Coronavirus, testimonianza di Martina Brunod: «A Valencia in Spagna nessuna percezione di pericolo»
La giovane di Châtillon, rientrata, ora è in isolamento preventivo
Testimonianza. A Valencia in Spagna nessuna percezione di pericolo. Martina Brunod è una giovane valdostana residente a Valencia, dove fino a una decina di giorni fa ha lavorato in una delle principali università private del paese, la CEU Cardenal Herrera. Racconta a Gazzetta Matin la sua storia a lieto fine dalle mura dell’appartamento di Châtillion dove tutt’ora vive, in isolamento.
La testimonianza
«Sono rientrata da poco e sono felice. L’ateneo è rimasto aperto fino all’ultimo, fino al giorno della dichiarazione dello stato di allerta da parte del presidente Sanchez». La situazione nella terza città del paese non era molto diversa da quella riscontrata in Italia. «Mi arrivavano notizie da casa, i miei genitori erano preoccupati e continuavano a richiamarmi alla prudenza. Però qui inizialmente non si percepiva il pericolo, addirittura pochi giorni prima dell’emanazione dello stato generale di quarantena era ancora in programma la festa della Fallas, un grande avvenimento anche a livello nazionale. Si parla di migliaia di persone in strada».
Martina come molti è inizialmente scettica. «Continuavo a ripetermi, come molti, che si trattava solo di un’influenza un po’ più grave e tutto era ancora aperto, quindi perché preoccuparsi? Sono una persona responsabile ma forse ho inconsciamente messo da parte le mie paure per continuare la mia vita di tutti i giorni. Ricordo ancora che iniziai a infastidirmi quando i miei mi parlavano del Covid-19 ma avevano ragione».
L’emergenza però giunge inesorabilmente anche in Spagna. «Abbiamo tutti aperto gli occhi quando le università pubbliche e private hanno chiuso, compresa la mia. Lì, in quel momento, abbiamo iniziato a valutare quel che stava accadendo in maniera radicalmente diversa. Ho cominciato ad avere paura non per l’inizio delle contromisure, anzi, ma piuttosto per il fatto che in Italia si era tutti barricati in isolamento e io nello stesso momento ero in strada senza che nessuno me lo impedisse. Dopo pochi giorni ho quindi deciso di agire di testa mia, evitando la metro e i luoghi affollati, recandomi al piccolo market sotto casa. Poi il venerdì della stessa settimana il governo ha chiuso tutto».
Le reazioni
Anche la reazione degli spagnoli potrebbe essere definita come un film già visto. «Come in Italia, molti hanno lasciato le città più grandi in cerca di sicurezza. Molti madrileni hanno una seconda casa ad Alicante e lì hanno cercato rifugio, prendendo d’assalto i treni come è accaduto a Milano solo una settimana prima. Tuttavia la Spagna aveva imparato dagli errori del Bel Paese, collocando preventivamente posti di blocco tutt’intorno alla capitale e impedendo un esodo massiccio, dando il via allo stesso tempo ai controlli nelle strade da parte delle forze dell’ordine locali».
Che fare a questo punto? Martina è combattuta. «Non ho avuto molto tempo per ragionare con calma: restare o partire. Gli ultimi voli disponibili erano dal 23 al 26 marzo, quindi chiamo l’ambasciata italiana per avere chiarimenti precisi in merito alla situazione e mi avvisano che probabilmente gli ultimi voli per Roma sarebbero stati disponibili soltanto dai primi di giugno. A quel punto scelgo di seguire il cuore e non la ragione, e parto per Madrid a prendere un biglietto».
Il rientro
Il ritorno è stato tranquillo e privo di imprevisti. «Forse la nota negativa è da riservare alle modalità con le quali vengono gestiti i posti a sedere sugli aerei. Eravamo infatti tutti seduti l’uno vicino all’altro, con la mascherina per carità , ma io toccavo il gomito del mio vicino. Arrivata in Italia ho evitato ogni contatto possibile e immaginabile, sono scesa dalla macchina solo in autogrill dove ho mangiato una brioche fuori e lontana da tutti. Una volta in Valle d’Aosta ho salutato i miei parenti da lontano, da dentro il veicolo con il quale avevo affrontato il viaggio. Poi mi sono organizzata con un’amica che mi ha prestato il suo appartamento vuoto, dove mi trovo al momento».
Per Martina l’esperienza si è conclusa per il meglio. «Sono stata messa in isolamento preventivo per 15 giorni prima di poter raggiungere il mio nucleo familiare. Sono di Châtillon e vedo la mia vera casa dalla finestra e mi manca ora che sono finalmente qui. Posso però dire che seguendo tutte le procedure necessarie il rientro non è un qualcosa di impossibile, bisogna solo essere muniti di molta pazienza, attenzione e senso civico. Sono convinta che rispettando tutti insieme le regole ne usciremo e io presto potrò tornare al mio lavoro e alla mia vita a Valencia, la città che negli ultimi anni è stata la mia nuova casa».
(laurent bionaz)