiro – e non ho mai detto che i consiglieri non lavorano. Se uno vuole sviare l’attenzione è libero di farlo, ma non ho nemmeno mai usato il termine rubare. Però, quando sento un politico dire a chi fa politica che fa campagna elettorale e cerca visibilità vedo solo un modo per sviare».
(alessandro bianchet)